Comunque sia, il fascismo, puntando sul mito della “vittoria mutilata”, mito nazionalista, quindi di pura e cieca potenza, strumentalizzò il tricolore - ci si perdoni l’accento forse retorico - sui campanili di Trento e Trieste.
Bandiera sulla quale - il che va detto - socialisti e comunisti sputavano volentieri, insultando e malmenando ufficiali e soldati fieri delle medaglie eroicamente conquistate. La bestialità della reazione fascista, purtroppo si spiega “anche” con la cecità leninista della sinistra pseudobolscevica.
Nel Secondo dopoguerra la Repubblica catto-socialista pose l’accento sull’unità degli italiani e sulle forze armate, fin quando la vulgata pacifista e marxista, post sessantottina, ridusse l’Anniversario della Vittoria a un reperto archeologico, rispetto alla Nuova Era - sulla carta e nei sogni - della Pace Universale.
Si dirà che la nostra è una ricostruzione sommaria e di parte. Probabile. Per chi scrive la “Grande Guerra”, resta e resterà sempre la Quarta Guerra d’Indipendenza: una guerra combattuta per la “libertà” degli italiani di Trento e Trieste.
Perciò, ieri sera, non abbiamo potuto non gradire il docu-film, come si dice oggi, “La scelta di Maria”, rievocativo della tumulazione del milite ignoto nel 1921, trasmesso dalla Rai. Perché, come uno squarcio di luce, dopo anni di nuvolosa melassa pacifista, si è tornato a parlare senza mezza di termini, di “guerra per la libertà degli italiani”, recependo la grande lezione degli interventisti democratici, quasi tutti radicali, liberali, socialisti riformisti, perfino repubblicani.
Forze politiche, purtroppo all’epoca sparse, di cui Luigi Gasparotto, Ministro della Guerra (non della “Difesa”...) nell’ultimo governo liberale prima della Marcia su Roma, fu degnissimo rappresentante.
Gasparotto, già combattente, volle con tutte le sue forze la tumulazione del Milite Ignoto, presso l'Altare della Patria. Come segno dell' unità nazionale perseguita con la vittoria sull'Austria-Ungheria. Vittoria giustamente ritenuta in perfetta continuità con le guerre del Risorgimento. Senza però, per questo, rifiutare di stendere la mano al nemico sconfitto. E qui si pensi, alla figura emblematica di un Bissolati, favorevole all'autodeterminazione dei popoli slavi, malvisto dai socialisti e maltrattato dai fascisti.
Il respiro del “docu-film”, come recita il titolo, abbraccia la duplice tragedia di una madre, che ha perso il figlio in guerra e non ha una tomba sulla quale piangere... Che però viene chiamata a scegliere tra le undici salme di soldati ignoti quella che riposerà a Roma...
Al di là del dramma esistenziale, comprensibilissimo, domina, seppure sullo sfondo, la figura invisibile del figlio: maestro, e “irredento”, come si diceva allora, perché suddito austriaco, arruolatosi come ufficiale nell’esercito italiano, quindi disertore e traditore per gli austriaci. Ce ne furono molti. Tra i quali Cesare Battisti, catturato e giustiziato, senza tanti complimenti.
Insomma, una nobile pagina di storia italiana, mai digerita da fascisti, comunisti, democristiani (in particolare la sinistra cattolica), pacifisti tout court.
Guerra per la libertà. Oggi sembra quasi una bestemmia. Eppure per gli italiani di Trento e Trieste così fu.
Carlo Gambescia
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