Abbiamo l’impressione, che al di là delle risate, risatine, battute e battutine social, sia sfuggito ai più, e in particolare ai mass media, il senso profondo di quanto dichiarato da Trump, con ghigno pseudohitleriano, davanti a un pubblico mondiale, sulla strage di gatti (semplificando) a Springfield, Illinois, che vede inevitabilmente colpevoli migranti haitiani al centro di un programma speciale, quindi regolari, eccetera, eccetera (*).
Trump rilancia, in modo spudorato, una fake news, messa in circolazione da influencer dell’ estrema destra repubblicana (*).
Qual è il senso profondo di tutto ciò? Che c’è chi crede a queste cose e c’è chi le usa politicamente. E che questo accade, dopo la sbornia propagandistico-totalitaria, che avvelenò il XX secolo. A cominciare dal quel capolavoro (si fa per dire) di purissima disinformazione politica, rappresentato dal Mein Kampf. Uno spaventoso fuoco di menzogne sugli ebrei. Credute però da milioni di persone fino all’ultima parola.
Che dire?
Si può fare, con Pareto, un discorso sui meccanismi psichici dell’uomo, sul famoso istinto delle combinazioni. Cioè riflettere sulla necessità umana di proporre gli accostamenti argomentativi più bizzarri pur di dare una spiegazione pseudorazionale alle cose. Si tratta come insegna Pareto di un residuo profondo, tipico del comportamento sociale.
Si può evocare la distruzione della ragione, frutto di interessi illeciti e valori inumani, come punto di arrivo della disgregazione morale del mondo borghese.
Si può proclamare la morte di dio, la catastrofe finale della folla solitaria, eccetera, eccetera, ma resta il fatto, il duro fatto, che c’è chi crede a queste fandonie e chi le usa più o meno spregiudicatamente per agguantare il potere. E, ripetiamo, è creduto. Rabbiosamente creduto.
Se Kamala Harris, rappresenta, ciò che un sociologo tedesco naturalizzato americano, Alfred Schütz, seguace di Weber e Husserl, definiva il “cittadino bene informato”, tollerante, che legge, ragiona, discute civilmente, mai risentito. Il citizen posato insomma. Donald Trump chi rappresenta?
Alcuni osservatori, piuttosto superficiali, definiscono Trump come il portavoce dell’uomo dimenticato (forgotten men). Dimenticato da chi? Da una democrazia liberale e da un mercato libero mondiale che in realtà, si dice, non sono tali. Che illudono, corrompono, eccetera, eccetera. Ma cosa c’entrano le presunte ingiustizie politiche ed economiche con la fake news sui gatti sterminati? Nulla.
Facendo un passo indietro, allora anche Hitler, a sua volta,
rappresentava l’uomo dimenticato dalla Repubblica di Weimar. Un paladino della giustizia sociale. Che però –
ecco il punto dolente della “teoria” – una volta inquadrato da
Hitler, si dedicò, in modo attivo o passivo, ad altre forme di
sterminio. Altro che giustizia sociale.
In realtà il vero punto della questione è che la retorica sull’uomo dimenticato è pericolosa. Giustifica una visione distorta della realtà. Non ci sono uomini dimenticati al cento per cento. Il confine tra fallimento individuale e fallimento sociale è molto sottile. L’attribuzione di responsabilità ha natura politica. Molto spesso propagandistica, folcloristica, moralistica. Ciò che per alcuni osservatori è fallimento sociale, per altri è individuale.
Inoltre l’uomo per natura sociale tende quasi sempre ad attribuire in modo codardo a soggetti esterni il proprio comportamento, giusto o errato che sia. L’esame di coscienza individuale, come patrimonio laico esteso a tutti gli uomini, ha pochi secoli di storia: il miracoloso portato del protestantesimo e dell’individualismo moderno. E deve tuttora sedimentare.
Si dimentica che il cosiddetto uomo dimenticato è un ignorante, credulone, spesso un fallito, che addebita i propri errori a entità esterne, dalla società a dio. Sotto questo aspetto l’idea trumpiana di un’ America più grande, rimanda al “Deutschland über alles”, condiviso e rilanciato dai nazionalsocialisti e dai milioni di volenterosi carnefici di Hitler.
L’ idea di un’ America più grande rappresenta l’entità esterna abbracciata dall’esercito di falliti che vuole votare Trump. Il quale indica loro il capro espiatorio: il migrante, Washington e il complotto federale, le élites ricche e corrotte, l’Europa pigra e insolvente, e così via.
Si dirà, che chi scrive è senza cuore, e che dimentica che talvolta l’uomo, pur non avendo nulla da rimproverarsi, precipita comunque verso il basso. Vero. Ma la percentuale di sfortunati e falliti, a meno che non si creda ancora nella pseudoteoria marxiana sulla caduta tendenziale del saggio di profitto, si è fortemente ridotta negli ultimi secoli. Il nostro mondo non sarà perfetto, ma resta, in cinquemila anni di storia documentata, il migliore dei mondi possibili.
Giochiamo sui grandi numeri? In fondo anche il nostro è una sorta di provvidenzialismo, come spesso si legge, “liberal-capitalista”? Predichiamo la rassegnazione? Giudichi il lettore.
Resta però il fatto che dietro la fake news sui gatti, dietro i creduloni, dietro i successi elettorali di Trump, si nasconde un elemento di risentimento sociale. Per alcuni giustificato, per altri no.
Alla sua base c’è, piaccia o meno, un fattore psicologico-morale,
ricorrente nell’uomo, di tipo sentimentale, non controllabile, frutto,
crediamo, dell’istinto paretiano delle combinazioni, un residuo sociale
che rende il presunto forgotten men molto pericoloso, perché in cerca
di capri espiatori. E quanto più lo si blandisce o giustifica, tanto più
diventa rabbioso. Proprio come negli anni di Weimar, quando nazisti e
comunisti, complice il disarmato pietismo di socialdemocratici e
democratici, affondarono la Prima repubblica tedesca. E Trump sembra
essere assetato di potere, proprio come Hitler. Ovviamente non è il suo clone, ma è molto pericoloso. Non solo per gli Stati Uniti ma per l'intero Occidente.
Se la situazione è questa, potrà bastare l’appello al posato citizen di Kamala Harris?
Carlo Gambescia
(*) Sulla fake news si veda qui: https://www.today.it/mondo/trump-harris-fake-news-gattini-oche-mangiati-haitiani-springfield.html .
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