domenica 24 settembre 2023

Il nemico di Giorgia Meloni (lo stesso di Mussolini)

 

 

In metapolitica è possibile ravvisare una regolarità: quella amico-nemico, che ritroviamo nelle più diverse società storiche. Qual è il nemico di Giorgia Meloni?

Per capirsi: per la sinistra, di derivazione marxista o meno, è il fascismo; per la destra, quella istituzionale, non fascista, il collettivismo, in particolare quello comunista; per i liberali, il totalitarismo, di destra come di sinistra.

E per chi proviene dal fascismo come Giorgia Meloni? Diciamo che il nemico è rappresentato dalla sinistra e dal liberalismo. Con la destra istituzionale, o comunque con la parte più retriva, si possono fare invece fare accordi.

Sul punto si pensi alla maggioranza di governo: Lega e Forza Italia rappresentano la destra retriva con la quale si è alleata la destra di origine fascista di Giorgia Meloni.

Una scelta che però non rispecchia del tutto l’equilibrio europeo immaginato dal Giorgia Meloni: quello di un’ alleanza con i Popolari (forza di centro, ecumenica, che ama porgere l'altra guancia).  Che Fratelli d’Italia vuole proporre in Europa dipingendosi come normale forza di destra istituzionale  perfettamente capace di allearsi con un ’altra normalissima forza di centro di estrazione cristiana e riformista.  Una specie di presepe con il bambinello "popolare".

In sintesi: in Italia con la destra retriva, in Europa con il centro cristiano-riformista. Da questa duplice tattica, si può intuire quali siano i nemici strategici di Giorgia Meloni: il liberalismo e il marxismo ( in varie salse comuniste, socialiste, liberal ). Mentre la destra retriva resta alleata in Italia, ma nemica in Europa, almeno sul piano delle immediate alleanze elettorali.

Con questo crediamo di aver risposto alla domanda iniziale. Il nemico di Giorgia Meloni è rappresentato da due precise ideologie: liberalismo e socialismo (anche “dolcificato”, come nel caso del liberalsocialismo).

Due ideologie che un acuto pensatore dell’Ottocento, Donoso Cortés, primo marchese di Valdegamas, rappresentò come le due facce della medaglia-modernità politica. Per Donoso, ma anche per altri pensatori non reazionari come Tocqueville, la modernità non era che il graduale scivolamento, passando per il liberalismo, verso il socialismo. Si trattava solo di scegliere e decidere se adeguarsi o meno. Donoso, chiuso alla modernità, riproponeva lo stato dinastico-corporativo a autarchico dell’Ancien Régime, Tocqueville invece quello pluralista aperto ai commerci dei moderni.

Giorgia Meloni, rispolverando i valori di dio, patria e famiglia si ricollega a Donoso non a Tocqueville. Come del resto il fascismo, blaterando di stato etico, autarchia economica, aristocrazie in camicia nera, si collegava, volente o nolente, a Donoso.

Vi è un nesso tra il liberalismo tocquevilliano, pluralista, archico, e il liberal-socialismo collettivistico, macro-archico dei nemici di Giorgia Meloni? No. Il liberalismo non è un blocco unico. Donoso però aveva ragione su un punto: quello del lento scivolamento del liberalismo nel socialismo. Pensiamo a un liberalismo, colpevole, perché separatosi intellettualmente dalla lezione di Tocqueville e di altri pensatori pluralisti. Ma questa è un’altra storia (*).

Probabilmente Giorgia Meloni non avrà capito nulla del nostro discorso. Non importa. Del resto non può non essere così. Perché è diventata fascista respirando. Con naturalezza. Se ci si passa l’espressione è cresciuta a pane e odio verso il liberalismo e il socialismo. Il che spiega il suo sommo disprezzo verso il liberalsocialismo, ma anche per il liberalismo in quanto tale. Parliamo, per quest’ultimo,  di un’ideologia composita che oggi anima non pochi governi occidentali. Ovviamente, per mantenere il potere occorre venire a patti con un nemico, trasformato in avversario, anche a costo del tracollo nervoso. Il che spiega, perfino sul piano delle espressioni facciali, gli sforzi di Giorgia Meloni per nascondere il suo odio verso il sistema politico liberal-democratico.

Del resto, per restare sul piano intellettuale (parola grossa),  basta dare una scorsa ai contenuti reazionari dei suoi libri che affiorano all’improvviso: una pugnalata per Soros, il silenzio sui diritti civili, l’accenno ai complotti contro l’Italia, la tolleranza zero per difendere la democrazia, si dice, minacciata dai migranti. Una discontinuità, tipica di un dire e non dire, che si riflette sulle scelte pratiche, come nel caso dei migranti, all’insegna di un “ma vi pare possibile” che vogliamo in fondo al mare o in prigione donne, uomini e bambini? E invece è proprio quel che succede.

La perfidia è il valore aggiunto (per così dire) di questo nuovo fascismo, caratterizzato da un comportamento sleale, subdolo e malvagio volto intenzionalmente a far male agli altri. Come da vocabolario. Insomma, gente cattiva, che, per ora, finge di essere buona (**). Un gioco che riesce – e questo è un altro problema – grazie a una pubblica opinione, quella che conta, imbalsamata.

Concludendo, va sottolineato che in Italia, l’’ultimo presidente del consiglio, nemico del liberal-democrazia, si chiamava Benito Mussolini. Per contro, in ottant’anni di Repubblica, nessuno dei presidenti del consiglio in carica ha mai dato prova di esserlo. Ora però la ricreazione sembra finita. Con Giorgia Meloni l’Italia si riallaccia ideologicamente a Mussolini. Il duce del fascismo e la leader di Fratelli d’Italia hanno un nemico in comune.

Carlo Gambescia

(*) Sul punto rinviamo al nostro Liberalismo triste. Un percorso da Burke e Berlin (https://www.ibs.it/liberalismo-triste-percorso-da-burke-libro-carlo-gambescia/e/9788876064005 ) .

 (**) Nel nostro Il Grattacielo e il formichiere. Sociologia del realismo politico ( https://www.ibs.it/grattacielo-formichiere-sociologia-del-realismo-libro-carlo-gambescia/e/9788876067853 ), parliamo a questo proposito di “realismo politico criminogeno”.


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