sabato 17 dicembre 2016

Marra arrestato. La Raggi e la nuova bufera sul Campidoglio
La  sindrome dell’assistente sociale

Il caso Raggi e di altri amministratori del M5S incapaci di comprendere che la politica implica capacità di giudizio e di decisione, andrebbe meglio analizzato sotto il profilo dell’analisi sociologica e in particolare demo-sociale e socio-culturale.  Purtroppo, mancano ancora studi esaustivi sulla formazione sociale delle classi dirigenti pentastellate (provenienza,  titoli di studio, socializzazione politica, reti relazionali e professionali). Pertanto potremmo qui avanzare solo una ipotesi, come dire, espressionistica,  quindi più generale, se si vuole  astratta, intuitiva, che quindi andrebbe comprovata sul campo.  L'ipotesi è questa: il dirigente cinquestelle (dall’attivista al parlamentare) sembra soffrire della sindrome dell’assistente sociale. Ci spieghiamo subito.
La politica può essere interpretata in due modi: come lotta per il potere (come è nei fatti) e come professionismo dell’aiuto sociale (come dovrebbe essere, secondo alcuni, negli ideali). Quando si lotta per il potere, il cittadino è portatore di bisogni, che sono il mezzo per conquistare il potere; quando ci si considera  professionisti dell’aiuto sociale, il cittadino non è più mezzo ma fine, qualcosa da assistere, se non coccolare.
Si dirà, che la politica come prolungamento dell’assistenza sociale è sicuramente qualcosa di meraviglioso. In realtà non è così, perché la politica, è innanzitutto lotta per il potere, dove ovviamente i bisogni dei cittadini sono importanti, ma finalizzati al consenso e alla conservazione del potere.  Di conseguenza, il comportarsi da assistenti sociali, in un quadro organizzativo, dove la lotta per il potere -  come deve essere -  è senza quartiere,   significa, per dirla con il Manzoni, essere come un vaso di terracotta costretto a viaggiare tra i vasi di ferro. La politica (anzi il Politico), insomma, ha le sue regole.  E si vendica sempre.
L’ideologia della politica come assistenza sociale può andare bene, come velo retorico per guadagnare voti, non come principio assoluto, da applicare anche agli aspetti organizzativi della politica, dove invece è necessario non essere mammole  ma comportarsi da volpi e leoni. Il che spiega il progressivo l’isolamento dei cinque stelle,  che si ostinano a credere, in un mondo di lupi (come è e non come dovrebbe essere), che la politica sia pura e semplice  dedizione sociale.  L’estensione politica di “Medici senza frontiere”... 
Attenzione, non è una questione di ingenuità dei pentastellati, e quindi superabile nel tempo: la politica come assistenza sociale dei cittadini, visti esclusivamente come portatori di bisogni (si pensi solo al principio del reddito di cittadinanza)  è nelle radici ideologiche stesse del  “non partito” di Grillo.  Il che spiega quella  rigidità - si pensi alle stupidaggini della Raggi -   che non può non confliggere con le necessità della politica (fatte di giudizi e decisioni); necessità che alla fine conducono all’errore, perché si deve giudicare e decidere,  e bene,  spesso in tempi brevissimi; necessità  che spiegano, ripetiamo,  l’isolamento politico  totale  in cui si trova ora il  M5S: in parte voluto ideologicamente, in parte indotto, dallo scarso appeal relazionale, di un  “non partito”, i cui dirigenti credono che la politica sia rigida e moralistica  applicazione delle leggi quale sviluppo della solidarietà sociale universale.  E  quanto più il M5S si irrigidisce ideologicamente tanto  più  si isola dal resto della società, in particolare da quella che conta in un mondo politicamente complesso,  rischiando  una sorta di progressivo burn out politico.  In definitiva, però, le cose non possono che andare così. Perché l’irrigidimento ideologico è la reazione tipica (o classica) di quelle organizzazioni politiche che  vivono in modo totalitario il proprio credo,  prescindendo dalla lezione dei fatti.  E che non cessano mai, altro aspetto curioso (ma fino a un certo punto), di interrogarsi  prima, durante e dopo il ciclo politico,  sul perché i cittadini non riescano  a capire che  si vuole il loro bene.           
Probabilmente, gli elettori italiani, prima o poi,  comprenderanno i limiti del M5S,  perché, alla fin fine, solo il singolo conosce il suo bene, o comunque il suo interesse (ma questa è un'altra storia...). Quanto ai  tempi di “ravvedimento”, nulla sappiamo, perché, per ora,  l'antipolitica, come scritto, continua a fare "vittime", soprattutto tra i ceti  sociali a rischio fascio-populista. Quindi, per il momento, i pentastellati potrebbero continuare a far danni. Come a Roma.  E naturalmente sempre a fin di bene.

Carlo Gambescia     

                  

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