domenica 9 luglio 2017

La vicenda di Charlie, un articolo dell' Osservatore Romano
Tutti peccatori, nessun 
peccatore







Charlie e Gesù

Cosa succederebbe se i genitori di Charlie Gard trovassero Gesù che passa
per la strada? In mezzo al vociare di tanta gente, ciascuno con la sua
opinione e voglia di dire la sua, cosa farebbe Gesù? Viene fatto di pensare
che, davanti a questa tragedia umana come a tante altre simili, Gesù non
direbbe niente, semplicemente si chinerebbe a disegnare per terra e
aspetterebbe che si faccia silenzio. Non pronuncerebbe alcun giudizio, ma
inviterebbe tutti ad andare oltre e a «non peccare più», come si legge nel
vangelo di Giovanni (8, 11). Non sarebbe una raccomandazione fuori
luogo? Dove si trova il peccato in situazioni come questa?
Se peccato è rottura di equilibrio e di armonia, risultato di confusione e
ignoranza ma anche inevitabile caduta dell’agire umano, si può purtroppo
dire che il peccato qui è ovunque. È peccato la mercificazione che si fa di
una sciagura familiare. Giornalisti affamati di notizie ed esperti di vario
tipo si nutrono di questioni come questa per mestiere. I commenti di
costoro possono essere come tante pietre lanciate contro un bambino
senza difesa e i suoi genitori allo sbaraglio. È peccato quello che nasce da
decisioni cliniche inevitabili che devono essere prese come un aut aut
davanti a situazioni difficili o impossibili da risolvere. È ugualmente
peccato quello di chi non vede e di chi consiglia e illude malamente. È
infine gran peccato quello di imporre decisioni dal di fuori, che
infrangono il sacro vincolo personale che lega figli e genitori ma anche
medico e famiglia.
In risposta a tutto questo, l’esortazione di Gesù ad andare oltre non
peccando più vorrebbe forse dire ritrovare nel silenzio il mistero della vita
e lasciare con fiducia che faccia il suo corso. (gianpaolo dotto)




Così l’ “Osservatore Romano” di oggi sul piccolo Charlie.  Cosa dire? Si invita al silenzio, in una società, che vive di e per la libera comunicazione sociale. Che c’è di più anti-liberale del silenzio stampa?   Per giunta imposto dall' "Alto"... Anzi dall'Altissimo... 
È la vecchia storia di una chiesa, organizzazione gerarchica per eccellenza,  che, come giusto che sia (dal suo punto di vista),  non ha mai accettato le libertà  moderne, se non per strumentalizzarle. 
“Gesù aspetterebbe che si  faccia silenzio”. Diciamo che il primo a non comportarsi  come il Gesù evocato da Gianpaolo Dotto,  è proprio Papa Francesco, che non sta mai zitto. Altro che "chinarsi e disegnare per terra"... 
Però ora sì. Si deve tacere. Curioso.  Per quale ragione?  Perché prendendo decisamente le difese di Charlie e della sua famiglia,  quindi  in ultima istanza dell'individuo,  si rischia di spiacere  a quei poteri pubblici  ai quali, volente o nolente,  la  chiesa si sente affine e dalla cui benevolenza  in fondo dipende.  
Ci spieghiamo meglio. Siamo dinanzi a  una  "Chiesa-Padrona" che  abbraccia  uno "Stato-Padrone", altrettanto illiberale: due istituzioni che vogliono  “proteggere” i cittadini-fedeli  dalla culla alla tomba e oltre. Insomma, un paternalismo che sposa  un altro paternalismo. Per dirla, sociologicamente,  si condivide l'idea che  l'istituzione sia tutto, l'individuo nulla.   Sicché, dal momento che la chiesa è dalla parte di uno stato che decide vita e morte (come nel caso di Charlie),  si invita al silenzio, per non disturbare il manovratore, lo stato.  Può sempre tornare utile.   
E come?  Ecco qui l' astuzia (per alcuni, da "gesuita").  Attaccando la “mercificazione” capitalistica della notizia  e del libero dibattito.  Come se la chiesa  nella sua lunga  storia (quindi ben  prima dell'avvento del capitalismo) fosse rimasta indenne dai processi di mercificazione. Un tempo si chiamava Simonia. Chiedere a Lutero. 
Però, ecco il punto, prendersela con il capitalismo è di moda, almeno da un paio di secoli. Inoltre,  il mantra  sulla  mercificazione ha una sua grande utilità:  instilla nella  mente delle persone la più perfida delle bugie. Quale? Che la società occidentale, la più aperta della storia,  sia in  realtà chiusissima.  Insomma, le identiche tesi di fascisti, comunisti e di quei controrivoluzionari cattolici,  poi mascheratisi da modernisti,  che non  hanno mai ammesso la sconfitta.       
Cristo, si legge,  inviterebbe a non peccare. Ma se il peccato è ovunque, come scrive sempre Dotto,  non è da nessuna parte: tutti peccatori, nessun peccatore. Pura logica.  E qui, quando si dice il caso, si ritorna, “Al chi sono io per giudicare”  di Papa Francesco. Solo però quando conviene. 
Troppo  comodo.


Carlo Gambescia