La sentenza su “Mafia Capitale” e la
delusione dei “Giornaloni Unificati”
A Roma non si usava la lupara
Sintomatica
la delusione dei "Giornaloni Unificati" (d'ora in avanti, GU), a proposito della sentenza su “Mafia capitale” che
azzera una bufala politica: quella di Romolo e
Remo con la lupara… Ma, sintomatica, di che cosa? Di aver visto andare a fondo il teorema
della “cupola” di cui parlavamo ieri, applicato a Roma. Così amato da certo giornalismo del cupio dissolvi, per dirla dottamente. Oppure, se si preferisce, "del tanto
peggio tanto meglio": il vischioso pantano ideologico dove sguazzano beatamente i GU. Che,
consapevolemente o meno, con questo fare giustizialista, sono riusciti a
spianare la strada al populismo grillino. Complimenti.
Si
dirà ma “Corriere della Sera”, “Repubblica”, “Stampa”, sono politicamente moderati.
Sì, ma non quando si parla di giustizia. Soprattutto se applicata alla destra berlusconiana e al
centro-sinistra renziano: i nemici per eccellenza dei salotti buoni ("Ma che bontà, ma che bontà, questa sinistra qua"). Esiste, infatti, una sorta di riflesso condizionato verso tutto ciò
che si oppone a certo moralismo sinistrorso di casa nei GU. Una reazione che, politicamente parlando, ha radici antiche: si potrebbe arrivare fino a Felice Cavallotti (che però non temeva i duelli...). Parliamo di un
moralismo flaccido che non va per il sottile, imperniato sulla "questione morale", ma solo quando tocca agli altri... O meglio, ai nemici politici. E che interpreta la storia d’Italia a senso unico: come storia di un leggendario malaffare, sullo sfondo del perverso connubio tra mafia e politica, cadendo così nella fallacia (argomentativa) dell'accidente converso. Tradotto: della generalizzazione affrettata.
Pertanto
il “caso Roma”, per i GU non rappresentava che un altro
ghiotto passo verso la prova definitiva
di un teorema politico-giudiziario. Insomma, gioco ricco mi ci ficco. E invece è andata male. Sembra che ogni tanto, anche in Italia, ci sia un giudice a Berlino. Il che spiega i
titoli aciduli.
Invece
di indagare sulle ragioni sociologiche di quel “mondo di mezzo”, il mondo degli appalti pubblici e della piagnucolose cooperative sociali, i GU sono saliti in cattedra, facendo finta di non vedere che il male è in un’economia
pubblica, corrotta proprio perché pubblica. Che dispensa soldi dei contribuenti
a destra e manca. Perché?
Per la semplice ragione che i GU continuano a succhiare finanziamenti pubblici,
seppure indiretti, proprio come faceva il vampiro Buzzi: il principio era ed è lo stesso. Come ad esempio sul piano
fiscale: IVA ridotta o esente. Fortunatamente, sono state sospese le agevolazioni postali (al
2012 le poste avanzavano crediti per 251 milioni euro) e quelle
sul prezzo "politico" della carta (*). Si dirà, poca cosa alla fin fine. Ma, talvolta, a pensar male...
E comunque sia, al di là delle questioni ragionieristiche, c’è un male più profondo: quello dell’assoluta
mancanza, da parte dei GU del senso della dignità nazionale. Qui siamo veramente al di sotto del minimo sindacale. Ci spieghiamo: l’idea che i panni
sporchi si debbano lavare in famiglia, non ha alcuna nobilità morale. Ma che pensare dell’idea di veicolare all’estero, senza avere alcuna prova, l’immagine di una Roma, capitale d'Italia, armata di lupara? Che razza di messaggio si è trasmesso?
E parliamo di giornali italiani
che fanno opinione all’estero. Che giornalismo di merda (pardon).
Ora i giudici hanno rimediato. Ma l'immagine di Roma è compromessa. Al posto del sindaco, chiederemmo i danni...
Carlo Gambescia