La morsa, come senso di oppressione, di tormento, sono in pochi ad avvertirla.
La paura di ammalarsi, il conformismo, quindi il timore si esprimere pubblicamente il proprio pensiero, l’egoismo individuale mal diretto, magari verso lo smart working e una socialità dolciastra mediata dai social, sono autentici ostacoli cognitivi. Ammesso e non concesso che gli uomini al credere preferiscano il capire.
Sono tutti moventi psicologici e sociali che spingono verso una sola dimensione: quella dell’autodisciplina, che può tuttavia trasformarsi in un tempo, neppure troppo lontano, in servitù volontaria. In qualcosa di totalitario.
Del resto, la protesta è ristretta a gruppi di estremisti: gente che in fondo non ha nulla da perdere, già nemica del “sistema”, a prescindere, che coglie l’occasione per fare rumore. Gente marginale, liquidata, proprio perché tale, alla stessa stregua del tifo violento: la si lascia sfogare, controllando da lontano e intervenendo in chiave rapsodica per dare l’esempio.
Manca, per usare un termine alto, qualsiasi vero anelito di libertà. Sicché la morsa non si avverte.
C’è ma non si vede. I pochi, di regola studiosi e intellettuali, che avvertono i pericoli di questa situazione, nella migliore delle ipotesi vengono isolati e liquidati come “originali”, nella peggiore come i classici "nemici del popolo”.
Ho raccolto in un libro le mie osservazioni, molto critiche, su ciò può essere definito, l’ “Anno Uno”, il 2020, della controrivoluzione welfarista-sanitaria (*). Non dovrei dirlo, perché poco elegante, ma il libro spicca per valore predittivo.
Gli sviluppi previsti, sulla base dell’analisi sociologica, si sono puntualmente verificati. In particolare, la tesi degli automatismi, indotti dal mimetismo sociale, per cui la gente obbedisce ai colori.
Detto altrimenti, siamo davanti, ma amplificata, alla stessa logica delle centraline anti-inquinamento, basate su parametri manipolabili. Estesa alle misure anti-epidemiche, pardon anti-pandemiche.
Come il cane pavloviano, la gente reagisce, obbedendo al colore. È la tecnica del semaforo rosso: in pratica, si obbedisce, fermandosi all’incrocio, senza che nessuna entità fisica dia l’ordine. I giuristi, con il solito forbito gioco di parole, la chiamano norma endoattiva. Gentile, teorico del fascismo, laicizzando Agostino, parlava di stato in "interiore homine"... nobilitando la MVSN, composta di ex squadristi.
Il punto è che in questo modo la disciplina, non importa qui come ottenuta, viene elevata ad altissima virtù civica. Obbedire è bello.
Ma se il rosso semaforico indica un pericolo oggettivo, il rosso anti-epidemico, pardon anti-pandemico, indica un pericolo, tale però secondo un' interpretazione soggettiva del potere politico, coadiuvato da una scienza istituzionalizzata, che dipende dallo stesso potere politico: un circolo vizioso quindi.
Insomma, la strada verso il totalitarismo, come macchina politica impersonale sembra essere più aperta che mai.
Certo, qualcuno può passare con il rosso, ma la differenza statistica, come noto, è sempre a favore di coloro che si fermano all’incrocio. Il che, ripeto, se è giusto per un semaforo rosso, diventa meno giusto per un semaforo epidemico, pardon pandemico.
Qui, non è solo un problema di ingiusta estensione dei poteri dello stato, come ripetono alcuni liberali ridens.
In realtà, al centro della questione c’è l’atteggiamento del cittadino, giorno dopo giorno trasformato in suddito, che obbedisce in automatico, senza bisogno di ordini, come davanti a un semaforo rosso.
Perché, in fondo, per la stragrande maggioranza della gente, la libertà è un peso. Tutti si fermano, perché non devo fermarmi anch’io? In fondo è per il mio bene? Quel semaforo è lì per allungarmi la vita.
Ecco il ragionamento, che resta lo stesso, anche davanti al semaforo epidemico, pardon pandemico…
Dico questo, da liberale triste, non ridens. Impotente, dinanzi alla morsa, sempre più stringente, che soffoca, giorno dopo giorno, la libertà di tutti.
Anche dei passivi, di coloro, e sono tanti, che non sanno quello che fanno.
Chi perdonerà loro? Complici inconsapevoli di un potere sempre più oppressivo?
Carlo Gambescia
(*) Qui il mio libro, “Metapolitica del Coronavirus. Una diario pubblico”, Edizioni Il Foglio, 2021, postfazioni di Alessandro Litta Modignani e Carlo Pompei: https://www.ibs.it/metapolitica-del-coronavirus-diario-pubblico-libro-carlo-gambescia/e/9788876068287 .
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