Ipotesi personali sul passato che non passa
Fascismo e Comunismo
di Carlo Pompei
di Carlo Pompei
Oggi affrontiamo un argomento spinoso, cercando di andare
oltre la semplice (si fa per dire) contrapposizione destra-sinistra.
Abbiamo notato che il Fascismo fa ancora paura, tanto da aver bisogno di un antifascismo anacronistico, mentre il Comunismo genera sentimenti emotivamente distaccati rispetto a quelle che erano le pulsioni del primo e secondo dopoguerra o degli anni '70 del '900.
Proviamo a capirne i motivi.
Sicuramente le durate, cioè la diversa longevità, influiscono sul giudizio: il Fascismo, specialmente quello originario, quello pensato e proposto da Mussolini e dai suoi in Italia durò ufficialmente venti anni, più qualche cosa se si considerano i movimenti preparatori post prima guerra mondiale.
Quello più longevo, il Franchismo spagnolo, ebbe modo di aggiustare il tiro. Tuttavia, tra le non poche critiche internazionali, tanto da trasformarsi con il tempo in anticomunismo, conservava metodi e modalità brutali.
Il Comunismo, invece, durò circa 70 anni (lo diamo per morto nel 1989), passando per le sue varie declinazioni, più o meno contraddittorie, del principio cardine iniziale della ideologia concepita da Carl Marx.
Marxismo, leninismo, trotskysmo e stalinismo (per non parlare di tutti gli altri, da Mao a Pol Pot a Fidel Castro) furono adattamenti dettati da esigenze locali e mentalità "parallele", a volte disoneste e con metodi che non avevano nulla da invidiare al franchismo. In Italia Gramsci, Togliatti e Berlinguer alla guida del PCI furono gli interpreti principali e scrissero anch’essi un'altra storia ancora (in tutti i sensi).
Fu, insomma, un continuo ricalibrare che, nel tentativo di accontentare tutti, probabilmente non accontentò nessuno, se non - paradossalmente - soltanto la sua classe dirigente. In questo, quindi, l'idea primigenia - seppur valida in alcune sue letture di una società che si andava via via facendo sempre più complessa - esaurì la propria spinta propulsiva, contaminata o inquinata da parametri che cozzavano con la corretta messa in pratica dei principi fondanti, ivi compresa la socialdemocrazia di ispirazione marxista. Il fatto stesso di aver attraversato più di una generazione, senza soluzione di continuità, ha forse contribuito alla sua dissoluzione.
L'imbarazzo malcelato che generano nelle masse gli eredi impropri di quella "dottrina" è evidente anche ad occhi non troppo critici e preparati. La caduta del muro di Berlino rimane un simbolo troppo forte ed invadente per essere ignorato. Fu un colpo troppo grave per i sostenitori dell'URSS e, in Italia, per le casse del PCI. Ancora oggi parlano di complotto al cui vertice ci fu addirittura Papa Giovanni Paolo II e il suo sostegno a Solidarnosc in Polonia. Ipotesi "papabile", ma che, evidentemente, non assolve dalle troppe colpe cumulate negli anni dai propugnatori di una idea alla fin fine utopistica.
Il Fascismo, invece, quella spinta non l'ha mai esaurita. In primis perché la sua caduta fu violenta ed esplosiva, quindi per certi versi "eroica", a differenza di quella comunista che fu implosiva e passiva, come già detto. In secondo luogo perché il Fascismo ha un suo "fascino maledetto", attira fasce di giovani cui piacciono simboli immortali, eroi mitologici e battaglie per la conquista del mondo. Dalle due cose combinate scaturisce quella ipotesi filo nietzscheana che tante discussioni ha animato anche in questa sede.
Infantile? Può darsi. Sta di fatto che, ciclicamente, torniamo a parlarne: è innegabile che la conquista del mondo sia il gioco preferito dagli uomini adulti.
È da rilevare che spesso si definisce "fascista" ciò che non lo è affatto, come ad esempio il neofascismo, che non ha nulla da condividere con il principio sansepolcrista. Principio già tradito, peraltro, anche dal fascismo mussoliniano della seconda ora.
Inoltre il Comunismo non disdegnava affatto la guerra nei fatti, come invece vorrebbero far credere i suoi ultimi sostenitori: la carne da cannone dell'Armata Rossa di Stalin, seppure in nome di un riscoperto principio di nazione, racconta un’altra cosa; il Fascismo, diversamente, esaltava la guerra come principio valoroso ed eroico, funzionale, come è noto, a un motivo nazionalista.
