Le
ragioni della guerra e della pace
Un lettore mi scrive:
Gentile
Carlo, la seguo sempre con molto piacere, posso chiederle di essere più
dettagliato in proposito? Come Europa dovremmo occupare la Siria per sradicare l'ISIS? Quali sono gli altri
nemici e quali mezzi dovrebbe usare l'Europa? Invasioni preventive? E sul piano
interno? Grazie
Jacopo Panunzio (*)
Domanda
interessante, per varie ragioni. Merita
un post.
In
primo luogo, si tratta di un quesito da Social. Che cosa intendo dire? Si presuppone che l’autore del post sia in grado di rispondere
a tutto. Cioè che non si abbia dinanzi un modesto sociologo, ma un
tuttologo. Qualcuno penserà: troppo
facile, metterla così, lanci il sasso per poi nascondere la mano: se, le cose stanno così (non sei un tuttologo), delimita il campo degli argomenti da trattare, in questo modo eviterai
domande “tuttologiche”. Cosa che, in verità, già faccio, privilegiando, come i
miei lettori sanno, il lato sociologico
delle questioni. Però poiché siamo sui Social - un poco come capita al professore finito in mezzo ai
quattro amici del bar sport - si esigono risposte, a prescindere, dal “maestro di color che sanno”... Ergo.
In
secondo luogo - ed entro nel merito del quesito - non è facile rispondere alla domanda, oltre
che soggettivamente (la mia preparazione specifica), oggettivamente ( perché i
temi della guerra e della pace, di regola, infiammano i cuori). Vengo però subito al punto.
Comprendo lo scetticismo (così mi pare) del signor Panunzio: l’Europa è politicamente disunita; le forze militari inadeguate (anche se l'Isis, per ora, sul piano della guerra guerreggiata, in campo aperto, più debole di noi); la popolazione europea debellicizzata; il Medio
Oriente, dulcis in fundo, un ginepraio politico- religioso. Per non parlare del cinismo (ma nelle
relazioni inter-statali è la regola) dei possibili alleati esterni ( Stati Uniti,Russia e indotto turco): come convincerli a una grande alleanza con un'Europa decadente? In effetti, in questo quadro (disastroso) puntare sulla
guerra preventiva, l'occupazione, eccetera, ammesso che si riesca
a “mettere insieme una squadra”, sarebbe rischioso. Anche perché le guerre (se
mal condotte) possono innescare
rivoluzioni interne. Una guerra perduta potrebbe uccidere la liberal-democrazia europea. Se vinta, però, rafforzarla (certo, con controindicazioni circa il nuovo ruolo dei militari vittoriosi).
In
alternativa, si potrebbe continuare a sperare che la Russia, stabilizzi da sola la situazione, che, magari, gli Stati Uniti, a loro volta, facciano un passo indietro
(accordandosi con Putin, ma a quel punto il “bottino” di guerra sarebbe cosa
loro), che Sciiti e Sunniti riescano a regolare in solitudine i propri conti e che,
di conseguenza, diminuiscano i flussi di profughi verso l’Europa. In questo
quadro, noi dovremmo solo preoccuparci di gestire la sicurezza interna dell’Europa
e il flusso (calante, ci si augura) dei profughi. E questa, in teoria,
sarebbe la scelta meno rischiosa, quantomeno sul piano del controllo sociale interno. Sorvolando
sulla triste sorte delle vittime di
sporadici ( come si spera) attentati terroristici. Sicché, probabilmente il regime liberal-democratico,
anche se blindato sul piano delle libertà (ma pure una guerra esterna imporrebbe vincoli), sarebbe in parte
sfigurato, ma complessivamente meno a
rischio. Tuttavia, fino a quando? Soprattutto se la pressione terroristica, dovesse aumentare fino a farsi insostenibile?
Tertium non datur.
Tertium non datur.
Carlo Gambescia
http://carlogambesciametapolitics2puntozero.blogspot.it/2016/12/lattentato-jihadista-di-berlino-il.html
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