Riflessioni
Il Manifesto di “Nuova Costituente”, sottoscriverlo o meno?
Oggi Festa
della Repubblica, quindi non per puro caso, desidero parlare del progetto denominato Nuova Costituente: A difesa dei territori Democrazia, libertà, federalismo (1), concretizzatosi nel Manifesto ideato e
sottoscritto da un gruppo di intellettuali
e studiosi di formazione liberale, animato, credo, dal filosofo Carlo Lottieri, proprio per riformare radicalmente la
nostra Repubblica.
Quali
sono le tesi del Manifesto? Grosso modo tre, con una premessa.
Parto
da quest’ultima: «L’emergenza ha
investito un paese con istituzioni debolissime e libertà individuali quanto mai
fragili, con una classe politica delegittimata e un debito pubblico e
pensionistico alle stelle”». E per
quale ragione?: nel 1946 « I cittadini furono chiamati alle urne per
votare i nuovi “padri costituenti”, ma ogni successivo passo ebbe luogo
all’interno della ristretta élite dei capi di partito. In effetti, il popolo fu
convocato, diede la propria sanzione al processo, ma poi fu subito accantonato
con il ruolo di spettatore muto. Non soltanto l’esito finale
dei lavori non fu sottoposto al voto dei cittadini, ma soprattutto non si
accettò l’idea di segnare una compiuta discontinuità».
La riprova di ciò «è che
le realtà locali non ebbero alcun ruolo in quel processo politico costituente,
che era già in larga misura predefinito nei suoi esiti. Nacque così una democrazia
dimezzata e malata che subito Luigi Sturzo attaccò con forza quando parlò delle
“male bestie” dello statalismo italiano, della partitocrazia e dello spreco del
denaro pubblico».
Come uscirne? E qui veniamo alle tre tesi, rimedi o idee di fondo.
La prima, Democrazia diretta: « Per ripartire bisogna allora costruire un ordine veramente democratico. Non soltanto è necessario ridare ai cittadini il potere costituente, convocandoli affinché votino i loro rappresentanti, ma bisogna egualmente far sì che le popolazioni dei vari territori possano esprimersi su qualunque questione. La costituzione vigente ha poco di democratico e ben lo si vede quando esclude la possibilità di far ricorso al voto popolare su imposte, relazioni internazionali o questioni di bilancio. È opportuno, allora, guardare al modello di democrazia integrale proprio della Svizzera, un paese che non a caso uscirà molto meglio di noi da questa catastrofe sanitaria ed economico-sociale, ed è necessario comprendere che non c’è affatto bisogno che a decidere siano i rappresentanti quando lo possono fare in prima persona i cittadini».
La
seconda, Libertà: «È inoltre necessario che le libertà dei singoli vengano rispettate e per
fare questo è indispensabile che le giurisdizioni siano piccole e numerose,
come lo sono i cantoni svizzeri, e che ognuna sia costretta a competere con
tutte le altre. Solo se ogni entità territoriale sarà chiamata a vivere delle
proprie risorse potremo avere amministrazioni che non sprecano, non coltivano
clientele, non costruiscono cattedrali nel deserto. La stessa crisi sanitaria
di queste settimane ci ha insegnato, tra l’altro, che soltanto chi vive in un
determinato territorio ha le informazioni e le motivazioni necessarie ad
assumere le decisioni corrette».
La
terza, Federalismo: «Il patto sociale da costruire, infine, deve
basarsi sulla libera adesione delle singole comunità. Quella che si deve
costruire è una nuova casa, non una prigione. Ecco perché è necessario che la
nuova costituzione sia federale a
ogni livello e risulti dal voto popolare di tutte le realtà locali e da ognuna
di esse. Si dovrà discutere su quali debbano essere le regole che governeranno
il nuovo edificio, ma alla fine dovrà abitare il nuovo palazzo solo chi
giudicherà che quell’esito non è penalizzante, non pone le premesse per
sfruttamenti territoriali o altre ingiustizie, non è all’origine di quei
meccanismi perversi che hanno causato tante conseguenze disastrose in varie
regioni d’Italia».
Come sociologo la prima domanda che mi sono posto è quale sia l’ idea di società sottostante alle tre tesi e quanto quest’ idea sia realistica, cioè in sintonia con la realtà sociale. Insomma, con le cose come sono dal punto di vista delle regolarità metapolitiche (2) - del mondo reale, dunque - e non delle cose come dovrebbero essere dal punto di vista morale e ideale.
Veniamo allora alle regolarità. Insomma, al confronto tra idee e realtà.
Libertà. La sociologia insegna che il controllo sociale è sempre più stringente sul piano micro che macro. La comunità, specie se micro, non è mai sinonimo di libertà. Quindi tra le ridotte dimensioni delle comunità sociali e politiche e l’esercizio della libertà individuale c’è, sociologicamente parlando, un rapporto sfavorevole: più lo spazio sociale è ridotto più l’individuo è prigioniero di una fortissima pressione sociale.
