giovedì 26 ottobre 2017

 Declinismo, malattia infantile del populismo, una riflessione



Quando è cominciato  tutto?  Quando si è affacciato per la prima volta  il populismo antiparlamentare? Con il suo torbido declinismo morale?  Quello, del "tutti ladri!".  Probabilmente con Tangentopoli.  E da allora non si è fermato più. 
Alimentato da Berlusconi, il primo dei qualunquisti politici. Appoggiato con calore dalla sdoganata destra  neofascista, da sempre nemica delle istituzioni rappresentative.  Puntato come un cannone,  dai post cattolici e dalla sinistra antiliberale,  contro il Cavaliere,  per combatterlo a colpi di scandali, talvolta gonfiati, Condiviso dagli infantili  fanatici della democrazia diretta: Lega e Cinque Stelle.  E naturalmente cavalcato, con trucida letizia,  dai mass media e propugnato, talvolta con ferocia, dal giustizialismo   tersiteo dei Social. 
Il tutto spiega perché una  legge  elettorale, il rosatellum, che  influirà  poco  o punto  sulla governabilità,  viene  percepita  come un colpo di stato.  Evocato  ieri  dai  Cinque Stelle: gli ultimi nati, dell’Italia, per così dire,   "botte piena, moglie ubriaca".  L'Italia  abituata  a promettere tutto e il contrario di tutto. E ciò che peggio, anche  quella abituata a credervi.
Del resto, sono vent’anni che tutti i partiti  alzano una  posta irraggiungibile, favorendo così il crescente scontento di un popolo (parola grossa...),  viziato,  egoista, sleale. Composto nella stragrande maggioranza di servitori, sempre pronti a mentire e tendere la mano verso il vincitore.  A leggere, i sempre attualissimi (e bellissimi)  Ricordi di Massimo D’Azeglio, sembra non essere mutato nulla.  E i risultati si vedono. Si pensi  ai referendum, anti-unitari, in Veneto e Lombardia di domenica scorsa… Roba da ricchi,  egoisti e viziati. Da borghesie antipolitiche, come quella papalina. Anno di grazia 1825.
Il cosiddetto declinismo morale, non è altro che la malattia infantile del populismo.  Ma quale bambino povero con il palloncino...   E poi,  declinismo da che cosa? La vita si è allungata, si viaggia, si progettano le vacanze,  si fa beneficenza,  si studia. Venticinque milioni di italiani vivono sui Social: tutti si sentono politologi, filosofi, scienziati.  E per fare che?  Lamentarsi. Di che cosa?  Dei politici che sarebbero sordi ai "bisogni del popolo". 
In realtà, i politici -  tutti i  politici, non solo i pentastellati -  sono fin troppo in sintonia. Perché promettono ciò che non si può mantenere, dal momento che per accontentare tutti, i tributi dovrebbero salire alle stelle.  Si chiama demagogia. Di qui, quel procedere a spizzico, che scontenta gli uni, accontenta gli altri, favorendo  il gioco al rialzo di populisti e declinisti, che -  quando si dice il caso  - sono all’opposizione. E quindi gridano. Ora.   Perché,  un volta  al potere,  non potrebbero non fare,  anch’essi,  i conti con la realtà.
Intanto, però, in attesa del trionfo della democrazia dei giusti e dello stato etico,  si sfascia l’economia, amplificando  il sospetto a priori su tutti coloro che hanno incarichi di responsabilità,  facilitato da inchieste a orologeria di una magistratura in libera uscita da decenni,  creando così   le condizioni per il declino economico e politico:  quello vero.   
Potremmo chiamarla  l' ossessione  da  ultima spiaggia.  Che, ovviamente,  non giova a nessuno: all’economia, come detto,  sempre al centro di indagini e sospetti,  che quindi rischia la paralisi; alla politica, ormai priva di qualsiasi buonsenso, che perciò  snatura se stessa,  inseguendo i cervellotici desiderata  populisti; ai cittadini, già viziati dalle correnti calde dell’ assistenzialismo, che regrediscono verso un capriccioso infantilismo democratico.
Potrebbe finire male. Molto male. 
Carlo Gambescia