Abbiamo notato che il Fascismo fa ancora paura, tanto da aver bisogno di un antifascismo anacronistico, mentre il Comunismo genera sentimenti emotivamente distaccati rispetto a quelle che erano le pulsioni del primo e secondo dopoguerra o degli anni '70 del '900.
Proviamo a capirne i motivi.
Sicuramente le durate, cioè la diversa longevità, influiscono sul giudizio: il Fascismo, specialmente quello originario, quello pensato e proposto da Mussolini e dai suoi in Italia durò ufficialmente venti anni, più qualche cosa se si considerano i movimenti preparatori post prima guerra mondiale.
Quello più longevo, il Franchismo spagnolo, ebbe modo di aggiustare il tiro. Tuttavia, tra le non poche critiche internazionali, tanto da trasformarsi con il tempo in anticomunismo, conservava metodi e modalità brutali.
Il Comunismo, invece, durò circa 70 anni (lo diamo per morto nel 1989), passando per le sue varie declinazioni, più o meno contraddittorie, del principio cardine iniziale della ideologia concepita da Carl Marx.
Marxismo, leninismo, trotskysmo e stalinismo (per non parlare di tutti gli altri, da Mao a Pol Pot a Fidel Castro) furono adattamenti dettati da esigenze locali e mentalità "parallele", a volte disoneste e con metodi che non avevano nulla da invidiare al franchismo. In Italia Gramsci, Togliatti e Berlinguer alla guida del PCI furono gli interpreti principali e scrissero anch’essi un'altra storia ancora (in tutti i sensi).
Fu, insomma, un continuo ricalibrare che, nel tentativo di accontentare tutti, probabilmente non accontentò nessuno, se non - paradossalmente - soltanto la sua classe dirigente. In questo, quindi, l'idea primigenia - seppur valida in alcune sue letture di una società che si andava via via facendo sempre più complessa - esaurì la propria spinta propulsiva, contaminata o inquinata da parametri che cozzavano con la corretta messa in pratica dei principi fondanti, ivi compresa la socialdemocrazia di ispirazione marxista. Il fatto stesso di aver attraversato più di una generazione, senza soluzione di continuità, ha forse contribuito alla sua dissoluzione.
L'imbarazzo malcelato che generano nelle masse gli eredi impropri di quella "dottrina" è evidente anche ad occhi non troppo critici e preparati. La caduta del muro di Berlino rimane un simbolo troppo forte ed invadente per essere ignorato. Fu un colpo troppo grave per i sostenitori dell'URSS e, in Italia, per le casse del PCI. Ancora oggi parlano di complotto al cui vertice ci fu addirittura Papa Giovanni Paolo II e il suo sostegno a Solidarnosc in Polonia. Ipotesi "papabile", ma che, evidentemente, non assolve dalle troppe colpe cumulate negli anni dai propugnatori di una idea alla fin fine utopistica.
Il Fascismo, invece, quella spinta non l'ha mai esaurita. In primis perché la sua caduta fu violenta ed esplosiva, quindi per certi versi "eroica", a differenza di quella comunista che fu implosiva e passiva, come già detto. In secondo luogo perché il Fascismo ha un suo "fascino maledetto", attira fasce di giovani cui piacciono simboli immortali, eroi mitologici e battaglie per la conquista del mondo. Dalle due cose combinate scaturisce quella ipotesi filo nietzscheana che tante discussioni ha animato anche in questa sede.
Infantile? Può darsi. Sta di fatto che, ciclicamente, torniamo a parlarne: è innegabile che la conquista del mondo sia il gioco preferito dagli uomini adulti.
È da rilevare che spesso si definisce "fascista" ciò che non lo è affatto, come ad esempio il neofascismo, che non ha nulla da condividere con il principio sansepolcrista. Principio già tradito, peraltro, anche dal fascismo mussoliniano della seconda ora.
Inoltre il Comunismo non disdegnava affatto la guerra nei fatti, come invece vorrebbero far credere i suoi ultimi sostenitori: la carne da cannone dell'Armata Rossa di Stalin, seppure in nome di un riscoperto principio di nazione, racconta un’altra cosa; il Fascismo, diversamente, esaltava la guerra come principio valoroso ed eroico, funzionale, come è noto, a un motivo nazionalista.
Che, al di là del fascismo e del comunismo, sia
l’idea di nazione, che muove i popoli dal profondo?
Carlo Pompei
Carlo Pompei, classe 1966, “Romano de Roma”. Appena nato,
non sapendo ancora né leggere, né scrivere, cominciò improvvisamente a
disegnare. Oggi, si divide tra grafica, impaginazione, scrittura,
illustrazione, informatica, insegnamento ed… ebanisteria “entry level”.
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