martedì 24 settembre 2024

Giorgia Meloni e i due occidentalismi

 


Dobbiamo ammettere un certo imbarazzo. Almeno a prima vista. Nel discorso all’Onu e poi per così dire nel tête-à-tête con Musk, in occasione della consegna del Global Citizen Award (*), Giorgia Meloni ha detto cose non liberali, ma sicuramente “dalla parte dell’Occidente”. Che possono colpire l’attenzione anche di un liberale: multilaterialismo e critica dell’ autocrazia.

Però, solo per un attimo. Dal momento che Giorgia Meloni in realtà non ha speso una  parola sul significato dell’atlantismo, come  apportatore storico dei valori liberal-democratici.

Si rifletta su un punto, non secondario. Non si è parlato, partendo dal 1776, di un’ era  "atlantica" delle rivoluzioni democratiche  (il grande libro di Palmer, scritto sessant’anni fa, con pochi lettori in Italia), sedimentata negli Stati Uniti e nella Francia del 1789. Per giungere  al galoppo al 1945 e al 1989-1991. Anni spartiacque, in e per l’ Occidente: tra i difensori della libertà e i suoi nemici.

Esageriamo? "Roba" troppo da intellettuali, che vedono ovunque astrusi collegamenti?

Diciamo intanto, che ancora prima dei suoi elettori, è la stessa Giorgia Meloni a mostrare grandi limiti culturali, moltiplicati dall’analfabetismo illuminista dei consiglieri che la circondano, a partire da personaggi come Sangennaro, autore di prefazioni per sentito dire, e lo stesso Giuli, per il quale la storia comincia e finisce con Roma antica, meglio se arcaica e tribale.

Di conseguenza nei suoi discorsi all’Onu e alla Ziegfeld Ballroom, Giorgia Meloni non poteva volare alto. Oggettivamente. Perciò ha parlato, imbrogliando le carte, come gli studenti poco preparati di ciò che  sapeva o ricordava. Pertanto che ha fatto? Per dirla alla buona, si è buttata su ciò che conosce meglio, per eredità politica: il nazionalismo. Però sganciando la nazione, come prova il suo silenzio argomento, dalle Carte illuministe dei diritti dell’uomo e del cittadino: le vere radici dell’Occidente, grande difensore della società aperta.

Si vola troppo alto? Gli interessi della Meloni sono terra terra? E dettati dal giorno per giorno.?

Può darsi. In realtà, ammesso e non concesso lo sgrammaticato pragmatismo meloniano e dei suoi sodali, la difesa dell’Occidente sbandierata dinanzi all’Onu e davanti a Musk ( con un plusvalore di occhi dolci), è una difesa a metà (anche meno). Perché, si rifletta, che relazione possono avere le Carte dei diritti dell’uomo e del cittadino con i campi di concentramento per i migranti? Oppure con il Ddl sicurezza, appena approvato alla Camera, che tratta i detenuti nelle carceri, non pochi in attesa di giudizio, con criteri punitivi di epoca pre Beccaria. Detto altrimenti: in perfetto allineamento con una visione autocratica del diritto penale. O comunque ben avviata, per ora, verso il modello Orbán.

Si scorge il lato oscuro dell’Occidentalismo meloniano. Quale? Si riduce l’Occidente al concetto di nazione. Separandolo dalle Carte dei diritti. Prima viene la nazione poi l’individuo.

Ad esempio, il piano Mattei viene citato come un esempio di multilaterismo. Ora, a parte l’ inconsistenza economica del progetto (**), la sua articolazione  è basata sul più classico dei ricatti del potere: il rapporto di scambio  protezione-obbedienza: “Io stato italiano proteggo Te stato africano (stiamo semplificando) se impedirai ai tuoi cittadini di traferirsi in Italia”. Che poi, se trasposto sul piano europeo, significa la stessa cosa. “Io Europa, Tu Africa, eccetera, eccetera.

Il multilateralismo vero si svolge su un piano di parità. Di conseguenza il Piano Mattei è tutto eccetto che un esempio di multilateralismo.

Si noti poi un’altra cosa. Giorgia Meloni nei suoi discorsi non ha assolutamente speso una parola sul progetto di mercato transatlantico, di cui si era tanto parlato, e giustamente, tranne che negli ambienti nazionalisti, all’inizio degli anni Dieci del Duemila, durante la presidenza Obama.

Un presidente e un progetto che Trump ha sempre liquidato, da quel che complottista che era ed è, come il subdolo piano di un arcinemico degli Stati Uniti. Giorgia Meloni, come ogni buon nazionalista scorge nell’economia di mercato un fattore di dissoluzione dell’identità nazionale, figurarsi perciò un mercato Atlantico. Il che spiega il suo silenzio di occidentalista per caso o necessità.

Allora, concludendo, a cosa si riduce l’Occidentalismo di Giorgia Meloni? A una declamazione di quel che ha rappresentato la  grandezza e la rovina dell’Occidente: la nazione.

Grandezza, se collegata ai diritti dell’uomo, quindi pronta ad aprirsi all’ubi bene ibi patria. Rovina se sposata a idee razziste, quindi antilluministe e reazionarie, che vedono nella nazione il trionfo armato della razza.

Ovviamente sul piano giornalistico, dell’informazione rivolta alla gente comune, le nostre distinzioni risultano fin troppo sottili, addirittura incomprensibili, comunque petulanti e noiose.

Però, per capirsi, una volta per tutte: esiste un occidentalismo che pone i diritti prima della nazione e un occidentalismo che pone la nazione prima dei diritti. Il primo parla e si apre al mondo, il secondo parla a se stesso e si chiude al mondo.

Il primo può essere definito occidentalismo liberale, il secondo occidentalismo nazional-razziale. Giorgia Meloni e le nuove destre razziste difendono quest’ultimo.

Carlo Gambescia

(*) Per i testi dei discorsi, qui: https://www.governo.it/it/articolo/unga-lintervento-del-presidente-meloni-al-vertice-del-futuro/26616 e qui: https://www.governo.it/it/articolo/cerimonia-di-conferimento-del-global-citizen-awards-lintervento-del-presidente-meloni/26631 .

(**) Qui: https://carlogambesciametapolitics2puntozero.blogspot.com/2024/06/piano-mattei-tremila-trattori.html .

 

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