La vittoria
di Tsipras e il ritorno di Carl Schmitt
Grazie, Grecia
di Teodoro Klitsche de la Grange
La vittoria – attesa – di Tsipras in Grecia è
l’ultimo (in ordine di tempo) sintomo che i popoli europei non sopportano più i
metodi di gestione della crisi, peraltro sospetti di essere messi in opera –
almeno in diversi casi – da chi ad aver provocato la stessa non era estraneo.
Il tutto fa seguito alle grandi affermazioni del
front nationale in Francia, del Movimento
5 Stelle in Italia, ed alla crescita generale dei partiti anti-sistema. Il
tutto si presta ad alcune riflessioni di carattere generale.
La prima: viene meno il continum – e la contrapposizione - destra-sinistra, che ha
condizionato la vita pubblica (e i sistemi politici) dalla Rivoluzione francese
in poi, ancor più nel secolo breve. La quale si fondava sull’identificazione
del nemico secondo la scriminante di classe: per il proletario il nemico era il
borghese e viceversa.
Crollato il comunismo tale dicotomia ha perso
senso. In conseguenza, secondo una regolarità
della politica, s’identifica un nemico nuovo;
onde la vecchia opposizione viene meno.
Prova di ciò è la diversità dei partiti che
guidano, nei rispettivi paesi, la lotta: un partito di (estrema) destra in
Francia, uno di (estrema) sinistra in Grecia, un movimento non iscrivibile
nella vecchia dicotomia e guidato da un comico in Italia, oltre a diversi
partiti regionalisti o (genericamente) di protesta in altri paesi. Tutti uniti
dall’avversione al nemico “nuovo” quanto diversi e addirittura opposti secondo
la vecchia contraddizione.
La seconda è che i sistemi politici si stanno
nuovamente polarizzando. La corsa verso il centro pare arrestarsi e si va
profilando un aumento delle “estreme”, con la novità (relativa) che convergono
(o tendono a convergere, diversamente da quanto accadesse in passato. Non
essendoci (o essendovi, ma più debole) una scriminante ideologica, ma
essenzialmente di interessi, la (parziale) coincidenza di questi fa si che la
contrapposizione “ideale” sia relativizzata.
Piuttosto il nemico diventa interno/esterno, un
po’ come quello delle guerre partigiane, condotte contro una potenza esterna e i
di essa collaborazionisti (interni); anche se la lotta non ascende al livello
della guerra tradizionale, neppure di bassa intensità (ossia resta lotta ma non
guerra). Si veda anche per il caso di Monti in Italia come il governo fosse
percepito quale collaboratore subordinato di un potere esterno; per cui questo
e quello sono considerati estranei, e di dubbia- o assente- legittimità.
Proprio il caso di Monti è emblematico: l’estraneità del quale al “circuito” democratico
è stata corroborata dei modestissimi risultati ottenuti nelle competizioni
elettorali successive: dal 10% alle politiche del 2013 al microscopico 0,7 %
delle europee del 2014. Anche nel caso della Grecia, anche se meno evidente che
nel caso italiano, i risultati del Premier uscente Samaras sono stati
largamente inferiori a quelli delle precedenti elezioni parlamentari (-6%);
occorre tuttavia notare che, diversamente da Monti, Samaras era stato
regolarmente designato dal corpo elettorale, e quindi aveva un “capitale” di
consenso, che mancava al nostro.
La terza riflessione è che il nemico ha, da
sempre, una funzione di ricompattamento dell’unità politica. Lo scriveva –
tanto per restare in Grecia – già Eschilo nelle “Eumenidi”: “E scambio ci sia di
gioie nella comune concordia; è unanime odio ai nemici: delle molte calamità
unica medicina è questa ai mortali”. Anche se nel caso contemporaneo il
“nemico”, non è uno Stato ma qualcosa d’altro (poteri forti, euroburocrazie e
così via). Tuttavia ha sempre l’effetto di scriminare chi fa parte della
comunità politica e chi ne è estraneo, interno ed esterno. La convergenza di
forze politiche d’origine così diversa ne è una conferma.
La quarta: scrive Schmitt che l’importante, in
politica, è individuare il nemico reale;
un errore su chi sia può portare alla dissoluzione di uno Stato, o alla perdita del potere da parte del capo e/o
dei ceti dirigenti. Combattere contro
nemici immaginari, peraltro è dannoso, perché serve solo ad occultare
l’esistenza e le trame del nemico reale. E ciò in un paese fondamentalmente
anticomunista e segnato, nel dopoguerra, da una sanguinosa guerra civile, aver dato il potere ad un esponente di estrema
sinistra non appare, come sarebbe sembrato mezzo secolo
orsono un errore fatale ma un atto di esatta percezione politica della concreta
realtà attuale (e dei relativi rapporti). Perciò occorre ripetere grazie,
Grecia.
Teodoro Klitsche de la
Grange
Teodoro Klitsche
de la Grange è avvocato,
giurista, direttore del trimestrale di cultura politica“Behemoth" (http://www.behemoth.it/ ). Tra i suoi libri: Lo
specchio infranto (1998), Il salto di Rodi (1999), Il
Doppio Stato (2001), L'apologia della cattiveria (2003),
L'inferno dell'intellettuale (2007), Dove va lo Stato? (2009), Funzionarismo (2013).
E' difficile trovare oggi, sia sul web che sui media nazionali, una analisi di tale spessore. I tromboni del sistema manco sanno chi sia il politologo tedesco. Grazie signor de la Grange.
RispondiEliminaAngelo, grazie a nome di Teodoro: questa è la sua pagina Fb: https://www.facebook.com/profile.php?id=100007669939120&pnref=story Se vuoi... :-)
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