Giorgia Meloni, zitta zitta (si fa per dire), si sta riposizionando verso Trump. La lunga marcia, non solo sua, potrebbe culminare in novembre con la vittoria elettorale del magnate statunitense e la conseguente svolta a destra, destra dura, isolazionista in politica estera e protezionista in economia.
La foto pubblicata su Fb da Giorgia Meloni, in compagnia di Mel Gibson, non è una cosa simpatica, uno scherzo, opera di due mattacchioni. Gibson, attore e regista, è la figura più rappresentativa del fondamentalismo religioso anti-Hollywood. Inutile dire che è un fans di Trump. Diciamo che è una specie di Steve Bannon con il pallino del cinema. Una cosa tremenda. Selfarsi con Gibson racchiude una vera e propria scelta politica per il lato peggiore degli Stati Uniti. A terrific bang…
Inoltre domani, 23 settembre, Giorgia Meloni riceverà dalle mani di Musk, altro pericolosissimo disadattato politico, amico e finanziatore di Trump, un prestigioso premio: il “Global Citizen Awards”. Incredibile, una nazionalista sfegatata, per non dire di peggio, come la leader di Fratelli d’Italia, assurge a cittadina del mondo. Dispiace dirlo ma negli Usa si continua a capire poco (per usare un eufemismo) delle cose politiche italiane. Sembra che gli americani abbiano dimenticato che il fascismo fu inventato in Italia.
Si dice che la Meloni abbia preteso la presenza di Musk, già suo ospite politico ad Atreju. Al voto manca poco più di un mese. Non è molto. Che dire? Se questa non è una scelta politica poco ci manca.
Capito? Questi sono gli amici americani di Giorgia Meloni: Gibson, Musk. E a breve Trump.
In Italia, i soliti melliflui commentatori politici parlano di prudenza meloniana verso Kamala Harris. Di posizione di equilibrio tra i due candidati. Si chieda, allora, alla Harris se è disposta a farsi un selfie con Gibson, da Hollywood bollato come fascista, o ricevere un premio dalle mani di un nevrotico politico (per non dire altro) come Musk…
La destra, sempre a caccia di uomini forti, da idoleggiare, non sembra rendersi conto che l’elezione di Trump avrebbe conseguenze gravissime per l’economia mondiale e italiana in particolare. Perché la stretta protezionista colpirebbe le nostre esportazioni verso gli Stati Uniti: una cinquantina di miliardi all’anno. Inoltre il quadro geopolitico generale, vittima del neo-isolazionismo di Trump, andrebbe a peggiorare. Si pensi solo ai possibili danni per la voce turismo: circa un centinaio di miliardi da tutto il mondo. In tutto, centocinquanta miliardi l’anno. Il Pil italiano è di milleottocento miliardi. Quindi andiamo oltre la diciottesima parte. Non poco.
Trump presidente sarebbe veramente una disgrazia (iattura avrebbe detto mio nonno). E non solo per l’Italia.
Un uomo, incostante di carattere ma dalle idee fondamentaliste, accentratore, violento, sospettoso, pronto a credere a qualsiasi fandonia complottista, una volta eletto, quindi al secondo mandato, perciò ancora più sicuro di sé, potrebbe addirittura apportare mutamenti istituzionali, volti a rafforzare i poteri presidenziali, con l’intenzione, per sua stessa ammissione, di punire i nemici politici. Trump è un presidente da guerra civile. Con conseguenze inenarrabili per tutto il mondo civile e liberale.
Per contro a trarre vantaggio dal vuoto politico americano sarebbero i nemici dell’Occidente: Russia, Cina e fondamentalismo islamico.
La cultura woke, il politicamente corretto, eccetera, fenomeni di costume, che l’imbastitura propagandista della destra dipinge come un pericolo, sono niente rispetto alla valanga politica reazionaria rappresentata negli Stati Uniti da Trump e Musk e in Europa da Meloni, Salvini, Abscal Conde, Orbán, Le Pen, Beck, Wilders e altri ancora.
In Italia, addirittura, la propaganda antiamericana, sotterranea o meno, è riuscita a presentare Biden come un rimbambito. In realtà, l’anziano presidente americano, che comunque ha fatto bene a passare la mano, ha fronteggiato molto bene l’aggressione russa all’Ucraina. Tanto di cappello.
Insomma, il nemico dell’Occidente liberale è ben oltre le porte della città, e lei, Giorgia Meloni, si fa un selfie con l’attore e regista politicamente più retrogrado degli Stati Uniti.
Se non è un chiaro messaggio questo… Altro che il woke.
Carlo Gambescia
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