La blacklist del Codacons sui
senatori che voteranno a favore
del decreto sui vaccini
“Collettività”, parola magica
Un
tempo si chiamavamo liste di proscrizione. Si usavano per i nemici del re e
della chiesa. Poi dei dittatori, oggi del popolo. Infatti le motivazioni, avanzate da Carlo Rienzi, presidente del Codacons, sono chiaramente populiste e si riducono alla solita questione dei presunti legami sistematici tra governo e case farmaceutiche.
Un nesso, ritenuto non solo scontato, ma, come dire, anche provato scientificamente, negli stessi termini - se si va a grattare la superficie retorica - del materalismo storico marxiano che, come noto, liquidava la politica come comitato d'affari della borghesia . Che finezza di pensiero. Auguri.
Quel che in realtà dà fastidio, non è tanto (o solo) la posizione di un gruppo di pressione (il Codacons) che, eventualmente, si oppone, ad altri gruppi di pressione (le case farmaceutiche, ad esempio), bensì l’approccio manicheo: il Codacons è il bene, tutto il resto il male. Anzi peggio, parrebbe infatti, come per altre “battaglie” a tutto campo di Rienzi, che anche questa volta siamo dinanzi a un demoniaco complotto permanente contro il povero cittadino, vittima di una qualche massa gelatinosa di lovecraftiana memoria : i mostruosi e vischiosi interessi privati, contro la "collettività"… Quindi, per fortuna che il Codacons c’è. Tutti a iscriversi...
“Pubblicheremo sul nostro sito web la lista nera con i nomi dei
senatori che si esprimeranno a favore del decreto 'vergogna', e chiederemo agli italiani di ricordarsi di loro alle prossime elezioni e
di non votarli. Questo perché il
decreto sulle vaccinazioni presenta una serie di criticità e di errori tali da
rappresentare un enorme danno per la collettività - sostiene Rienzi - trasferendo 1
miliardo di euro dalle tasche dei cittadini a quelle delle case farmaceutiche.” (*)
Quel che in realtà dà fastidio, non è tanto (o solo) la posizione di un gruppo di pressione (il Codacons) che, eventualmente, si oppone, ad altri gruppi di pressione (le case farmaceutiche, ad esempio), bensì l’approccio manicheo: il Codacons è il bene, tutto il resto il male. Anzi peggio, parrebbe infatti, come per altre “battaglie” a tutto campo di Rienzi, che anche questa volta siamo dinanzi a un demoniaco complotto permanente contro il povero cittadino, vittima di una qualche massa gelatinosa di lovecraftiana memoria : i mostruosi e vischiosi interessi privati, contro la "collettività"… Quindi, per fortuna che il Codacons c’è. Tutti a iscriversi...
In realtà, l’approccio
manicheo, non aiuta. Certo, in politica
e al tempo dei Social, chi urla più forte ha maggiori possibilità di vincere e
convincere. Ora, ammesso e non concesso che le case farmaceutiche ci guadagnino sopra, non si capisce perché lo stesso metro, dell’interesse, non possa essere esteso al Codacons, che ha i suo
capi, capetti, le sue ambizioni politiche, la sua organizzazione, i suoi costi,
eccetera, eccetera. Per carità tutto trasparente, tutto a norma di legge. Ma basta aver letto Michels per sapere che, sociologicamente, ogni organizzazione,
come qualsiasi altra istituzione sociale, non vive per gli altri, bensì per se
stessa: primum vivere. Insomma, ha un interesse privato. Tutto il resto, nel bene e nel male, si chiama effetto di ricaduta. Di che cosa? Di quella
mano invisibile, come insegnava Smith, che tramuta l’ interesse individuale in collettivo. La realtà sociale non si costruisce a tavolino: non si pianifica insomma, perché è il portato involontario di miliardi di azioni di individui che perseguono i propri interessi, materiali e immateriali. Quindi, per metterla in gergo calcistico:
Codacons 1 - Imprese Farmaceutiche 1.
Perché allora la gente comune crede di più a Rienzi e
meno alle imprese farmaceutiche. La spiegazione è facile. Perché per il
Codacons vale la magica parolina collettività, che invece non vale per le case
farmaceutiche, che difendono, e non potrebbero fare diversamente, i propri
interessi particolari.
Il vero punto allora è quello politico-linguistico e concerne una specie di divinità sociale: la collettività, entità fantasmatica nel cui magico nome tutto è permesso
e concesso. Purtroppo, siamo davanti ai "residui" (nel senso paretiano di qualcosa di profondo, che permane) di una visione
politica che rinvia all'immaginario socialista, comunista, fascista, nazista, ideologie
totalitarie per le quali la società è tutto l’individuo nulla.
Sono idee talmente radicate - soprattutto in Italia
dove pesa l’olismo cattolico - fino al punto che chiunque si erga e parli in nome della collettività, per statuto, viene considerato quanto meno in buona
fede. Mentre chiunque tenti di fare impresa, perseguire profitti, innovare, eccetera,
viene visto, piuttosto male, spesso malissimo, come portatore di interessi singolari privati, individuali,
particolari, personali che si oppongono e stridono con tutto ciò che è collettivo, comune,
pubblico, sociale, generale, unanime. Secondo l'immaginario "collettivista", in ogni imprenditore, per farla breve, si nasconderebbe un nemico del popolo.
Eppure se oggi siamo più sani, più
belli, più ricchi, il merito è del mercato e della libera impresa.
Tradotto: degli interessi particolari. Non collettivi. Interessi, questi
ultimi, che tra l’altro esistono solo sulla bocca dei profeti sociali e dei
sodali, tutti sociologicamente portatori, talvolta neppure sani, di interessi
privati.
Purtroppo,
su queste basi, profondamente radicate nella dicotomia,
pseudo-religiosa, a sfondo magico, tra il puro (il collettivo) e l’impuro (il privato)
qualsiasi conflitto distributivo diventa una lotta tra il bene e il
male. Il che spiega le liste di proscrizione.
Carlo Gambescia