lunedì 29 novembre 2021

“OMICRON” E I COSTI DELL’ISTERIA POLITICA E MEDIATICA

 


Non ci stancheremo mai di richiamare l’attenzione sul clima isterico a livello politico e mediatico che regna intorno all’epidemia, pardon pandemia.

Ora sembra giunto il momento di “Omicron”, la tredicesima variante (pare). Tutto però accade in un clima di incertezza, da ultimi giorni dell’umanità, in cui si evocano, con accenti spesso isterici, nuove chiusure.

Leggevamo alcuni giorni fa per ragioni di studio un libro sul Trecento europeo. Intorno alla metà del secolo si scatenò la “peste nera” che ridusse la popolazione europea, secondo alcuni storici di un terzo, secondo altri della metà.

Fu una catastrofe. L’Europa, diciamo politica e scientifica, che a quel tempo non poteva fare nulla, restò, ferma, passiva, autoflagellazioni e preghiere a parte.

Dopo di che si riprese. E nei secoli successivi conquistò il mondo e debellò, grazie alle conquiste della scienza medica, non poche malattie, anche molto contagiose come la peste.

Oggi, un’ Europa, che politicamente e scientificamente può tutto, sembra invece preda della classica “ansia psicomotoria”. Però collettiva.

Si teme di sbagliare, si teme di perdere il consenso. Però, proprio perché può tutto, l’Europa non può restare a guardare… Deve fare qualcosa… Di qui, un devastante attivismo politico, che, complice la cultura dello stato assistenziale, detta la linea.

Sicché si legifera, si minaccia, si chiude, senza fermarsi a riflettere sui veri termini della questione. A ogni minimo segnale, anche lillipuziano, si reagisce, in modo scomposto, senza interrogarsi sulle disastrose conseguenze delle decisioni politiche e mediche.

I mass media e i social producono in quantità industriale lanci e titoli, e i politici inseguono quei lanci e titoli. Dopo di che, di rimbalzo, seguono altri lanci e titoli, e così via. L’ansia si espande, la politica si avvita, seguendo una spirale che sembra inarrestabile.

In questo preciso momento è come se l’intera società – perché l’isteria politica è più contagiosa del virus – fosse prigioniera di una temibile ipocondria collettiva che trae alimento da una specie di delirio psicomotorio politico. Inutile discutere di dati obiettivi. L’ipocondriaco ascolta soltanto il medico capace di assecondarlo. Dopo “Omicron” ci sarà una nuova lettera dell’alfabeto greco. E così via.

Infatti, si legge, e si sente ripetere, che “dovremo abituarci a convivere” con questa situazione. Forse non ci si rende che in questo modo si teorizza una specie di società della sorveglianza sanitaria, rimodellata su un costrittivo sistema di protezione politico-medica. Qualcosa che l’Occidente non ha mai conosciuto.

Si diceva all’inizio della “peste nera” del Trecento. Gli uomini di allora, e per forza maggiore, subirono gli eventi.

Oggi invece la “passività” sembra essere il nemico principale della politica. Bisogna agire, bisogna fare, mai stare fermi, eccetera, eccetera.

Sia chiaro: non intendiamo fare alcun elogio della passività. Ci mancherebbe altro.

Però l’attivismo, che ha molti meriti, ha i suoi costi.

Ancora più alti, quando, come oggi, non si lotta contro “la peste nera”…

Carlo Gambescia

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