New York, sotto il tiro del terrorismo islamista
All’ombra delle spade
Sembra
che il micro-terrorismo islamista, il
terrorismo improvvisato dell' autovettura lanciata contro la folla inerme, abbia colpito il "cuore dell’Impero", New York,
per usare la terminologia cara
all’antiamericanismo che fa tifo per l’Islam.
In
realtà, l’attacco terroristico di ieri
prova che la sindrome europea si è estesa agli Stati Uniti. Parliamo di nuovo anarchismo terrorista, che a differenza del vecchio, che un tempo
colpiva re, presidenti e principi, si è democratizzato, colpendo le persone comuni. Ovviamente, i fondamenti ideologici sono
differenti, ma la tecnica, è la stessa: un attentatore isolato, che al colpo di pistola, ha sostituito un colpo di
acceleratore.
Purtroppo,
siamo davanti ad atti terroristici,
proprio perché individuali, difficili da prevenire e contrastare. Come
impedire infatti, che uomini comuni uccidano altri uomini comuni? Apparentemente, dal punto di vista della
tecnica esecutiva, sono atti simili a quelli del padre di famiglia che impazzisce, compiendo una strage. Con una differenza fondamentale, però: un genitore prima di impazzire lancia dei segnali, il terrorista individuale, no: li nasconde, per
poi uccidere nel modo più economico. Cosa esiste di più semplice del salire in macchina e lanciarsi sulla gente a passeggio? Difficile dire.
Come
venne sconfitto terrorismo anarchico, a sfondo individualistico? Che fra Otto e Novecento insanguinò l’Europa?
Rafforzando le difese intorno a re, presidenti e principi, punendo
esemplarmente i colpevoli. Nonché, cosa più importante, con una grande rivoluzione dei consumi, che ne recise le radici sociali e politiche. Detto altrimenti: la società del benessere come arma finale.
Purtroppo, difendere la gente comune è difficile, se non del tutto impossibile, quasi come il punire esemplarmente, in una
società che crede più al valore rieducativo della pena che espiatiatorio. Quanto
alla società del benessere, l’Islam, è totalmente estraneo al modello di vita
occidentale: sull'uomo comune, anche se in parte occidentalizzato, grava (semplificando) un senso di colpa medievale. Se per gli anarchici il paradiso si poteva costruire su questa
terra, per l’islamico è altrove, in cielo. Di qui la difficoltà di intraprendere, senza averne prima spezzato militarmente la spina dorsale ideologica, qualsiasi processo di secolarizzazione-integrazione. Sul punto ritorneremo nella chiusa.
Secondo
alcuni si dovrebbero chiudere le frontiere. Il che, ammesso e non concesso che
sia giusto sotto il profilo economico e umanitario, potrebbe preservarci per il futuro. Ma per il
passato? Come si scopre, dopo ogni attentato, il terrorismo individuale, è un fenomeno di seconda generazione,
riguarda i cosiddetti integrati. Che
fare allora? Deportare tutti gli immigrati di fede islamica, magari
naturalizzati? Oppure chiuderli dentro nelle Homeland,
come si faceva nel Sudafrica razzista?
Probabilmente,
nulla di tutto questo potrà accadere, fino a
quando il tasso di rischio - tasso difficile da stabilire perché varia da
società a società - sarà, come per altre
forme di criminalità, metabolizzato dai cittadini, mettendo nel remoto conto delle “cose
normali”, la possibilità di essere scippati, rapinati,
feriti e uccisi, anche in un attentato. Diciamo che il punto di sintesi di un tasso di rischio, quasi al limite ma ancora gestibile, è rappresentato dal modello di sicurezza israeliano. Uno standard, a dire il vero, già abbastanza lontano, perfino al momento, dalla nostra microfisica lassista della protezione dai crimini, comuni o terroristici.
Se
invece, l’incidenza del rischio, dovesse crescere, la richiesta di contro-assicurazione da
parte dei cittadini potrebbe diventare insostenibile, influendo, fino a demolirlo, sul sistema di libertà che contraddistingue le nostre società. Oltre Israele, dunque. E verso che cosa? Difficile prevedere. Di sicuro c'è solo che purtroppo, alla
fin fine, gli uomini alla libertà preferiscono sempre la sicurezza.
Come
uscirne? Come evitare la crisi della società aperta? Difendendola, cominciando dal fronte esterno, prima che la situazione dell'ordine pubblico interno precipiti ed evolva verso lo stato di polizia. Il messaggio vincente che dovrebbe
filtrare tra quei popoli è quello di un Occidente forte, che non teme nessuno, disposto a imporre il
suo ordine per altri dieci secoli. Anche con la forza, come impongono, quando occorre, le costanti del politico (o metapolitiche). In modo diretto, senza ricorrere a infide truppe mercenarie, sempre pronte a cambiare bandiera. Insomma, dire forte e chiaro, che non c’è scampo per i nemici: o piegarsi alla "religione" della libertà o
perire in battaglia. Tertium non datur. Dopo di che, se necessario, mettere in pratica, come i Romani con Cartagine. Ma, al tempo stesso, pronti ad accogliere coloro che si sottomettano pacificamente.
Fantapolitica,
per un Occidente, disunito, che spera di piegare il nemico, a colpi di musica rock… Il
che, in fondo, avrebbe anche un senso ideologico, ma dopo. All’ombra delle spade.
Carlo Gambescia