mercoledì 10 dicembre 2014

Alberto Bagnai,  l’economia tra sogni e bisogni
E Pippo Pippo non lo sa... 



Sul sito  di  un intelligente economista, Alberto Bagnai, che sembra andare per la maggiore tra i contestatori dell’Euro, abbiamo letto:

L’economia esiste perché esiste lo scambio, ogni scambio presuppone l’esistenza di due parti, con interessi contrapposti: l’acquirente vuole spendere di meno, il venditore vuole guadagnare di più. Molte analisi dimenticano questo dato essenziale. Per contribuire a una lettura più equilibrata della realtà abbiamo aperto questo blog, ispirato al noto pensiero di Pippo: è strano come una discesa vista dal basso somigli a una salita”. Una verità semplice, ma dalle applicazioni non banali.... ( http://goofynomics.blogspot.it/ )

Ora, Pareto,  non avrebbe condiviso una definizione del genere, o comunque l’avrebbe giudicata parziale.  E diciamo questo, non per sollevare il classico  argumentum ab auctoritate. Anche per rispetto verso il  buon Vilfredo, maestro  di autoironia, oltre che degustatore di preziosi  vinelli  e "gattaro" ante litteram...  E allora perché? Ci spieghiamo subito. 
Se parliamo dell’economia come scienza (riflessione sugli atti economici), lo scambio è un momento  fondamentale del processo economico, basato "manualisticamente"  sulla produzione, lo scambio e la distribuzione dei beni.
Se invece parliamo dell’economia come realtà (come insieme, di fatto, degli atti economici), lo scambio (come la produzione e la distribuzione)  è  un momento successivo… A che cosa? Al bisogno, economicamente dato ma sociologicamente  interpretabile.
Una  constatazione che  spinse  Pareto  ad andare oltre l’ approccio puramente economico, da lui giudicato riduttivo, e inerpicarsi per gli aspri sentieri  della sociologia. E quindi a interpretare lo scambio non solo come un fenomeno frutto di azioni logiche, quantificabili,  bensì  come un atto dettato dal bisogno, di regola, (superata la soglia del minimum biologico),  frutto di  moventi non logici, qualitativi.  Attenzione, non logici, rispetto a chi osservi, e non dell’osservato, il quale,  invece,  cercherà  sempre,  ingegnandosi,  di dare una qualche forma logica (o meglio pseudologica dal punto di vista  socio-logico) alle sue azioni.           
Insomma,  limitarsi a studiare lo scambio, se può essere corretto dal punto  di vista della teoria economica ( o se si preferisce della “cassetta degli attrezzi” dell’economista di professione), non lo è da quello sociologico: punto di vista più ampio ( se si vuole l'inglobante)  rispetto a quello economico.
Per fare un esempio,  in tempi di crisi,  gli economisti  si dividono sempre tra coloro che vogliono accrescere il volume degli scambi e coloro che vogliono ridurlo (semplificando: tra mercatisti e autarchici). Chi ha ragione? Rovesciando la tesi di Pareto in argomento:  ex ante, a parole, ambedue le scuole,  dal momento che si parla di un massimo di utilità per una società (qualcosa che viene fissato quantitativamente dall’esterno, ricorrendo ad esempio alle variabili econometriche);  ex post, dipende, invece, dalla scuola di pensiero che, in termini sociologici (quindi qualitativi, fissati dall'interno) sia riuscita  a prevedere i giusti margini di flessibilità rispetto ai bisogni  in termini di utilità di una società, cioè di un  qualcosa di economicamente e culturalmente (insieme) sopportabile .
Sappiamo benissimo di  (ri-)sollevare una questione di Methodenstreit, che risale alla seconda metà dell'Ottocento... mai completamente risolta. Molto tedesca (quando si dice, corsi e ricorsi...). Però crediamo che nella “mente” dell’economista-sociologo, così come qui tratteggiato partendo da Pareto,  il logico debba farsi non logico, per poi tornare logico.  In che modo? Cercando di comprendere, ripetiamo,  quanto una società possa sopportare sociologicamente, in termini di bisogni, culturalmente determinati, la chiusura o l’ apertura al mercato. E come, tecnicamente? Ad esempio, usando gli strumenti della teoria della scelta pubblica, mescolandoli, prima però, con quelli dei teoria socioculturale sorokiniana dei bisogni.
Perciò ripetiamo,  l’economia esiste, perché esiste il bisogno. Insomma, bisogni e non sogni.  Purtroppo. E tutto questo Pippo sembra non saperlo... 


Carlo Gambescia                     

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