mercoledì 18 ottobre 2017

In Catalogna si protesta contro gli arresti
Con la simpatia non si governa, né si ottiene l’indipendenza




Si può  fare a meno, in democrazia, dell’uso della forza?  Ed, eventualmente,  quando  è giusto  usarla? E fin dove?  E' molto difficile rispondere a queste domande, perché la democrazia è forma, mentre il politico, come vedremo,  è sostanza.  
Si pensi all’arresto dei due leader indipendentisti catalani,  che,  in un paese monarchico, la Spagna, pretendono sia autorizzata, al suo interno e   dallo  stesso re,  la nascita di uno stato indipendente repubblicano. La Repubblica italiana permetterebbe  la restaurazione dell’istituto monarchico, un una Sicilia indipendente e borbonica?  Quella tedesca  consentirebbe il ritorno degli Hohenzollern in Prussia? E la francese,  del Giglio in Vandea?   
Dicevamo, sostanza del politico.  Infatti,  non siamo davanti a un solo  problema di  coerenza istituzionale, per così dire formale ( ovvero una monarchia non può essere repubblicana e viceversa), bensì, il punto fondamentale della questione  concerne la coerenza politica.  Ci spieghiamo meglio.
Se il politico,  a prescindere  dalla forma del regime, è  basata, tra le altre cose,   sulla relazione comando-obbedienza ( ossia  dove non c’è obbedienza non c’è comando, e dove  non c’è comando, il potere è condannato a  dissolversi),   è ovvio che chi detiene il potere faccia di tutto per farsi obbedire, anche usando la forza.  Che però  nelle democrazie liberali è ancorata alle regole  del diritto. Di conseguenza l’uso della forza deve  sempre rispondere a  requisiti di legittimità  e legalità.
Ora, il punto è che, gli indipendentisti  catalani, non riconoscono lo stato spagnolo sotto il profilo della legittimità.  Sicché la legalità, diviene pura e semplice  appendice  di ordini  emessi da autorità  che non si riconoscono.  In uno stato  non democratico,  la Catalogna sarebbe  già stata occupata manu militari,  in una democrazia liberale, come sta avvenendo,  invece, si punta sui  giudici, sulle  leggi, e soprattutto si  cerca di trattare - politicamente - tentando di separare gli estremisti dai moderati. 
Tuttavia, la disobbedienza è di cattivo esempio.  I processi disgregativi del potere hanno carattere cumulativo al contrario: quanto più cresce il tasso di disobbedienza,  tanto più il potere  si indebolisce,  perché la sua  crescente debolezza  favorisce i processi emulativi, e questi, a loro volta, producono, diffondendosi, la paralisi del potere, e così via. Ovviamente,  oltre una certa soglia, difficile però da individuare, il potere si dissolve.
La difficoltà di stabilire il punto preciso di non ritorno,  che dipende dalle capacità cognitive  e dalla virtù prudenziali  possedute della classe politica, rende tutto più complicato. Soprattutto nelle democrazie liberali, dove l’uso della forza, sebbene  autorizzato dalla legge, non è ben visto dalla pubblica opinione. Il che spiega la simpatia, in particolare mediatica, soprattutto all'estero, verso gli indipendentisti catalani,  dipinti  come vittime di un potere illegittimo e illegale.  E, per contro, la cautela, del governo  spagnolo,   che finora ha  puntato su  un uso legalmente mirato  della forza, proprio per non attirarsi l’antipatia della pubblica opinione internazionale
Tuttavia, con la simpatia non si governa, né  si ottiene l’indipendenza. Quindi, se il braccio di forza proseguirà,  uno dei due contendenti, prima o poi,  non potrà non sguainare la spada.                 
            

Carlo Gambescia