martedì 11 luglio 2017

La proposta di legge Fiano sull’apologia del fascismo   
L’ incapacità di riconoscere il nemico



Crediamo che il principale problema  dell’Italia ( e dell’Europa), sia quello di  non essere più in grado di riconoscere il nemico.   Come scrivevano Carl Schmitt e Julien Freund, ma si potrebbe risalire a Kautilya,  dove non c’è il nemico, non c’è politico: meccanismo  fondato, per l’ appunto, sulla dicotomia  amico-nemico.  Anche perché, altro aspetto fondamentale.  il non saper  riconoscere il nemico, non significa che il nemico non ci sia, o addirittura  non  esista. 
A  tutto ciò pensavamo,  a proposito della polemica sulla proposta di legge del Pd (primo firmatario il deputato Fiano) che punta a recepire organicamente nel codice penale il reato di propaganda del regime fascista e nazista.   Cosa vogliamo sottolineare?   Che, a parte le norme già esistenti (leggi Scelba e Mancino), la sinistra in particolare,  mostra di non capire che i veri nemici, da contrastare anche con leggi ad hoc,  sono altrove. 
Non desideriamo entrare nella casistica giuridica  della libertà di pensiero, anche perché sarebbe fin troppo facile provare che l’apologia (il discorso) è una cosa, da punire con una sanzione pecuniaria, mentre la riorganizzazione (le squadracce) del partito fascista,  un’altra, ben più grave. Distinzione che, tutto sommato, la legge Scelba (di attuazione, eccetera, eccetera) aveva in qualche misura delineato.  E che in seguito verrà  perfezionata da una sentenza della Corte Costituzionale del 1957, che evidenzierà il legame - che va sempre rilevato per procedere -  tra apologia e riorganizzazione (*). A differenza della successiva  legge Mancino, completamente devastata da un’ isteria politica, che rivela, in modo lampante, l' incapacità di riconoscere il nemico, inseguito perfino negli stadi, dove la conoscenza del fascismo rasenta o si mescola con quella dei cartoni animati per l'infanzia.  Come del resto, la proposta di legge Fiano che, dopo una sconvolgente  ondata di attentati jihadisti,  designa nel saluto romano un’arma pericolosissima. Nucleare.  
Per quale ragione parliamo di isteria politica? Perché l’isteria  politica è uno  stato di confusione culturale e “motoria”, nel senso che  è madre e padre  di decisioni pratiche, totalmente sbagliate, o comunque ininfluenti dal punto di vista polemico (da polemos).
Domandona. In questo momento, qual è il nemico dell’Italia, dell’Europa e dell’Occidente?  L’Islam. Si dirà, che però lo è nei suoi risvolti politici, sociali e militari, di tipo fondamentalista.  Un “dettaglio”, perché  quando c’è una guerra in atto, purtroppo, non si può  andare tanto per il sottile: primum vivere.  E invece qui si teme di offendere i musulmani, se ne incoraggia l’immigrazione in Italia e in Europa, si brinda al multiculturalismo, eccetera, eccetera.
In questo modo -  ecco il punto -  si rischia di   creare  le condizioni per reazioni  di  natura razzista e  fascista. Cosa, che in parte,  per ora in piccola parte,  sta avvenendo.  E allora che  fanno quelle volpi delle nostre classi dirigenti allo Zoloft umanitario?  Decidono di mettere in prigione i fascisti, che invece sono  un inizio di  reazione, per quanto incontrollata,  all'isterica debolezza di classi politiche, incapaci di prendere qualsiasi misura, perché stentano a capire quale sia il vero nemico. Sicché il saluto romano - una volta interrotta la catena logica  e ristretta temporalmente alla "reazione" fascista - diventa di colpo  la causa di tutto, il male assoluto che deve essere stroncato.  Post hoc, ergo propter hoc.  Una tragedia politica.  O meglio, dell'incapacità politica.  
A proposito, camerateschi saluti. Da un liberale.

Carlo Gambescia 
(*) Si veda AA.VV.,  Enciclopedia del diritto, Giuffrè, Milano  1967, vol. XVI, ad vocem, pp. 920-922)