mercoledì 24 novembre 2021

METAPOLITICA DEL CORONAVURUS, un ripassino (in vista della prossima “stretta”)

 


Sono mesi, anzi anni (perché ne sono trascorsi quasi due), che proponiamo una lettura tutta sociologica, o meglio metapolitica, di quel che sta accadendo. Abbiamo persino dato alle stampe un libro in cui sono approfonditi questi aspetti, Metapolitica del Coronavirus (*).

Il vero punto della questione, punto metapolitico, e non ci stancheremo mai di ripeterlo, non è rappresentato dall’efficacia dei vaccini, dalla natura del virus, dagli errori organizzativi, eccetera, eccetera. Ma da ciò che si potrebbe chiamare il “rischio metapolitico”.

Un aspetto che spesso sfugge alla stragrande maggioranza delle persone, attente soprattutto alle questioni di breve momento. Diciamo pratiche (non è una critica), anche perché di immediato impatto sulla vita quotidiana.

Aspetti anche di comprensione più semplice, come le precedenze sulla distribuzione dei vaccini (“Io ne ho diritto subito, quel signore no”), il rilascio dei pass (“Io farei così”…), oppure di natura più emozionale che razionale (“Se politici e vip si fanno il vaccino…”).

In realtà, nel marzo del 2020 è iniziato un radicale cambiamento di paradigma politico-sociale: se prima i margini di libertà dell’individuo (quindi, attenzione, “margini”; poi torneremo sul punto), non erano messi in discussione, perché comunque situati al centro o quasi di un paradigma in qualche modo liberale, che privilegia l’individuo rispetto allo stato, ora, dopo quasi due anni di pubblica emergenza, è il governo a dettare la linea e il cittadino a obbedire senza fare domande. Un governo, attenzione, che tende sempre più a identificarsi con lo stato.

Ecco, il mutamento di paradigma, cosa non nuova nella storia, rimanda al “rischio metapolitico”.

Ci spieghiamo meglio.

Se la metapolitica, come spesso ripetiamo, è lo studio di ciò che non cambia nei processi sociali e politici, di ciò che storicamente e sociologicamente rimane costante (le regolarità), il “rischio metapolitico” indica quanto un determinato sistema politico e sociale sia vicino a subire un danno connesso a circostanze più o meno prevedibili, proprio grazie a uno strumento analitico di prim’ordine rappresentato dallo studio delle regolarità metapolitiche.

Ad esempio, una prima regolarità politica è quella del processo con finalità egemoniche: nel senso che il potere, da chiunque sia esercitato e a prescindere dal regime politico, tende sempre all’autoconservazione, al dominio, spesso ad ogni costo.

Fenomeno, facilitato dal fatto – seconda regolarità, della persistenza delle élite – che comprova, sempre a prescindere dal tipo di regime, che sono sempre in pochi a gestire il potere.

Infine, terza regolarità,  quella dell’assenza di spazi vuoti, contesi dal conflitto tra forze centripete e centrifughe (ad esempio stato vs individuo):   quanto più il potere si concentra ed estende, a prescindere dalla natura delle ragioni evocate sul piano retorico, tanto più si riduce l’ampiezza della sfera di libertà del cittadino, o se si preferisce delle persone. E viceversa, ovviamente.

Queste tre regolarità (ma potremmo indicarne anche altre) sono rinvenibili nei processi politici e sociali in atto.

Si pensi al protagonismo egemonico di stato e governo (non arrestatosi con la sostituzione di Conte con Draghi): prima regolarità. Inutile dire – seconda regolarità – della natura elitaria, ristrettissima delle decisioni prese. Infine, si osservi, come dicevamo all’inizio, il mutamento di paradigma che vede al centro dell’agire politico, non più l’individuo, costretto a subire un duro processo di disciplinamento sociale, ma stato e governo come potenti forze centripete, terza regolarità.

Ora, si può intuire, come processi metapolitici di questo tipo, prescindano dalla questione delle intenzioni dei governanti. Insomma, dalla loro volontà, buona o cattiva che sia. Il che non depone a favore della popolarità tra i politici della metapolitica, che,  in quanto disciplina fondata sullo studio dei fatti,  uccide ogni retorica tesa infiorarli.  Se ci si passa la battuta, diciamo che è una scienza antipatica.

Certo, come anticipato, conoscendo e “praticando” (soprattutto) la metapolitica, certi errori politici si potrebbero evitare, o comunque attenuare. Nel senso di meditare bene, “prima” sulle conseguenze metapolitiche, quindi “dopo”, di ogni decisione.

Insomma, si tratterebbe di riflettere pacatamente, prima di sposare una causa, evitando di subire le emozioni del momento, oppure di abbandonarsi al delirio di onnipotenza, creando  false e pericolose aspettative nei cittadini.

E qui, a proposito di deliri, si torna alla prorompente carica statalista, o centripeta, racchiusa nella filosofia sociale, pseudo-assicurativa, del welfare state, che, già prima dell’epidemia, pardon pandemia, incideva, e non poco, sui margini di libertà dell’individuo. Ma questa (per oggi) è un’altra storia. O se si preferisce, una pena al giorno…

A proposito del prossimo CdM, si parla pomposamente “del varo” di nuove misure restrittive verso i cosiddetti “No Vax” e “No Green Pass”, perché, si dice, colpevoli di diffondere il virus. I mass media, parlano di “stretta” come se fosse la cosa più naturale del mondo.

Non sappiamo se le accuse rivolte verso il dissenso organizzato o meno, siano vere o false. In ogni caso, siamo davanti a una quarta regolarità metapolitica, quella dell’ uso dell’ideologia, in questo caso “del capro espiatorio”, per giustificare una decisione politica, presa, ovviamente, in chiave autoconservativa del potere, quindi con finalità egemoniche (prima regolarità).

Concludendo, in politica, si ragiona sempre il termini di “successo”. Per capirsi: se la “battaglia” contro il virus sarà vinta, allora si sosterrà che “i sacrifici” erano giusti, eccetera, eccetera. Oppure, in caso contrario, si parlerà della loro inutilità, magari, riabilitando i “No Vax” e così via.

In realtà, comunque vadano le cose, la metapolitica insegna che una volta cambiato paradigma sarà difficile tornare indietro, al “vecchio”… O comunque servirà tempo, molto tempo. E purtroppo questa è la cosa più grave.

O se si preferisce la cattiva notizia. E la buona, si chiederà il lettore? Per ora, non c’è.

Carlo Gambescia

(*) Carlo Gambescia, Metapolitica del Coronavirus. Un diario pubblico, postfazioni di Alessandro Litta Modignani e di Carlo Pompei, Edizioni Il Foglio 2021:   https://www.ibs.it/metapolitica-del-coronavirus-diario-pubblico-libro-carlo-gambescia/e/9788876068287

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