Purtroppo la politica si riduce sempre a questione di coercizione fisica. Per milleni è andata così.
Negli ultimi secoli, i più fortunati della storia sotto questo aspetto, si è scoperto, e soprattutto teorizzato, il valore della libertà individuale, e di una politica, che invece di essere coercizione si propone come discussione.
Insomma, alla sparatoria si è tentato di sostituire il discorso pubblico a più voci.
Al riguardo, parlamenti, economie di mercato, società civile, sono i fattori e gli strumenti (al tempo stesso) di una società libera basata sulla discussione pubblica.
Un buon politico moderno non dovrebbe mai sposare la causa della ragione assoluta. Sintetizzando il concetto: “Noi abbiamo ragione, tutti gli altri torto”.
Anche perché, rifiutando di ricorrere alla sola forza del convincimento o comunque della discussione con chiunque non la pensi come “noi”, si rischia fortemente di avviarsi verso la strada minata della coercizione pura e semplice.
È verissimo che la politica è decisione. Però, modernamente parlando, la decisione deve essere preceduta dalla discussione. Anche perché si rischia di non essere capiti dagli elettori, o comunque dai cittadini, ai quali per anni è stata magnificata l’importanza del discorso pubblico, del voto, eccetera, eccetera.
Favorendo, tra l’altro, il gioco dei nemici del sistema politico moderno.
Sono considerazioni che nascono da una semplice osservazione: se il prossimo Natale sarà un nuovo “Natale di guerra”, il secondo in due anni, la gente, stanca, di una politica della coercizione, potrebbe essere tentata dalla la strada della protesta. Della “voice”, per dirla in sociologhese.
Già in questi giorni, e non solo in Italia, reagendo alle sole voci di un nuovo possibile giro di vite alcune persone sono scese in piazza.
Per quale ragione abbiamo parlato di Natale di guerra?
Perché la coercizione che in questi due anni ha impedito la libera circolazione di uomini e beni, è stata giustificata con la guerra al virus. Di qui, una serie di misure restrittive, come quando si entra in guerra (qui, si pensi solo coprifuoco), che ha minato la vita morale e materiale di milioni di persone.
Da ultimo, e la cosa sembra ora assumere l’aspetto di una vera e propria persecuzione, l’atteggiamento di chiusura verso coloro che non nutrono fiducia nel vaccino e temono le conseguenze illiberali racchiuse nell’ideologia proibizionista del “Green Pass”.
Ora, addirittura si parla di “Super Green Pass”, minacciando gravi ritorsioni nei riguardi di coloro che rifiutano di vaccinarsi.
Come si diceva all’inizio, alla fin fine la politica rischia sempre di ridursi a pura e semplice coercizione.
Non potendo convincere tutti – perché tra l’altro il dissenso fa parte della natura sociale dell’uomo – si rischia sempre di sposare, quanto più si ritenga una situazione eccezionale (come una guerra ad esempio), la logica di tipo imperativo: “Si deve fare questo, perché si deve fare questo”.
Ovviamente, il comando puro e semplice urta contro i moderni principi liberali, sicché si preferisce ricoprirlo con una foglia di fico: in questo caso quello della guerra al virus. Detto altrimenti: chi non si vaccina viene definito un traditore , quindi passibile di una specie di codice militare di guerra sempre al virus.
Questa logica, come spiegavamo ieri, prescinde dalla natura giusta o ingiusta della guerra – che è frutto di percezioni individuali e istituzionali – perché, una volta accettata, buone o cattive che siano le intenzioni, produce inevitabilmente quei processi inerziali (*), che, espungendo dalla politica il discorso pubblico, la riportano al suo grado zero: quello della coercizione pura e semplice .
Non per nulla abbiamo parlato di un Secondo Natale di Guerra, il Natale della stanchezza, dei dubbi, come mostrano due guerre mondiali (in particolare la Prima).
Per restare in metafora, il rischio è di favorire puntando sempre più sull’uso della coercizione, l’ammutinamento delle truppe nella guerra al virus.
Pertanto un buon politico – e diciamolo pure, un buon politico liberale – dovrebbe sempre sapere fin dove spingersi.
Il vero realismo politico consiste nell’ interrogarsi su come evitare la contagiosa lebbra delle “forze inerziali. Che comunque esistono, perché la sociologia come si dice per la matematica, non è un’opinione.
Però un cosa è essere al corrente della loro esistenza, un’altra favorirne lo sviluppo senza preoccuparsi delle conseguenze.
Carlo Gambescia
(*) Qui: https://cargambesciametapolitics.altervista.org/una-repubblica-fondata-sullinerzia/
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