Camion contro la folla a Berlino, probabile
attentato jihadista
Pareto e i pericoli di un mondo
post-borghese
Quel che è accaduto a Berlino, altro probabile e feroce
attentato jihadista (per non parlare dell’esecuzione in diretta
dell’ambasciatore russo in Turchia
ad opera di un altro esaltato islamista) ci ha ricordato una pagina di Pareto.
Leggiamola insieme.
“ I
borghesi vogliono due cose contraddittorie, cioè. 1) che siano difesi i loro
beni; 2) che non si versi il sangue degli avversari. Quindi carabinieri e soldati debbono andare a
difendere quei beni, e per non urtare i sensibili nervi della borghesia debbono
lasciarsi accoppare senza fare uso delle
armi” (*).
Al
di là della contestualizzazione ( Pareto si riferiva ai conflitti sociali di
inizio Novecento, che vedevano i socialisti e sindacalisti rivoluzionari all’attacco e la borghesia, impaurita, sulla difensiva),
resta l’importante riflessione su un certo tipo di mentalità, fiacca se non da
veri e propri rammolliti, che oggi sembra prevalere a tutti i livelli: si temono e condannano gli attentati, ma non si vuole fare una
guerra, inchinandosi alle ragioni di un pacifismo e umanitarismo diffusi tra le
classi dirigenti come tra la gente comune: atteggiamento decadente che non ha nulla a che vedere con il coraggio se non la temerarietà del borghese costruttore di una civiltà che probabilmente non conosce eguali nella storia umana.
In questo senso si
potrebbe parlare di malinconica vittoria del post-borghese universale, satollo e vigliacco, che si illude di potere conservare, senza
spargimenti di sangue, ciò che invece il borghese si
è guadagnato sui mari, nelle fabbriche,
negli studi e anche sui campi di battaglia, mostrando di non aver paura
di nessuno, con l'operosità, la determinazione, l'astuzia e quando necessario il ferro della
spada.
Davanti al nemico, per batterlo, dobbiamo tornare alle radici, allo spirito corsaro: a Drake.
Su la testa!
Carlo Gambescia
(*) Vilfredo Pareto, Lettere a Maffeo Pantaleoni, a cura di G. De Rosa, Banca Nazionale Nazionale del Lavoro, Roma 1960, vol. II, pp. 91-92 (lettera n. 587,
Céligny, li 4 maggio 1908)
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