Il manifesto in lingerie
della Rodriguez
Quando Belén non
sorride...
In tempi nei quali il sesso, condito in tutte le salse, non provoca più alcuna reazione perfino nei cosiddetti benpensanti, che senso avrebbe riflettere, in termini di archeologia sociale, sull’indignazione di un comitato di cittadini milanesi per
un maximanifesto stradale, dal quale occhieggia una Belén Rodriguez seminuda ma corrucciata? (*). Attenzione: corrucciata. Infatti, non intendiamo occuparci del risentimento di
un pugno di isolatissimi bigotti, legato
o meno, come furbamente si dichiara, a una questione di sicurezza stradale, bensì di quella che pare essere l’”arma” più pericolosa di Belén, proprio sotto il profilo pubblicitario: il sorriso… Sul quale è possibile imbastire un “discorsetto sociologico”
più interessante.
Ma come? Partendo da Erving Goffman, acuto palombaro dei riti
sociali, anche nell’ ambito della cosiddetta ritualizzazione
della femminilità in campo pubblicitario .
La sorridente Belén degli
spot (e altro ancora) va perciò subito ricondotta
nell'alveo idealtipico, scavato da Goffman, della donna giocosa dalle
attitudini infantili. Si noti la divertente gestualità di Belén: molto latina,
eccessiva, clownesca, volutamente infantile. Capace di irradiare, attraverso un
sorriso che si allarga fin quasi a coprire lo schermo, la felicità di una
donna-bambina che cattura per un attimo gli uomini, veicolando un’euforia, che
è promessa di consumo sessuale… Belén che sorride e ammalia, per dirla con
Goffman, trasmette l’immagine gioiosa “di un bambino che mangia il gelato”.
Ovviamente, per il maschio-spettatore il gelato è la sorridente e sinuosa Belén … In questo senso il sorriso smagliante della modella argentina è un “non sorriso”, perché completamente fuori contesto, visto che non racchiude alcun indizio di vera socialità.
Certo, si tratta di pubblicità. Quindi parliamo di un'attività rivolta a rendere ancora più convenzionali e stilizzate le convenzioni sociali. Detto altrimenti: la pubblicità, di regola, deve trasformare la "promessa di non mordere", racchiusa nel sorriso, in "promessa punto e basta": in qualcosa di iperconvenzionale o di iperstilizzato. Di qui la decontestualizzazione di un sorriso che non è più tale, perché teso a favorire l'acquisto di una merce: uno scambio economico, non sociale.
Ovviamente, per il maschio-spettatore il gelato è la sorridente e sinuosa Belén … In questo senso il sorriso smagliante della modella argentina è un “non sorriso”, perché completamente fuori contesto, visto che non racchiude alcun indizio di vera socialità.
Certo, si tratta di pubblicità. Quindi parliamo di un'attività rivolta a rendere ancora più convenzionali e stilizzate le convenzioni sociali. Detto altrimenti: la pubblicità, di regola, deve trasformare la "promessa di non mordere", racchiusa nel sorriso, in "promessa punto e basta": in qualcosa di iperconvenzionale o di iperstilizzato. Di qui la decontestualizzazione di un sorriso che non è più tale, perché teso a favorire l'acquisto di una merce: uno scambio economico, non sociale.
Concludendo, siamo davanti a un "non sorriso": un’
“euforia che consuma” e che, soprattutto, deve far consumare. Perciò, dal
punto di vista del marketing, quelle forme, anche in bella mostra, da sole non
bastano. Insomma, il maximanifesto, al di là delle polemiche, è
concepito male… Per far vendere (e magari moltiplicare gli incidenti stradali) Belén deve sorridere… Che poi sia un “non
sorriso”, fa parte del
gioco. Pubblicitario.
Carlo Gambescia
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