Gli "Annali dell'economia italiana", alla scoperta di un gioiello storiografico
Gaetano Rasi, studioso che la destra neofascista
non si meritava…
Lo
scorso 20 novembre è scomparso Gaetano Rasi (1927-2016), docente universitario di sociologia economica, uno dei pochi a destra (la destra
neofascista), con Giano Accame ed
Ernesto Massi, a capire l’importanza
dello studio dell’economia e della
sociologia, ovviamente non come umili ancelle della mistica del vincere-e-vinceremo.
E in un ambiente dove si riteneva e ritiene che economia politica e capitalismo
pari sono e che la sociologia sia roba da comunisti. Inutile, spiegare loro, che non è così. Oppure provare a far andare un "fascio" oltre la
copertina con il capoccione di Mussolini. Fidatevi.
Rasi, persona coltissima, collaboratore di giornali e riviste scientifiche, fondatore, tra gli altri, dell’ Istituto di Studi Corporativi, si adoperò - sintetizzando (e semplificando) il suo pensiero - per conciliare il corporativismo con la dottrina keynesiana, sullo sfondo di una cultura politica mazziniana, per limitarsi a un apporto intellettuale pre-fascista, però fondamentale per capire l’evoluzione del suo pensiero in direzione di una società partecipativa all’insegna del corporativismo democratico, e quindi della composizione del conflitto sociale, nel quadro di una politica economica di tipo keynesiano (qui il suo sito: http://www.gaetanorasi.it/ ).
Rasi, persona coltissima, collaboratore di giornali e riviste scientifiche, fondatore, tra gli altri, dell’ Istituto di Studi Corporativi, si adoperò - sintetizzando (e semplificando) il suo pensiero - per conciliare il corporativismo con la dottrina keynesiana, sullo sfondo di una cultura politica mazziniana, per limitarsi a un apporto intellettuale pre-fascista, però fondamentale per capire l’evoluzione del suo pensiero in direzione di una società partecipativa all’insegna del corporativismo democratico, e quindi della composizione del conflitto sociale, nel quadro di una politica economica di tipo keynesiano (qui il suo sito: http://www.gaetanorasi.it/ ).
Frontespizio, dal volume I |
Ora,
si può non essere d’accordo con l’impostazione di Rasi, per carità. Siamo i
primi. Però, non si può non riconoscere di trovarsi dinanzi a
un pensiero brillante, assai lontano dagli esibizionismi e narcisismi di un microcosmo tristemente abituato alle frasi fatte e alle parole d’ordine. Per dirne una: Adriano
Romualdi, che, intellettualmente parlando, nel mondo neofascista, non era certamente l' ultimo arrivato,
liquidò, la cosiddetta sinistra nazionale, da cui Rasi proveniva, asserendo che bastava e avanzava la socialdemocrazia.
Dicevamo
della sua scomparsa. Nei necrologi - basta farsi un giretto web - si elogia il camerata, la fedeltà all’idea eccetera, eccetera, ma non si fa cenno, oppure lo si cita di sfuggita, magari sbagliando il titolo, quasi
come una cosetta priva di qualsiasi valore, a quel gioiello della storiografia economica,
da lui diretto: gli Annali dell’economia
italiana, in continuazione dei famosissimi annali fondati da Epicarmo Corbino, studioso, uomo politico liberale, ministro nel
secondo dopoguerra. Infatti, i primi
cinque volumi dell’opera ripropongono i testi del Corbino, gli altri - parliamo di un’opera in 14 volumi, tomi complessivi
26, inclusa l’appendice iconografica, pubblicata dall'Ipsoa tra il 1981 e il 1987 - sono diretti da Rasi e curati da un gruppo
di eccellenti collaboratori, come ad esempio Giano Accame, Giuseppe Parlato
(oggi Presidente della Fondazione Spirito-De Felice, di cui Rasi era Presidente
Emerito), Francesco Perfetti, Guido Pescosolido, Giorgo Vitangeli. Un’opera che
non ha uguali, se non piuttosto scialbi, caratterizzata da un' intelligente
sensibilità di destra, aperta ad
altri contributi politici, come ben comprovano i testi dei tre volumi
dell’appendice documentaria e
iconografica, I-III ( http://gaetanorasi.it/annalieconomiaitaliana.pdf ).
Gaetano Rasi (a sinistra) con Giuseppe Parlato |
In
pratica, studiosi e lettori comuni (anche colti), possono disporre di una visione completa (più
che panoramica) e ragionata della storia dell’economia italiana, e più in
generale dei suoi legami con la società e la politica, dal 1861 al 1977. Un'opera storica solida, ben curata e scritta, dove le ragioni strutturali del ciclo
economico, vincolate a quello dello sviluppo, necessario perché fondamentale
per la modernizzazione italiana, trovano una ricomposizione, diremmo
armonica, che va al di là di qualsiasi
presa di posizione ideologica (liberista o statalista che sia, per usare
termini giornalistici). Insomma, un'opera da riscoprire. E magari, proseguire fino ai giorni nostri.
Concludendo, serietà storiografica e grandi capacità di lavoro e applicazione. Ecco la ricetta, semplicissima,
di Gaetano Rasi, fascista intelligente, weberiano (capace di distinguere tra etica della responsabilità e dei princìpi), dialogante, come del resto era
Giano Accame, e soprattutto aperto alla lezione delle scienze sociali. E
mai in chiave strumentale. L’esatto contrario di ciò che accadeva e
accade in un ambiente, politico e umano, che ideologizza tutto, ma in modo superficiale, e che sopravvive tra i relitti di un passato mummificato. E che, per dirla tutta,
uno studioso come Rasi, probabilmente
non se lo meritava.
Carlo Gambescia
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