giovedì 7 settembre 2023

Ricchezza, il rischio di segare il ramo dell'albero sul quale siamo seduti

 


Fernand Braudel, grande storico delle strutture profonde, a partire dalla persistenza nel tempo di certe forme di mentalità, non si è mai occupato esplicitamente del rapporto degli uomini con la ricchezza. Ha studiato il capitalismo, anche egregiamente, ma dal punto di vista – semplificando – della socialdemocrazia dei moderni. Peccato.

Secondo una tripartizione classica (mondo antico, medievale moderno), nel mondo antico il ricco, quasi sempre un proprietario terriero, doveva occuparsi di feste, templi, statue e lavori pubblici per ingraziarsi il popolo; nel mondo medievale la ricchezza era malvista dal prete e dal guerriero, perciò doveva essere consumata in onore di Dio e dei suoi prediletti; crociati (in senso ampio), poveri e malati; nel mondo moderno invece è la ricchezza si è tramutata in merito, frutto del lavoro, dell’applicazione e della genialità imprenditoriale.

Da mezzo per glorificare il popolo o dio, la ricchezza è diventata fine per glorificare l’uomo. Il che ha causato una trasformazione sociale che non ha eguali nella storia umana (*). Alla crescita della ricchezza per alcuni ha corrisposto il miglioramento del tenore di vita per molti. Si tratta di una rivoluzione sociale ancora in atto. Il merito di questa rivoluzione, che non ha precedenti storici, appartiene all’Occidente.

Dovremmo esserne fieri. E invece – ecco il riaffacciarsi delle strutture mentali arcaiche di stampo braudeliano – l’Occidente si vergogna e chiede scusa per la sua ricchezza. Esageriamo?

In una lettera aperta firmata da quasi 300 milionari, economisti di fama mondiale e rappresentanti politici di quasi tutti i Paesi del G20, promossa da Oxfam, Patriotic Millionaires, Institute for Policy Studies, Earth 4 All e Millionaires for Humanity, si chiede di introdurre una specie di patrimoniale mondiale per tassare i ricchi è così trovare le risorse per ridurre l’ingiustizia sociale e salvare il pianeta dal disastro ambientale e dai disordini sociali (**).

Alla base di questa mentalità si ritrova un senso di colpa molto antico che rinvia all’idea di aver tradito il principio che la ricchezza non è fine per glorificare se stessi, ma mezzo per glorificare qualcun altro. Mentalità, quest’ultima, che ha almeno duemila e cinquecento  anni. Siamo davanti a una struttura (mentale) profonda.

Però il punto è che il glorificare se stessi ha moltiplicato il numero dei miliardari (cosa di cui non si parla mai) e favorito una ricchezza sociale diffusa frutto di una ricaduta a cascata prima sull’Occidente poi sul resto del mondo.
 

In sintesi,  se in alto la ricchezza è comunque concentrata e continua a riguardare pochi individui, il numero di questi individui è superiore a quelli vissuti nel mondo antico e medievale. Con grandi vantaggi per tutti. Ricchezza e benessere si sono diffusi: la famosa piramide si è trasformata in trottola o fiasco.  Sul punto basta sfogliare un qualsiasi manuale di storia economica: il problema storico, se proprio così lo si vuole chiamare,  non è rappresentato dagli   ultimi due secoli, ma dalle grandi differenze, in meglio, con  i  ventitré secoli precedenti.

Si dipinge invece la società attuale come il peggiore dei mondi possibili. Mentendo e favorendo una specie di senso di colpa diffuso che non ha  alcun fondamento. In realtà stiamo vivendo in un’epoca di benessere che non ha precedenti storici. Una specie di miracolo economico e sociale, frutto rigoglioso proprio di una visione della ricchezza come fine. Tornare perciò a una visione della ricchezza come mezzo sarebbe un passo indietro, dalle conseguenze economiche e sociali disastrose. Un atto reazionario.

Insomma il rischio è enorme. Quei trecento milionari stanno segando il ramo dell’albero sul quale sono seduti. Inoltre, una volta segati tutti i rami, toccherà alle radici. Dopo di che l’albero si schianterà al suolo, travolgendo chi vi aveva trovato riparo.

Carlo Gambescia

(*) Sul punto si veda si veda la brillante sintesi di Hans Rosling, Factfulness. Dieci ragioni per cui non capiamo il mondo. E perché le cose vanno meglio di come pensiamo, Rizzoli,Milano 2018. Rosling non è un “liberista selvaggio”…

(**) Qui: https://www.oxfamitalia.org/lettera-aperta-al-g20-tassate-i-super-ricchi/ .

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