Democrazia.
Se è vero che la democrazia diretta può essere una risposta
alla partitocrazia, è altrettanto vero,
che sul piano sociologico rinvia ai fenomeni di folla, cui si unisce l’effetto
moltiplicatore giocato dall’ emotività
identitaria insita nelle culture comunitarie: condizione psicologica, quest'ultima, tanto più spiccata quanto più lo spazio sociale si riduce.
Federalismo.
In realtà, il federalismo, soprattutto se municipale,
non riduce i conflitti ma li moltiplica per quante sono le unità politiche in interazione. Il fenomeno
sociologico del sociocentrismo, tipico del municipalismo, implica la riattivazione di una logica del
conflitto intercomunitario, anche a livello municipale, che non differisce affatto da quella internazionale tra stati sovrani. Anzi, spesso la rende più acuta.
Purtroppo
- perché la cosa non entusiasma neppure chi scrive - come prova la magnifica storia universale, del
grandissimo Jacques Pirenne, storico
liberale (3) - opera negletta, trascurata addirittura dal pensiero liberale -
lo
stato, come incarnazione della decisione politica, fin
dalla più remota antichità ha
sempre favorito, favorendo ovviamente
il suo sviluppo (non per altruismo, insomma), la nascita e la maturazione delle libertà individuali, di contro quelle feudali e guerriere; dell'economia aperta, del commercio e
del denaro, di contro, l’economia, chiusa, naturale e il servaggio. Si vedano le acute pagine di Pirenne dedicate al "liberalismo" egiziano dell'Antico Impero, al "liberalismo" babilonese, ateniese, e così via fino ai nostri giorni, illustrando, sulla base di cicli storici fondati sulla dinamica storica e sociologica tra forze politiche centrifughe e centripete, il rapporto tra nascita dello stato e sviluppo della libertà cittadine e individuali, come del resto il relativo declino delle stesse libertà nelle fasi di smembramento feudale.
Il che non significa idealizzare lo stato, che “naturalmente”, come tutte le istituzioni sociali, quando non trova ostacoli (quindi altre istituzioni), tende a estendere il suo potere in chiave egemone, centripeta. Assolutamente no.
Anche perché il fenomeno centripeto spiega, storicamente e sociologicamente parlando, l'altrettanto naturale reazione delle varie istituzioni sociali, e ovviamente degli individui che le innervano: reazione, ripeto, in chiave centrifuga, alla soffocante morsa di uno stato, bulimico di potere, che tende sempre tramutarsi in assoluto, fino a comprimere se non cancellare le stesse libertà in precedenza promosse.
Il che non significa idealizzare lo stato, che “naturalmente”, come tutte le istituzioni sociali, quando non trova ostacoli (quindi altre istituzioni), tende a estendere il suo potere in chiave egemone, centripeta. Assolutamente no.
Anche perché il fenomeno centripeto spiega, storicamente e sociologicamente parlando, l'altrettanto naturale reazione delle varie istituzioni sociali, e ovviamente degli individui che le innervano: reazione, ripeto, in chiave centrifuga, alla soffocante morsa di uno stato, bulimico di potere, che tende sempre tramutarsi in assoluto, fino a comprimere se non cancellare le stesse libertà in precedenza promosse.
Ecco, il Manifesto della Nuova Costituente, rappresenta una reazione centrifuga, per ora intellettuale, all’assolutismo
welfarista. Pertanto il Manifesto ha una sua giustificazione sociologica
nell’ambito di una dinamica conflittuale,
da intendere come regolarità metapolitica, tra forze centrifughe e centripete
del potere.
Il
che però non significa che il Manifesto, sempre sociologicamente parlando, sia
la soluzione finale dei nostri problemi. O comunque
che non abbia controindicazioni, altrettanto pericolose o spiacevoli
per la libertà individuale. Sottoscriverlo
o meno è perciò scelta morale, non sociologica.
Oltre queste riflessioni, per ora, non mi spingo. Come dire? Hic sunt leones…
Oltre queste riflessioni, per ora, non mi spingo. Come dire? Hic sunt leones…
Carlo Gambescia
1)
Qui il Manifesto integrale: https://nuovacostituente.org/?page_id=212
https://nuovacostituente.org/?page_id=212
2)
Per l’analisi delle terminologie e dei concetti in argomento, rinviamo al nostro, Metapolitica. L’altro sguardo sul potere, Edizioni Il Foglio, Piombino (LI) 2009.
(3) Jacques Pirenne,
Les grands courants de l'histoire universelle, voll. 7 Edtions
de la
Baconnière , Neuchâtel,1948-1959
(ediz. it. Id., Le grandi correnti della storia universale, Sansoni, Firenze
1972, sulla terza edizione il lingua originale riveduta e aggiornata).
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