“Batosta” per Macron alle muncipali
L’elettore autolesionista
Al
netto del voto di protesta contro Macron,
quel che emerge dalle municipali francesi, è l’autolesionismo non solo dell’elettore
francese, ma di tutti gli altri elettori, ovunque vincano, e sembra capitare sempre più
spesso, forze politiche ecologiste, verdi come si dice.
L’elettore
comune sembra ignorare che le politiche ambientaliste implicano leggi, regolamenti,
divieti, nuove tasse. Per inciso, in Francia, anche Macron, liberale di
sinistra, non è insensibile al tema ambientalista, tutt’altro... Ad esempio, alle origini
della protesta dei gilet gialli ritroviamo la sua severa politica fiscale ambientalista.
Insomma,
comunque la si metta, ecologismo significa meno libertà per tutti. E in nome di che cosa? Dell’utopismo, pericolosissimo, a
sfondo costruttivista, di liberare l’intero
pianeta, mediante l’introduzione dall’alto di una rigida legislazione, come spesso si
legge, dai
danni ambientali e dagli sprechi causati invece dall’unico
sistema economico, capace di garantire un livello di vita storicamente senza
precedenti: il capitalismo.
La
gente comune, in particolare in Occidente, non si
rende conto che quanto più crescono i
costi delle politiche “verdi”, tanto più le nostre economie si fanno
meno competitive. Il che
significa meno ricchezza, meno benessere.
Chiunque
voti verde, vota contro se stesso. E in primis la regola vale per quei gilet gialli che votando per il sindaco ecologista si sono scavati la fossa (fiscale) da soli.
Si
dirà che si tratta di un concetto semplice. Eppure, l’elettore medio
sembra non comprendere. Per quale ragione? Perché anni e anni di propaganda politico-mediatica alimentata dai tradizionali nemici dell' economia di mercato (verdi, per l’appunto, ma
anche socialisti, comunisti, fascisti, liberali di sinistra, tradizionalisti
religiosi e non), hanno prodotto e veicolato una retorica capillare, inculcata nelle scuole fin dalla più tenera età.
Un mantra, ormai annidatosi nella mente dell’elettore, che si fa forte della falsa idea
che un capitalismo regolamentato sotto il profilo ecologico funzioni meglio: lo si chiama, in attesa di debellarlo, "capitalismo sostenibile", come se fosse una malattia cronica... Inoltre si promuove, soprattutto sui social, la romantica fantasia che le tasse ecologiche,
unite ai divieti, favoriscano il ritorno a una specie di mondo
edenico, dove il lupo e l’agnello, eccetera, eccetera.
Utopie
che invece rendono la vita delle persone
impossibile, e da subito. E per una semplice ragione: l’ecologismo impone controlli, i controlli
necessitano di burocrazie, e le
burocrazie, finanziate con ogni genere di imposte e tasse (ovviamente crescenti), sono per antonomasia il ritratto dello spreco e dell'inefficienza sociale. Detto brutalmente: il
cittadino paga per vivere in prigione, o meglio per finanziare i suoi
carcerieri. Autolesionismo allo stato puro.
Non
abbiamo accennato alla questione ecologica in sé, dal momento che secondo gli
studiosi più seri in pratica non
esiste: si tratta semplicemente della continuazione della guerra al capitalismo
con altri mezzi, quelli dell’arrogante e predatorio statalismo “postfascista” e “postcomunista”. E della relativa retorica politica, uguale persino nei dettagli.
Purtroppo,
come si può intuire, le spiegazioni
razionali sembrano lasciare indifferente la gente comune che invece mostra di dare credito alla favola ecologista. E votare di
conseguenza. Come è noto però, il sonno della ragione, eccetera, eccetera.
Carlo Gambescia