Parigi sotto choc
Rassicurare, sopire spegnere
Gli autori degli eccidi di Parigi sono stati eliminati con una mobilitazione di
tipo militare che non ha precedenti recenti, se non nella guerra franco-algerina.
Però il sentimento che ora sembra prevalere, nonostante il dispiegamento di forze, è lo smarrimento. E non solo in Francia. Insomma, se reazione vi è stata, si è trattato di una specie di riflesso
burocratico del braccio poliziesco cui si è affiancata la tromba mediatica delle dirette, delle dichiarazioni politiche
scontate e delle polverose manifestazioni
di piazza. L’impressione è che, questa
volta, i politici (quelli chiusi fino a poche ore prime chiusi nei palazzi del
potere), come la gente comune (quella rimasta attaccata
alla televisione), abbiano capito che la guerra (perché di questo si tratta) sarà lunga, sarà dura, sarà difficile.
Una guerra ideologica, feroce e asimmetrica
con un nemico invisibile in casa…
Di regola, in guerra, i civili all'estero delle
nazioni nemiche vengono internati o espulsi. Ma come internare milioni di
cittadini francesi di religione islamica
? O espellere o impedire l’accesso a milioni di emigranti? E poi chi colpire militarmente? Come e dove? Anche perché occorrerebbero mezzi e risorse, materiali e politici immensi, di cui Francia ed Europa, al momento, non dispongono. Per non dire dell’Italia: non osiamo
immaginare quel che sarebbe successo se una cosa del genere fosse accaduta a
Roma o Milano.
Di qui, lo smarrimento della gente e della stessa sinistra, che però inizia, seppure confusamente, a capire che non basta fare la punta alle matite o scendere in
piazza per sconfiggere il nemico. Uno
smarrimento collettivo sul quale soffia invece una destra irresponsabile che, gridando alla contro-guerra santa, sembra
non aver compreso che la politica è arte del possibile:
commisurazione tra mezzi e fini. O se si preferisce "immaginazione del disastro".
Che fare? Alla guerra invisibile si dovrebbe rispondere
con una guerra invisibile, altrettanto feroce nella sostanza, ma fredda e mirata nella forma, tesa a eliminare le centrali del terrore con
ogni mezzo. Valutando di volta in volta
le possibilità di escalation regionale sulla base delle risorse politiche e
materiali disponibili allo scopo. Dietro,
naturalmente, una facciata politica fatta
di moderazione e buon senso verso l’Islam,
quantomeno per provare a dividerlo, favorendo, indirettamente, ovunque possibile regimi laici e processi di
secolarizzazione. E sempre con il sorriso sulle labbra e la mano tesa in segno
di amicizia.
Per fare tutto questo, i politici di destra e sinistra dovrebbe studiare o ristudiare da cima a fondo Machiavelli, i media collaborare, come del
resto l’apparato giudiziario. E tutti insieme rileggere anche Carl Schmitt. Stato di eccezione? Sì, ma senza dichiararlo. Rassicurare, sopire, spegnere.
Carlo Gambescia
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