La proposta di legge Fiano sull’apologia del fascismo
L’ incapacità di riconoscere il nemico
Crediamo
che il principale problema dell’Italia (
e dell’Europa), sia quello di non essere
più in grado di riconoscere il nemico. Come scrivevano Carl Schmitt e Julien Freund, ma si potrebbe risalire a Kautilya, dove non c’è il nemico, non
c’è politico: meccanismo fondato, per l’
appunto, sulla dicotomia amico-nemico. Anche perché, altro aspetto fondamentale. il non saper
riconoscere il nemico, non significa che il nemico non ci sia, o
addirittura non esista.
A tutto ciò pensavamo, a proposito della polemica sulla proposta di
legge del Pd (primo firmatario il deputato Fiano) che punta a recepire
organicamente nel codice penale il reato di propaganda del regime fascista e
nazista. Cosa vogliamo
sottolineare? Che, a parte le norme già
esistenti (leggi Scelba e Mancino), la sinistra in particolare, mostra di non capire che i veri nemici, da
contrastare anche con leggi ad hoc, sono
altrove.
Non
desideriamo entrare nella casistica giuridica della libertà di pensiero, anche perché sarebbe fin troppo facile
provare che l’apologia (il discorso) è una cosa, da punire con una sanzione pecuniaria, mentre la riorganizzazione (le squadracce) del partito fascista, un’altra, ben più grave. Distinzione che, tutto sommato, la
legge Scelba (di attuazione, eccetera, eccetera) aveva in qualche misura delineato. E che in seguito verrà perfezionata da una sentenza della Corte Costituzionale del 1957, che evidenzierà il legame - che va sempre rilevato per procedere - tra apologia e riorganizzazione (*). A
differenza della successiva legge Mancino, completamente devastata da un’ isteria politica, che rivela, in modo lampante, l' incapacità di riconoscere il nemico, inseguito perfino negli stadi, dove la conoscenza del fascismo rasenta o si mescola con quella dei cartoni animati per l'infanzia. Come del resto, la proposta di legge Fiano
che, dopo una sconvolgente ondata di attentati jihadisti, designa nel saluto romano un’arma pericolosissima. Nucleare.
Per quale ragione parliamo di isteria politica? Perché l’isteria politica è uno stato di confusione culturale
e “motoria”, nel senso che è madre e padre di decisioni pratiche, totalmente sbagliate,
o comunque ininfluenti dal punto di vista polemico (da polemos).
Domandona. In questo momento, qual è il nemico dell’Italia, dell’Europa e
dell’Occidente? L’Islam. Si dirà, che però lo
è nei suoi risvolti politici, sociali e militari, di tipo fondamentalista. Un “dettaglio”, perché quando c’è una guerra in atto, purtroppo, non si può andare tanto
per il sottile: primum vivere. E invece
qui si teme di offendere i musulmani, se ne incoraggia l’immigrazione in Italia
e in Europa, si brinda al multiculturalismo, eccetera, eccetera.
In
questo modo - ecco il punto - si rischia di creare le condizioni per reazioni di natura
razzista e fascista. Cosa, che in parte, per ora in piccola parte, sta avvenendo. E allora che fanno quelle volpi delle nostre classi dirigenti allo Zoloft umanitario? Decidono di mettere in prigione i
fascisti, che invece sono un inizio di reazione, per quanto incontrollata, all'isterica debolezza di classi politiche, incapaci di prendere qualsiasi misura, perché stentano a capire quale sia il vero nemico. Sicché il saluto romano - una volta interrotta la catena logica e ristretta temporalmente alla "reazione" fascista - diventa di colpo la causa di tutto, il male assoluto che deve essere stroncato. Post hoc, ergo propter hoc. Una tragedia politica. O meglio, dell'incapacità politica.
A proposito, camerateschi saluti. Da un liberale.
Carlo Gambescia
(*) Si veda AA.VV., Enciclopedia del diritto, Giuffrè, Milano 1967, vol. XVI, ad vocem, pp. 920-922)