Sangiuliano si è dimesso. Gonfio di rabbia, promettendo querele. Stia però attento alle controquerele. Giorgia Meloni ha parato il colpo. E probabilmente il suo governo potrà continuare ad assolvere la missione storica, di cui dice, e di cui però nessuno si è accorto.
Però i problemi, come scrivevamo ieri, di “società civile” restano. Non c’è classe dirigente da cui attingere professionalità (*). Chi è stato nominato Ministro della Cultura? Alessandro Giuli, un giornalista oggi organico a Fratelli d’Italia. Non si offenda per l’organico. Perché con la Meloni o si è del branco o si è fuori. E senza badge tricolore non si entra. E comunque sia, va riconosciuto, meglio lui, che Federico Mollicone.
Ora chi andrà al MAXXI, Osho? Al secolo Federico Palmaroli disegnatore di vignette, già elettore missino? Che Sangiuliano prima del ruzzolone aveva cooptato, così dicono i bene informati, nel comitato scientifico di una prossima mostra sul Futurismo?
Giuli, un ragazzo educato, un bel ragazzo, così lo ricordiamo, dai modi persino affettati, non certo da ruspante estremista di destra. Anzi timoroso. Lavorava all’archivio della Fondazione Julius Evola. I suoi articoli su “Linea”, giornale di destra, ma generosamente aperto a tutti i refrattari, uscivano con un nom de plume.
Però non si può dire che già allora studiasse da ministro. Certo ora lo è diventato, ma in fondo senza cambiare casacca. Da riva destra a riva destra. Anche per questo non sembra proprio, come qualcuno ha scritto, un “giornalista prestato alla politica”.
Al "Foglio", dove si è formato, ha scritto per anni di politica, piuttosto bene. Meno interessanti le paginate su Roma antica, il mito, la romanità, come universo compiuto e perfetto. Suoi cavalli di battaglia. Meglio quelli di Gigi Proietti.
Giuli, per quanto ne sappiamo, ha pubblicato sei libri, uno di poesie (Dadafleur), un romanzo (Nigredo), lavori, diciamo, così così. Illeggibile invece il libro erudito su Cibele (Venne la Madre). Sebbene il culto romano di Cibele riservi al lettore spunti piccanti tipo Gay Pride. Introvabile invece il testo sul sovranismo (Sovranismo per esordienti), forse sarà andato a ruba. Comunque non lo abbiamo letto. Nessuno è perfetto. Infine due libri “furbetti” sulla destra postfascista (Il passo delle oche e Gramsci è vivo), quest’ultimo non possiamo perdonarlo. Perché strizzare l’occhio a Gramsci, che neppure la sinistra legge più? Addirittura fin dal titolo? A destra non ne parla più da quarant’anni un cervellone come Alain de Benoist, che lo riscoprì e rilanciò. Oggi, Gramsci, al massimo, è materia per gli storici delle idee.
E poi, diciamola tutta, l’idea di egemonia culturale sa di stantio, puzza di scuola di partito, di intellettuali che devono suonare il piffero per il Principe, come scrisse quasi ottant’anni fa Vittorini in polemica con Togliatti.
Se la sente Alessando Giuli, che, invecchiando, ricorda nell' aspetto un imperatore romano da peplum film, una specie di Divo Giuli, se la sente, dicevamo, di suonare il piffero per Giorgia Meloni?
Comunque sia, auguri Ministro. E attenzione alle nuove sacerdotesse di Cibele. Bionde e con gli occhiali.
Carlo Gambescia
Nessun commento:
Posta un commento