Bilancio 2016
L’Italia, non è un paese per liberali?
Ecco la prima pagina di
“Libero”, 30 dicembre 2016. Che dire? Una vergogna. Il titolo conferma che l'Italia non è
paese per liberali. O no? Di
sicuro, quel che è più triste è che parliamo di un quotidiano che si
definisce liberale. In realtà - pensiamo all’Italia - non è stato sempre così.
Fortunatamente. E qui è necessario, prima di proseguire nell’argomentazione,
fornire una definizione di
liberalismo, diciamo pratica. Per
avere una pietra di paragone.
Il
liberalismo implica l'accettazione di tre punti fondamentali: a) la centralità di un individuo libero responsabile, che però non rifiuti il rischio, soprattutto economico;
b) la politica come civile, composto, pacato discorso pubblico tra i rappresentanti del popolo; c) la sostituzione, per cerchi concentrici ( partendo dall'individuo), dell’internazionalismo economico al particolarismo politico. Tradotto: Italia, Europa, Mondo.
Pertanto - come fa “Libero” - difendere il singolo,
coccolandone, come dire, l'individualismo protetto;
disprezzare la classe politica per partito preso, usando un linguaggio
feroce e triviale; rinfocolare, a prescindere, l’odio tra le
nazioni, non è sicuramente liberale. Si
pensi solo al titolo contro
l’Europa: ci riporta indietro di
duecento anni. Fa pensare - semplificando - agli “economisti” codini della
Restaurazione, anti-risorgimentali, che auspicavano il ritorno all’Italia delle
dogane pre-rivoluzionarie. In una parola a un’Italia pura espressione
geografica… Un’Italia anti-liberale (*). Certo, il Risorgimento non fu una passeggiata, ma impose un doppio processo di
unificazione interna e apertura esterna, che nonostante il protezionismo
crispino e fascista, le disavventure coloniali e l’ultimo disastroso conflitto
mondiale, ha fatto crescere e prosperare
l’Italia nel nome di una visione, piaccia o meno, liberale.
Una concezione politica che, "Libero" rifiuta, nonostante la testata inneggi alla libertà. Perché "Libero" difende, dinanzi all'unificazione europea, le stesse ragioni dei reazionari
pre-unitari. Roba vecchia, insomma, aria fritta e rifritta in salsa (avvelenata) anti-liberale. Certo, oggi il nostro
Cavour, si chiama Angela Merkel, che in gioventù studiò il russo, Renzi ha la centesima parte del fegato di Mazzini, e
il solo accostamento del nome di Gentiloni a Garibaldi, può provocare
ilarità. Per non parlare, in un' Europa repubblicana e senza veri punti di riferimento politico, dell'assenza di figure politicamente energiche come Vittorio Emanuele II, Napoleone III , Palmerston. Con una analogia di fondo, però. Anche allora il popolo, in larga parte, remava contro. Non capiva, come avviene oggi, l’importanza del
processo di unificazione. Il liberalismo, piaccia o meno, è per pochi ma
buoni: una vera aristocrazia dell'intelligenza, della cultura e della politica. Diremmo dell'eleganza politica, talvolta però, fin troppo esibita da alcuni professori. Chiamasi anche "dottrinarismo". E in ciò risiede la forza e la debolezza del liberalismo. Ne va preso atto, onestamente.
Diciamo però, altrettanto onestamente, che l’idea liberale è grande e gli uomini (spesso) piccoli. E, almeno per oggi, questo passa
il convento... Bisogna perciò resistere. L'Italia può tornare ad essere un paese per liberali in un'Europa liberale. Ciò che è importante è non tradire l' "ideale", non farsi abbindolare, se ci si perdona la caduta di stile, dalle "sparate" di “Libero” e della destra italiana
pseudo-liberale, regredita e appollaiata su posizioni fasciste e populiste.
Viva
l’Italia, viva l’Europa, viva il Liberalismo. Buon 2017
a tutti i lettori.
Carlo Gambescia
(*)
In argomento si legga il bel saggio di Corrado Rainone, equilibrato e ancora
godibile, Liberisti e liberali: pensiero
economico e pensiero politico in Italia, avanti il 1861, in AA.VV.,Nuove questioni di storia del Risorgimento
e dell’Unità d’Italia, Marzorati, Milano 1976 pp. 513-564.
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