Il caso Weinstein
Harvey Weinstein, il produttore, è stato dipinto come un orco. Può darsi che lo sia. Vogliamo però provare ad andare oltre? Tentando di squarciare la pesante coltre di isteria che sembra impedire qualsiasi approfondimento sociologico?
Innanzi tutto va fatta un piccola
premessa. A molti maschi non piace ammetterlo, ma il Novecento passerà alla
storia come il secolo del femminismo.
L’ingresso delle donne in tutti i campi della vita sociale, soprattutto nella seconda metà del secolo,
inevitabilmente ha portato una
rivoluzione nei costumi. Per i conservatori, è segno di decadenza, per i
progressisti di uguaglianza. I primi deprecano la femminilizzazione dell’uomo,
i secondi inneggiano alla lotta dei sessi - come prima celebravano la lotta
di classe - e alla conquista di una totale parità, formale e sostanziale.
Le
società però, pur risentendo dei processi innovativi, hanno ritmi più lenti
legati alla stratificazione socio-politica,
stratificazione che nonostante l’incombente
rivoluzione femminista, è tuttora a
dominanza maschile, almeno nei posti
chiave. Per alcuni lettori, interessati al residuo di potere maschile, ciò può essere una fortuna.
In
realtà, questa discrepanza - per venire
al finalmente al punto - crea
inevitabilmente conflitti, come quello
sulle molestie. Il residuo potere
maschile, in alcuni settori chiave, tra le varie forme di veto, impone prestazioni sessuali, come rimozione degli ostacoli all’ingresso in un mercato
ristretto, molto ambito, perché altamente remunerativo, come quello dello spettacolo. Si esercita, insomma, un potere posizionale ( legato alla posizione nella scala del potere) dell'uomo sulle donna.
La
parità può sciogliere questo nodo ? No. O comunque non del tutto. Facciamo però un passo indietro.
L'intera questione rinvia all’economica (sociologica) del potere. Un fatto sociale che preesiste formalmente a prescindere dai contenuti. Se ci fosse la
parità sostanziale, il potere di veto, lo eserciterebbero uomini e donne insieme, attenzione però: sulla base della stratificazione sociale. Se invece
fossero la donne a predominare sarebbe usato esclusivamente sugli
uomini, come ora succede al contrario. Quindi, guai ad aspettarsi troppo, sul piano etico-politico, dalla parità. La stratificazione del potere non si può cambiare per legge. Il grande Roberto Michels parlò, per l'appunto, di ferrea legge delle oligarchie. Che possono essere maschili, femminili e "miste".
Ovviamente,
in un clima di lotta dei sessi e di battaglia per i diritti, le molestie
maschili diventano, sul piano retorico, un argomento fondamentale, soprattutto mediatico,
contro il potere maschile.
Se
però si getta lo sguardo oltre il fumo etico-politico, si può facilmente
scoprire che il nodo riguarda il possesso di risorse
scarse, all’interno di un mercato ristretto. E il sesso è uno dei canali di
accesso. Tutto qui.
C’è
una soluzione? No, perché il potere si
riproduce e si ridistribuisce in chiave cumulativa e ristretta: riguarda pochi
eletti. Del resto se un potere non è di pochi, che potere è? Il
diritto di veto, per così dire, appartiene naturalmente a chiunque
sia al comando. Ovviamente, può riguardare, anche altre sfere sociali, non solo la sessuale.
Perciò,
una volta al potere - uomini o donne che siano - inevitabilmente, si mettono e si pongono ostacoli "all'ingresso": il potere è un dio geloso. Il
che significa, come accennato, che, dopo le
tante chiacchiere di questi
giorni, un giorno, anche abbastanza prossimo, potrebbero essere le donne produttrici a molestare gli uomini attori.
È
la sociologia bellezza…
Carlo Gambescia