Di solito non siamo d’accordo con “il Manifesto”, ma l’articolo più informato e chiaro sulla questione “sbarchi” lo troviamo sulle sue pagine. (*).
Di fatto, si tratta di campi di concentramento affidati ai militari. Sarà il Ministero della Difesa a occuparsi dell’edificazione e della gestione. Si parla di tende e container, filo spinato. I migranti dovranno restarvi dentro per un periodo di diciotto mesi. Insomma, arrivano i colonnelli.
Ecco in che cosa consiste la politica di Giorgia Meloni, madre affettuosa, ma solo con la sua bambina. La perfidia fatta persona. E applicata alla politica. Inutile citare altre figure storiche simili, anche vicine a noi, che il lettore riconosce benissimo.
Tra l’altro ci è stato “consigliato” di non esagerare. Ma la misura è colma.
Migranti. Abbiamo già spiegato che si tratta di un fenomeno stagionale e strutturale al tempo stesso (**). Che non può essere affrontato in termini di polizia. Invece ora si parla addirittura di militari e di strutture da carcere militare.
Che fare allora?
Intanto, sul piano della retorica politica, l’Italia non va assolutamente dipinta come il “campo profughi dell’Europa”. Così ieri Giorgia Meloni. Siamo perciò davanti a una specie di barbara neolingua che sta cambiando il senso alle parole. Si rifletta: ammesso e non concesso che sia così, sarebbe un titolo di merito. Dal momento che si tratta di esseri umani che fuggono da guerre alimentate da russi e cinesi.
Qui un aspetto che finora pochi hanno colto. I russi sono nostri nemici, i cinesi potrebbero diventarlo. Quindi aiutare i profughi non solo è un atto umanitario ma politico, anzi metapolitico. Perché l’Italia, aprendosi, proverebbe di saper includere, non escludere. Sicché con l’inclusione si lancia un messaggio forte ai nemici. Parliamo di dittature, che, proprio perché tali, vivono di esclusione, a cominciare dall’ incarcerazione degli avversari politici.
In secondo luogo, sul piano concreto, si tratta di cambiare totalmente lo spirito delle politiche verso il migrante. Va cambiata la forma mentis. Ciò significa che non è soltanto un problema di risorse. Che poi si trovano sempre e che in ogni caso vanno considerate un investimento in capitale umano. Si tratta invece di una questione di mentalità. Sul punto la responsabilità mediatica è enorme, a cominciare dalle televisioni di stato, nelle mani della destra razzista, e dalle emittenti private, prigioniere di un populismo o piagnone o aggressivo.
Se si dipinge il migrante come un potenziale criminale (destra) o un clochard, anche suo malgrado, (sinistra), si rimane all’interno di una specie di welfarismo militarizzato (destra) o pauperizzato (sinistra). Il migrante, ripetiamo, va giudicato come risorsa, investimento, sfida, non come res nullius, peso economico, battaglia perduta in partenza.
Questo sul piano della mentalità. Su quello concreto, che dipende dal precedente, vanno riattivati tutti i canali di intervento privati, civili, pacifici, penalizzati dal governo di destra, a cominciare dalle ONG. Lo stato deve disinteressarsi del migrante. Italia ed Europa si devono aprire lasciando che i flussi siano regolati dalla legge della domanda e dell' offerta.
Certo, il primo impatto potrà essere duro, per tutti. Come furono i processi migratori da Sud a Nord nell’Italia e nell’Europa degli anni Cinquanta e Sessanta. Ma se è vero, come dicevamo, che aiutare i profughi non solo è un atto umanitario ma politico, anzi metapolitico, Italia ed Europa, aprendosi, proverebbero di saper includere attraverso il sistema di mercato, che è alle origini della nostra grandezza. Risiede qui la grande differenza tra la liberal-democrazia occidentale e le dittature russe e cinesi. E questo è un valore che va esaltato.
Una cosa deve essere chiara: quanto più Italia, Europa, gli stessi Stati uniti, accettano l’idea che il migrante sia un peso, come provano le vergognose parole di Giorgia Meloni sull' "Italia campo profughi", non dette al cognato ma all' ONU, tanto più si rischia di assomigliare al nemico.
Può apparire retorico quel che stiamo per ribadire, ma la sfida di includere il migrante è innanzitutto una sfida di civiltà. Da condurre non in nome del piagnucoloso umanitarismo di sinistra, ma della riaffermazione chiara e forte di quei valori di libertà e di mercato che hanno fatto grande l’Occidente.
Valori che si difendono in Ucraina come nel Mediterraneo, sparando sui nemici veri di oggi, non sugli amici di domani.
Carlo Gambescia
(*) Qui: https://ilmanifesto.it/migranti-tutti-dentro-fino-a-diciotto-mesi-e-affidati-ai-militari .
(**) Qui: http://carlogambesciametapolitics2puntozero.blogspot.com/2023/09/metapolitica-del-migrante.html .
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