Marra arrestato. La Raggi e la nuova bufera sul
Campidoglio
La
sindrome dell’assistente sociale
Il
caso Raggi e di altri amministratori del M5S incapaci di comprendere che la
politica implica capacità di giudizio e di decisione, andrebbe meglio analizzato sotto il profilo
dell’analisi sociologica e in particolare demo-sociale e socio-culturale. Purtroppo, mancano ancora studi esaustivi sulla formazione
sociale delle classi dirigenti pentastellate (provenienza, titoli di studio, socializzazione politica, reti
relazionali e professionali). Pertanto potremmo qui avanzare solo una ipotesi,
come dire, espressionistica, quindi più generale, se si vuole astratta, intuitiva, che quindi andrebbe comprovata sul campo. L'ipotesi è questa: il dirigente cinquestelle (dall’attivista al
parlamentare) sembra soffrire della sindrome dell’assistente sociale. Ci
spieghiamo subito.
La
politica può essere interpretata in due modi: come lotta per il potere (come è nei fatti) e come
professionismo dell’aiuto sociale (come dovrebbe essere, secondo alcuni, negli ideali). Quando
si lotta per il potere, il cittadino è portatore di bisogni, che sono il mezzo
per conquistare il potere; quando ci si considera professionisti dell’aiuto sociale, il
cittadino non è più mezzo ma fine, qualcosa da assistere, se non coccolare.
Si
dirà, che la politica come prolungamento dell’assistenza sociale è sicuramente
qualcosa di meraviglioso. In realtà non è così, perché la politica, è
innanzitutto lotta per il potere, dove ovviamente i bisogni dei cittadini sono
importanti, ma finalizzati al consenso e alla conservazione del potere. Di conseguenza, il comportarsi da assistenti
sociali, in un quadro organizzativo, dove la lotta per il potere - come deve essere - è senza quartiere, significa, per dirla con il Manzoni, essere
come un vaso di terracotta costretto a viaggiare tra i vasi di ferro. La politica (anzi il Politico), insomma, ha le sue regole. E si vendica sempre.
L’ideologia
della politica come assistenza sociale può andare bene, come velo retorico per guadagnare voti, non come
principio assoluto, da applicare anche agli aspetti organizzativi della
politica, dove invece è necessario non essere mammole ma comportarsi da volpi e leoni. Il che spiega il progressivo l’isolamento dei cinque stelle, che si ostinano a credere, in un mondo di lupi
(come è e non come dovrebbe essere), che la politica sia
pura e semplice dedizione sociale. L’estensione politica di “Medici senza
frontiere”...
Attenzione,
non è una questione di ingenuità dei pentastellati, e quindi superabile nel tempo: la politica come assistenza
sociale dei cittadini, visti esclusivamente come portatori di bisogni (si pensi
solo al principio del reddito di cittadinanza)
è nelle radici ideologiche stesse del “non partito” di Grillo. Il che spiega quella rigidità - si pensi alle stupidaggini della Raggi - che non può non confliggere con le necessità
della politica (fatte di giudizi e decisioni);
necessità che alla fine conducono all’errore, perché si deve giudicare e
decidere, e bene, spesso in tempi
brevissimi; necessità che spiegano, ripetiamo, l’isolamento
politico totale in cui si trova ora il M5S: in parte voluto ideologicamente, in parte
indotto, dallo scarso appeal
relazionale, di un “non partito”, i cui
dirigenti credono che la politica sia rigida e moralistica applicazione delle leggi quale sviluppo della
solidarietà sociale universale. E quanto più il M5S si irrigidisce ideologicamente
tanto più si isola dal resto della società, in particolare da quella che conta in un mondo politicamente complesso, rischiando una sorta di progressivo burn out politico. In definitiva, però, le cose non possono che andare
così. Perché l’irrigidimento ideologico
è la reazione tipica (o classica) di quelle organizzazioni politiche che vivono in modo totalitario il proprio credo, prescindendo dalla lezione dei fatti. E che non cessano mai, altro aspetto curioso
(ma fino a un certo punto), di interrogarsi prima, durante e dopo il ciclo politico, sul perché i cittadini non riescano a capire che
si vuole il loro bene.
Probabilmente,
gli elettori italiani, prima o poi, comprenderanno i limiti del M5S, perché, alla fin fine, solo il singolo conosce il suo bene, o comunque il suo interesse (ma questa è un'altra storia...). Quanto ai tempi di “ravvedimento”,
nulla sappiamo, perché, per ora, l'antipolitica, come scritto, continua a fare "vittime", soprattutto tra i ceti sociali a rischio fascio-populista. Quindi, per il momento, i pentastellati potrebbero continuare a far danni. Come a Roma. E naturalmente sempre a fin di bene.
Carlo Gambescia
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