sabato 7 dicembre 2024

Sallusti e la difesa della razza

 


L’editoriale di Alessandro Sallusti, come si faceva un tempo, andrebbe ritagliato, piegato e conservato. Diciamo a futura memoria. Di cosa? Dei brutti tempi sovranisti.

Ovviamente per il direttore de “il Giornale” si tratta di una buona giornata. Perché il Rapporto Censis, di quest’anno, usato da Sallusti nell’editoriale per difendere le tesi delle destre sull’immigrazione, purtroppo “certifica” che almeno un sessanta per cento degli italiani è finito nella rete del razzismo, anzi, per essere corretti, nel rete del pre-razzismo. Si pensi a quell’atteggiamento che vede nell’altro diverso da noi, per colore di pelle, costumi, religione, solo un pericolo. 

Di qui uno stato ansiogeno che si traduce in condotta politica, cioè in voti per gente come Giorgia Meloni e Matteo Salvini. Per dirla fuori da denti: in difesa della razza. E visto che si tratta del sessanta per certo, per la destra può aprirsi la stagione di caccia al voto razzista senza confini.

Attenzione, chi scrive sa benissimo che i processi di inclusione del migrante non sono facili. Possono nascere conflitti identitari. Insomma, serve tempo. Talvolta non possono bastare le canoniche due generazioni. Quindi come si dice tra i giocatori di biliardo, servono calma e gesso. E non la ricerca del capro espiatorio.

Detto altrimenti: una cosa è accettare con mente aperta i problemi che inevitabilmente possono nascere, un’altra rifiutare l’idea stessa di migrante, alimentando tra la gente, come appunto fa Sallusti da anni, l’ansia da teoria della sostituzione.

Nel primo caso si aiuta la gente a capire, nel secondo a odiare.

Comunque sia, a proposito di buone giornate, ora, il direttore de “Il Giornale” raccoglie i frutti del suo lavoro di onesto impiegato all’ufficio pizze di fango contro i migranti.
 

Infatti, ciò che dieci, venti anni fa, era patrimonio di sconosciuti micro-gruppi politici razzisti, oggi è sentimento collettivo diffuso. Questo, purtroppo, ci dice il Censis.

C’è un passo tremendo nell’editoriale di Sallusti, roba da “Völkischer Beobachter”. A un certo punto, enfatizzando, quella che a suo avviso è la sana reazione degli italiani, quindi la “realtà”, scrive che le politiche di accoglienza, l’utopia imposta dalla sinistra “buonista”, tra due tartine al caviale, “sono gli effetti dell’ubriacatura globalista che ha infettato i primi decenni del nuovo secolo, una riedizione del comunismo che, come il comunismo, si è dimostrata non solo fallimentare ma pure pericolosa”. Quindi Utopia 0, Realtà 2.

Troppo facile. Perché si mettono sullo stesso piano la libera circolazione di uomini e beni e l’internazionalismo armato sovietico. In pratica, liberalismo e comunismo. Cioè siamo tornati alle tesi classiche del pensiero controrivoluzionario di Maistre, Bonald, e soprattutto Donoso Cortés. Tra l’altro, il termine “infezione” è usato anche da Hitler. A tale proposito basta solo sfogliare il Mein Kampf. Oppure, se si ha lo stomaco forte, la pubblicistica di estrema destra.

Ma quale realtà! Ritorna l’ideologia culturale del peggiore nazionalismo di stampo razzista, che consiste nel rifiuto totale dell’altro, solo perché diverso. Una chiusura mentale che sotto l’effetto della propaganda delle destre prima si è trasformata, come detto, nell’atmosfera di pre-razzismo da angoscia. Dopo di che nelle urne si è tradotta in voti per i partiti razzisti.  Con bella vista sulla Park Avenue di un elettorato di sinistra in caduta libera sull'immigrazione.

La realtà tanto evocata da Sallusti non è altro che il mondo artefatto, angosciato e impaurito, edificato, passo dopo passo, dalle destre, grazie anche all’opera di giornalisti come il direttore de “il Giornale”.

E ovviamente Sallusti gongola. Il sogno fascista – ma sarebbe meglio parlare di incubo – della difesa della razza è tornato in auge. È realtà.

Carlo Gambescia

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