Matteo Renzi secondo Harold
Lasswell
A chiunque desideri andare oltre giudizi fortemente emotivi, tipo
“Renzi venditore di pentole”, consigliamo di leggere Potere, politica e personalità, densa raccolta dei principali scritti di Harold
D. Lasswell (1902-1978)), profondissimo studioso
di politica. Di lui ricordiamo il magnifico Potere
e società, scritto con Abrahm Kaplan.
Allora, qual è il punto? Che Lasswell propone una
classificazione degli uomini politici in amministratori,
agitatori e teorici, un mix delle prime due categorie indicate.
A suo avviso, il presidente
Hoover era un amministratore, Marx un teorico, mentre i profeti dell’antico
testamento, agitatori. Tra i tipi compositi, Cobden (amministratore, agitatore),
Bodin (amministratore, teorico), Lenin (amministratore, agitatore, teorico). Per ragioni di spazio, semplifichiamo una tipologia ricca di sfumature che, dal punto di vista interpretativo, può aprire la porta a successive possibilità di
stratificazione concettuale, anche di
natura dicotomica: ad esempio, dottrinario o
opportunista, lottatore o conciliatore,
idealista o cinico, rigido o fantasioso,
giocatore o prudente, di
rivoluzionario o riformista.
Ma torniamo a Renzi. Sulla base
della distinzione concettuale lassewelliana, il Presidente del Consiglio è un
amministratore-agitatore: un tipo composito. Mentre Letta, il suo predecessore, rientrerebbe in pieno nella categoria
dell’amministratore. Monti? Più teorico che amministratore. Berlusconi?
Amministratore e agitatore, proprio come
Renzi. E Grillo? Agitatore puro: un
profeta dell’antico testamento.
Facendo ulteriore passo in
avanti, Renzi potrebbe essere definito opportunista, lottatore, fantasioso, giocatore
e riformista.
Si dirà, fin troppo semplice. In realtà, come accennato, la classificazione
di Lasswell è ricca di sfumature e possibilità di
approfondimento. Si tratta solo di avere la pazienza di scandagliare i suoi
libri. Infine, cosa, fondamentale, l’ analisi
lasswelliana non risente di alcuna carica emotiva. Il che, considerati i tempi, non è poco.
Carlo Gambescia
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