Le lacrime di coccodrillo di Veneziani
Finis destra
"Festeggiamenti" in onore di Gianni Alemanno eletto Sindaco di Roma (2008). |
Quando Veneziani scrive, piangendosi addosso, dello sciagurato destino non solo culturale della "destra" post-missina commette tre errori.
Il primo, di continuare a omologare destra
e fascismo, confondendo un pensiero illiberale e antidemocratico, con il pensiero
conservatore, liberale e democratico; semplificando: di confondere Giolitti con
Mussolini, Pareto con
Gentile, Mosca con Costamagna.
Il secondo, di sopravvalutare l’effetto di ricaduta delle idee politiche, e in particolare quelle
della cosiddetta cultura della tentazione fascista (Kunnas). In altri termini, di ritenere possibile di modellare la società
secondo precisi schemi ideologici. Si
tratta dell’errore costruttivista (Hayek, Boudon, Ricossa).
Il terzo, rappresentato dalla somma degli errori precedenti, di dare per certo, e non importa se implicitamente o meno, che il fascismo possa
tuttora insegnare qualcosa e che questo qualcosa, se lo si volesse, potrebbe essere implementato.
Ora, se si scompone il fascismo
nelle sue due principali componenti ideologiche, si scopre che quel che ci può essere, non diciamo di buono, ma comunque di “riutilizzabile” all’interno della società liberal-democratica, rinvia ad altre
tradizioni politiche: per i principi
sociali ed economici alla socialdemocrazia
(Sternhell; sottratto, naturalmente, l’asfissiante stato corporativo…); per quelli di autorità
e legalità allo stato di diritto
liberale (Fassò; al netto, ovviamente, dell'involuzione autoritaria e poi totalitaria, post-1925 e 1936). Per contro, quel che c’è di assolutamente specifico nel fascismo, resta francamente improponibile: il disprezzo per la libertà politica ed
economica, la statolatria, il bellicismo, il razzismo (Emilio Gentile).
Esistono poi alcuni fattori, come dire, di sensibilità, ambientali, ( anticapitalismo,
anticomunismo, antiparlamentarismo, antisemitismo, antiamericanismo, antimodernismo ), che hanno rappresentato la serra calda in cui si è sviluppato il fascismo (Kunnas,
De Felice, Gentile). Fattori che tuttavia hanno in qualche misura distinto e continuano
a distinguere quella temperie reazionaria, in chiave
epocale, contigua, almeno
a far tempo dalla Rivoluzione Francese, al pensiero conservatore come a quello progressista
(Voegelin, Del Noce). Contiguità che rinvia, tuttora,
piuttosto che al concetto di fusione, a quello di una confusione inglobante i
reazionari di destra e di sinistra, irriducibili nemici della modernità capitalista e della società aperta (Popper, Pellicani, Boudon).
Ora, è evidente, che, a prescindere dalla scarsa qualità
politica e culturale dei suoi membri, la destra neo-fascista (e post-fascista) non avrebbe comunque potuto portare alcun contributo
positivo all’ opera di ricomposizione infrasistemica delle diverse destre italiane, abbozzata da Berlusconi:
né sul piano dei resipiscenti contenuti programmatici di stampo socialdemocratico,
né su quello di una sensibilità
culturale, reazionaria e ostile alla
società aperta. Il che spiega, piaccia o meno a Veneziani, che ne è il simbolo intellettualmente più ridicolo, il definitivo e giusto
sprofondamento nell’insignificanza di un
mondo, già a suo tempo popolato di sopravvissuti della politica e della cultura. In poche parole, un mondo ripiegato su se stesso e perfettamente inutile.
Carlo Gambescia
Nessun commento:
Posta un commento