giovedì 12 dicembre 2024

Per i social Luigi Mangione è un eroe. Perché?

 


Luigi Mangione, il ventiseienne che ha ucciso a sangue freddo un alto papavero delle assicurazioni, è diventato in Italia un specie di eroe. Insomma l’ omicidio è addirittura visto come un atto di giustizia o comunque un’ occasione per parlare male degli Stati Uniti.

I soliti esercizi di antiamericanismo. Soprattutto sui social si è infierito. Perché, qui in Italia ( e non solo) la gente odia, e così tanto, gli Stati Uniti?

Si può intuire l’odio politico di fascisti e comunisti. Sono stati battuti e non possono perdonare. Ma come si spiega l’odio della gente comune che di storia e politica non sa niente e si nutre di film,  serie e musica americane ?

Il vero problema è che la società americana è una società aperta. Ammette, anzi favorisce la critica sociale, anche la più spietata. Sotto questo aspetto Hollywood e i giganti delle grandi serie televisive continuano a veicolare, a far tempo dagli anni Sessanta, cioè dagli anni della controcultura, l ’immagine distorta degli Stati Uniti come società chiusa, crudele, addirittura barbara.

Il che non è vero. Mangione, il killer, è figlio di italo-americani che hanno fatto fortuna. E sono tanti. Certo, altri sono tornati in Italia più poveri di prima. Però, ecco il punto, gli Stati Uniti hanno sempre offerto un’opportunità a tutti. Se poi non si è capaci di coglierla, per incapacità o sfortuna, la colpa non è della società americana.

Eppure, l’immagine veicolata, basta andare al cinema, è quella di una società chiusa. Se lo fosse veramente il cinema americano non avrebbe diritto di parola. Inoltre un personaggio folcloristico, un parvenu politico, come Trump, dai nonni che nacquero in Europa, non avrebbe mai vinto mai le elezioni.

Certo, gli Stati Uniti – e basta andare in Canada per capire la differenza – non sono una società di welfare, nel senso spiccato dell’assistenzialismo europeo. Però, questa assenza di burocrazie, come già notò Tocqueville, favorisce l’iniziativa privata: ognuno resta libero di fare della sua vita ciò che vuole. Fare affari e diventare ricco, ritirarsi isolato in montagna, o vivere in un borghese suburbio, oppure ubriacarsi e fare a pugni, ma anche comprarsi un’arma o fabbricarsela da solo per regolare i conti con il mondo. Come Mangione.

Piaccia o meno è il prezzo della libertà. Di conseguenza, una cultura, anche di base, cioè diffusa tra i cittadini, come quella europea, pronta a evocare l’intervento dello stato anche per la più piccola questione privata, non potrà mai capire l’anima americana. Che ancora prima che liberale è libertaria. Crede, come recita la Costituzione, nel diritto alla felicità. Si badi,  da  edificare con le proprie mani, non con quelle  dello stato.

Pertanto cosa rimane mettendo da parte i leoni da tastiera e le frange lunatiche? Oppure personaggi come Unabomber, Mangione, e altri irriducibili ma contati nemici del "sistema"? Resta l’atteggiamento dell’americano medio, misurato statisticamente, di non volere un centesimo dallo stato, anche dal punto di vista della prestazioni sanitarie  Perché, come si sente ripetere, solo grazie alla libertà dallo stato, federale o meno, ci si può arricchire e tutelare: il famoso sogno americano. 

Un grande ideale che però, grosso modo, dalla guerra del Vietnam, Hollywood ha messo in discussione. Di qui un cinema piagnone, mezzo socialista, in un paese, come dimostrò Sombart a suo tempo, che è nemico del socialismo. Pellicole che fanno danni in mezzo mondo (quindi non solo in America). Che però, come detto, vanno accettate come il giusto prezzo della libertà.

Dicevamo di Mangione, addirittura promosso a eroe. In Europa, e in Italia in particolare, cultura welfarista e immagine distorta “via” Hollywood, fanno degli Stati Uniti una specie di drago  dalle sette teste. Come non ammirare il novello San Giorgio che ne ha tagliata una?

Carlo Gambescia

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