La vicenda di Charlie, un articolo dell' Osservatore Romano
Tutti peccatori, nessun
peccatore
Charlie e
Gesù
Cosa succederebbe se i genitori di Charlie Gard
trovassero Gesù che passa
per la strada? In mezzo al vociare di tanta gente,
ciascuno con la sua
opinione e voglia di dire la sua, cosa farebbe Gesù?
Viene fatto di pensare
che, davanti a questa tragedia umana come a tante altre
simili, Gesù non
direbbe niente, semplicemente si chinerebbe a disegnare
per terra e
aspetterebbe che si faccia silenzio. Non pronuncerebbe
alcun giudizio, ma
inviterebbe tutti ad andare oltre e a «non peccare
più», come si legge nel
vangelo di Giovanni (8, 11). Non sarebbe una
raccomandazione fuori
luogo? Dove si trova il peccato in situazioni come
questa?
Se peccato è rottura di equilibrio e di armonia,
risultato di confusione e
ignoranza ma anche inevitabile caduta dell’agire umano,
si può purtroppo
dire che il peccato qui è ovunque. È peccato la
mercificazione che si fa di
una sciagura familiare. Giornalisti affamati di notizie
ed esperti di vario
tipo si nutrono di questioni come questa per mestiere.
I commenti di
costoro possono essere come tante pietre lanciate
contro un bambino
senza difesa e i suoi genitori allo sbaraglio. È
peccato quello che nasce da
decisioni cliniche inevitabili che devono essere prese
come un aut aut
davanti a situazioni difficili o impossibili da
risolvere. È ugualmente
peccato quello di chi non vede e di chi consiglia e
illude malamente. È
infine gran peccato quello di imporre decisioni dal di
fuori, che
infrangono il sacro vincolo personale che lega figli e
genitori ma anche
medico e famiglia.
In risposta a tutto questo, l’esortazione di Gesù ad
andare oltre non
peccando più vorrebbe forse dire ritrovare nel silenzio
il mistero della vita
e lasciare con fiducia che
faccia il suo corso. (gianpaolo dotto)
Così
l’ “Osservatore Romano” di oggi sul piccolo Charlie.
Cosa dire? Si invita al silenzio, in una società, che vive di e per
la libera comunicazione sociale. Che c’è di più anti-liberale del silenzio
stampa? Per giunta imposto dall' "Alto"... Anzi dall'Altissimo...
È
la vecchia storia di una chiesa, organizzazione gerarchica per eccellenza, che, come giusto che sia (dal suo punto di
vista), non ha mai accettato le libertà moderne, se non per strumentalizzarle.
“Gesù
aspetterebbe che si faccia silenzio”. Diciamo che il primo a non comportarsi come il Gesù evocato da Gianpaolo Dotto, è proprio Papa Francesco, che non sta mai
zitto. Altro che "chinarsi e disegnare per terra"...
Però
ora sì. Si deve tacere. Curioso. Per quale ragione? Perché prendendo decisamente le difese di Charlie e della sua
famiglia, quindi in ultima istanza dell'individuo, si rischia di spiacere a quei poteri pubblici ai quali, volente o nolente, la chiesa si sente affine e dalla cui benevolenza in fondo dipende.
E
come? Ecco qui l' astuzia (per alcuni, da "gesuita"). Attaccando la “mercificazione” capitalistica della notizia e del libero dibattito. Come se la chiesa nella
sua lunga storia (quindi ben prima dell'avvento del capitalismo) fosse rimasta indenne dai processi di mercificazione. Un tempo si chiamava Simonia. Chiedere a
Lutero.
Però, ecco il punto, prendersela con il capitalismo è di moda, almeno da un paio di secoli. Inoltre, il mantra sulla
mercificazione ha una sua grande utilità: instilla nella mente delle persone la più perfida delle bugie. Quale? Che la società
occidentale, la più aperta della storia, sia in realtà chiusissima. Insomma, le identiche tesi di fascisti, comunisti e di quei controrivoluzionari cattolici, poi mascheratisi da modernisti, che non hanno mai ammesso la sconfitta.
Cristo,
si legge, inviterebbe a non peccare. Ma
se il peccato è ovunque, come scrive sempre Dotto, non è da nessuna parte: tutti peccatori,
nessun peccatore. Pura logica. E qui,
quando si dice il caso, si ritorna, “Al chi sono io per giudicare” di Papa Francesco. Solo però quando conviene.
Troppo comodo.
Carlo Gambescia