Lucia Azzolina, la scuola di massa e la decadenza
delle élite
Il
ruolo di Ministro della Pubblica Istruzione (per
semplificare) è forse è uno dei più difficili. Perché? Per una ragione
semplicissima: in una società in cui istruzione ed educazione (civica) di massa rappresentano la ragione stessa della sua
esistenza, il Ministro della Pubblica Istruzione si ritrova a svolgere un ruolo che sconfina nell’utopia. Di qui la difficoltà, se non l'impossibilità di portare a termine la sua missione.
Ci spieghiamo meglio: istruzione ed educazione,
proprio perché di massa, non possono non tradursi, rispettivamente, in
nozionismo e conformismo. In qualcosa di antimeritocratico per eccellenza. Del resto, la
scuola di massa, soprattutto nella sua versione dell’obbligo, è l’esatto contrario di qualsiasi logica
sociale elitaria: deve promuovere tutti per ragioni di consenso sociale.
Dinanzi
a una situazione del genere, un ministro, se vuole restare tale, non può che
assecondare, con rarissime variazioni sul
tema, la contraddittoria vulgata, come abbiamo visto, sulla scuola di massa come strumento di
elevazione sociale. Di qui, le rituali
promesse sui finanziamenti pubblici, sulla sviluppo della formazione, sull’assunzione
di docenti, eccetera, eccetera.
Il
che significa anche un’altra cosa: docenti e ministri, che non possono non provenire dalla stessa scuola di massa, hanno, in primo
luogo, una preparazione sommaria e, in
secondo luogo, volenti o nolenti, devono attenersi al mito incapacitante della
scuola di massa come strumento di
elevazione sociale. Quindi alla radice della questione non c'è un problema di scuola pubblica o privata (o comunque non solo), ma di teoria e pratica (strettamente collegate) dell'antimeritocrazia, che si traduce in un abbassamento dei valori generali di preparazione delle élite repubblicane.
Di
conseguenza, perché meravigliarsi che un
personaggio, in fondo seriale, come Lucia Azzolina, non sia all’altezza del ruolo? In
Italia, fin dalla scuola primaria, quel che non funziona è la selezione delle élite repubblicane, perché le nostre istituzioni scolastiche non rispondono a criteri meritocratici. Ma non potrebbe non essere così, perché come
abbiamo detto, la scuola di massa, sociologicamente, è una contraddizione in termini. Per
dirla brutalmente, come si può essere
selettivi, se tutti devono essere promossi? Se non si può negare a nessuno, il famigerato
pezzo di carta?
Scuola
di massa è sinonimo di “diplomificio”. E quest' ultimo termine indica che il
vero fondamento dell’intero sistema scolastico
( primario, secondario e perfino universitario), non è nella selezione meritocratica delle élite, ma nel
perseguimento del consenso sociale, puntando sullo sviluppo crescente delle
aspettative collettive. Di qui, le promesse salvifiche, cui segue scontento sociale, quindi nuove promesse,
nuovo scontento, e così via. Fino a quando però?
Carlo Gambescia