È difficile rinunciare. A che cosa? A tenere il fiato sul collo di Giorgia Meloni. Certo, il lettore potrebbe annoiarsi. Sempre lo stesso ritornello… Però il boccone è sociologicamente ghiotto. Oltre che politicamente necessario perché l’Italia è finita in un brutta china.
Si prenda il discorso all’ONU (*). Si potrebbero individuare numerose incongruenze: si parla ad esempio di “sacralità dell’essere umano”, citando Giovanni Paolo II, dopo aver proclamato, prima di partire per New York, l’istituzione di veri e propri campi di concentramento per i migranti. Dov’è “la sacralità dell’essere umano”?
Si legga con attenzione il discorso: al di là della contraddizioni( potremmo enumerarne altre) è molto interessante il suo sottotesto , un “non detto”, probabilmente ignorato persino da coloro che lo hanno scritto, tanto è naturale a destra, estrema destra, il riflesso pavloviano di natura proibizionistica.
Un passo indietro. Che cos’è il proibizionismo? Negli Stati Uniti degli anni Venti il proibizionismo, come divieto di fabbricazione, vendita, importazione, trasporto di alcol, fu un fallimento totale. Fu il classico effetto perverso (si vuole il bene si ottiene il male), che favorì lo sviluppo del gangsterismo e del contrabbando. Oltre al fatto che la qualità delle bevande alcoliche peggiorò. Non pochi furono i casi di intossicazione.
Quel che però qui interessa stabilire è che il proibizionismo, culturalmente parlando (quindi in senso generale), parte dal presupposto che lo stato, facendosi educatore, maestro, prete, poliziotto, medico, sappia sempre ciò che è bene per singolo cittadino.
Qualcuno, a questo punto, si chiederà che relazione vi sia tra il proibizionismo e i migranti. Si legga prima questo passo tratto dal discorso di Giorgia Meloni.
«Sono i trafficanti di esseri umani che organizzano la tratta dell’immigrazione illegale di massa. Illudono che affidandosi a loro chi vuole migrare troverà una vita migliore, si fanno pagare migliaia di dollari per viaggi verso l’Europa che vendono con le brochure come fossero normali agenzie di viaggio, ma su quelle brochure non scrivono che quei viaggi troppo spesso conducono alla morte, a una tomba sul fondo del mar Mediterraneo. Perché a loro non importa se la barca sia adatta o meno ad affrontare quel viaggio, l’importante per loro è solo il margine di guadagno».
Capito? È come dire, che se agli americani negli anni Venti continuavano a farsi un “cicchetto” di nascosto, la colpa era di Al Capone. La colpa non era di Al Capone, parassitaria escrescenza criminale, ma del proibizionismo di stato che limitava la libertà dell’uomo di farsi un bicchierino, favorendo così il contrabbando di bevande alcoliche. Classico esempio sociologico di eterogenesi dei fini. Si chiama anche effetto non previsto.
Certo, gli alcolici, quando si esagera, possono fare male, ma la colpa è del consumatore in eccesso non è dello stato, che non deve occuparsi dei vizi altrui. E quando si coinvolgono altre persone? Nessuna pietà. La libertà è responsabilità. Chi beve troppo, sa da sé a cosa può andare incontro.
Accettare il rischio, anche altrui, della libertà, rinvia a un sentire moderno che dovrebbe ormai essere patrimonio genetico, in senso culturale, di una destra normale: che l’individuo viene prima dello stato. Classico prezzo da pagare alla liberazione dalla società arcaica.
E invece no. Perché le origini ideologiche di Giorgia Meloni, dei suoi ministri e compagni di partito affondano nell’arcaico culto fascista dello stato: perciò l’individuo viene sempre dopo. Pertanto si tratta di un proibizionismo, per usare un termine meloniano, a 360 gradi.
Inutile qui insistere sui tic di questa destra rivolta a comprimere se non cancellare per legge la libertà personale in ogni ambito sociale.
Si legga nello stesso discorso il passaggio sull’intelligenza artificiale: da un lato si parla di “algoretica”, nuovo parolone all’Azzecagarbugli, dall’altro in Italia si sperimenta sui cellulari l’ “It- Alert”, per tenere sotto controllo tutti i cittadini ( a quando l’obbligo per legge di smartphone? ).
E qui veniamo ai nuovi “mercanti di schiavi” che non sono altro che il portato di una forma di contrabbando “di esseri umani”, perché a questi stessi “esseri umani” non è riconosciuta la libertà di movimento. Di conseguenza, come per la banda di Al Capone, prolifera un commercio clandestino che in senso stretto riguarda i passaggi navali. La vera schiavitù, se proprio si vuole usare questo termine, è nella condanna all’immobilismo, alla stanzialità. Dal momento che se gli individui potessero spostarsi liberamente, comprare un normale biglietto, non assisteremmo più al triste spettacolo dei gommoni che colano a picco.
Probabilmente, come fu per i migranti italiani, si ricorrerebbe a viaggi di terza classe, ma più sicuri ed economici, grazie a un mercato ufficiale dei viaggi per nave, con soluzioni alla luce del sole e per le tasche di tutti. Il che non significa che il truffatore sparirà come per incanto per sempre (qui basti pensare a quel che può capitare a chiunque viaggi per turismo), vuol dire invece che ci si muoverà, finalmente, secondo una logica antiproibizionista, che antepone l’individuo allo stato, valorizzando la libertà di scelta tra “migrazione” e “stanzialità”.
Ovviamente la libertà ha i suoi rischi. L’integrazione dei nuovi arrivati implica comunque tensioni. Il mondo purtroppo non è perfetto, né mai lo sarà, ma l’età moderna parla, per la prima volta nella storia, direttamente all’individuo: una grande conquista. Che merita qualche sacrificio.
Una rivoluzione individualistica che Giorgia Meloni, ancorata al “dio, patria e famiglia”, ignora completamente. Quindi continuerà a ragionare in termini proibizionistici, antiquati, arcaici, statalisti.
In fondo non è neppure sua colpa. È cresciuta così. In un ambiente retrogrado.
Però governa l’Italia e parla all’ONU. E questo è un problema.
Carlo Gambescia
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