martedì 23 dicembre 2014

 La sentenza di un  giudice argentino
Per favore,  non prendete
in giro gli animali…



Certe notizie fanno saltare sulla sedia. Un giudice argentino ha esteso l’habeas corpus a Sandra un simpaticissimo orango femmina dello zoo di Buenos Aires,  dichiarandolo “soggetto non umano” con “sentimenti e capacità di prendere decisioni”. Sicché a breve, probabilmente, verrà liberato (*).
Sul fatto  che   vedere  un animale   vivere  in cattività non sia  un bello spettacolo non ci piove. Qui però cominciano i problemi.  C’è chi , come  il giudice argentino, ritiene che dal un punto vista procedurale, l’unico sistema per liberarlo, sia  dichiararlo titolare di diritti soggettivi.  Ragionamento che dal  punto di vista legale non farebbe una grinza.  Se  non che  sul  fatto che un animale oltre a una capacità giuridica, per così dire, attribuita dall’alto (e non conquistata intenzionalmente dal basso come prova la storia politica dell’habeas corpus),  possa poi disporre, come per incanto,  anche di una capacità d’agire,  sono in molti a nutrire dei dubbi.  Anche perché,  come prevede la legge, per Sandra sarebbe allora  necessario un tutore… Però, ecco il punto,  quel che può valere per un essere umano, che con la maggiore età, conquista la piena capacità d’agire,  può valere per un animale?  Sul piano giuridico, quando si parla di capacità decisionale, ci si riferisce alla capacità di porre in essere atti giuridici validi (comprare, vendere, eccetera). Che alcuni soggetti, come anticipato, acquisiscono con la maggiore età, altri invece mai,  per ragioni di deficit intellettivo, di salute, eccetera.  
Quindi dal punto di vista strettamente giuridico  un animale, per quanto dolce, simpatico e fedele, sembra destinato a restare (ed essere legalmente considerato) un  minus habens  per tutta la vita. Insomma,  la decisione del giudice argentino di attribuire a Sandra  una condizione di soggettività giuridica suona come una presa in giro.  Certo, gli animali non se ne accorgono, ma non è  bello stesso...
Perché allora, non fare un passo indietro e chiamare il tutore, padrone?  Ed eventualmente, continuare a proteggere gli animali dai maltrattamenti, per semplici ragioni umanitarie (dipendenti dall’uomo) dei cattivi proprietari?  Che c’entra l’habeas corpus?

Carlo Gambescia


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