La rivista della settimana: “éléments”, janvier-mars 2014, n. 150, pp.
64, euro 5,50.
L’ultimo di fascicolo di
“éléments” (janvier-mars 2014) va
segnalato per un ragione speciale: con
questo numero la rivista entra in pieno nei suoi quarant’anni, pubblicamente festeggiati nel novembre scorso, come ben evidenziano le foto della scintillante "soirée" parigina.
Ed è proprio il caso di
dire che non li dimostra affatto. Come
del resto comprova abbondantemente il
fascicolo che abbiamo sotto gli occhi ricchissimo di spunti, analisi, idee.
Cominciamo dal focus dedicato a
“Purquoi les élites ne veulent surtout pas de la mondialisation” (pp. 46-62),
con articoli di Alain de Benoist e Xavier Emam. Colpisce il particolare la
critica del cosiddetto altermondialismo ( Misére de l’altermondialisme, pp.
57-59), corrente di idee, che secondo il
pensatore francese, avrebbe subito una involuzione passando dalla critica della
globalizzazione alla sua accettazione in chiave, semplificando, riformista e
socialdemocratica. E ciò perché si
ignorerebbe, in nome della governabilità, la natura sistemica della globalizzazione per ridurla a
fattore congiunturale da gestire “socialmente” nel quadro dell’economia di
mercato.
Sotto questo profilo è molto interessante, quanto scrive nell’editoriale di apertura Robert de Herte (Alain de Benoist). Citazione
lunga, ma meritevole di essere letta.
Se
l’essenza del capitale non è mutata
(esso punta sempre alla crescente
accumulazione dei profitti e alla massima estensione del mercato) la
mondializzazione attuale è quantitativamente e qualitativamente
differente dai processi di internazionalizzazione dei mercati, da cui in
passato prese avvio.
Segnaliamo
una differenza di grado (i mercati non sono mai stati aperti
come oggi), ma anche di natura (l’apertura dei mercati è culminata in una
integrazione o interdipendenza “globale”). Il tratto essenziale della
mondializzazione non è perciò il
fenomeno di apertura delle economie nazionali, che in effetti non è nuovo, ma
la perdita di realtà di queste entità, a causa
della decomposizione degli spazi regolativi nazionali. In passato l’
“internazionalizzazione” non cancellava
le nazioni. Il valore economico non si
imponeva su tutti gli altri
valori. Oggi, invece, assistiamo alla totale sottomissione della vita alla
logica del profitto, nonché della
politica all’economia. La
continuità storica, che alcuni credono
di vedere, è pura illusione.
Tuttavia, potrebbe determinarsi una svolta. Oggi la mondializzazione viene
criticata da più parti e altri non esitano
a evocare una “demondializzazione” di cui però restano da individuare forme
e limiti. In effetti si tratta di una possibilità che non può essere esclusa
[…]. La mondializzazione non è irreversibile, ma ha creato una cesura
irreversibile. Il “dopo-mondialzizazione” non ci restituirà il mondo di prima. Pertanto,
invece di continuare a credere nella
possibilità di proseguire cammino nazionale
o di civiltà, sentiero che appartiene a
un ciclo ormai conclusosi, sarebbe senza meglio, senza dubbio riflettere sul condizioni possibili per un nuovo inizio.
Si noti l’apprezzabile realismo
debenoistiano. Il quale non si nasconde pericoli e difficoltà, pur conservando
una lucidità di analisi encomiabile.
Vanno infine segnalati il bel ricordo di Preve (“Hommage a Costanzo Preve”), pp. 30-31, a cura della redazione);
l’ottima recensione dell’ultimo libro di Alain Finkielkraut (“AF: La nostalgie
de la France ”,
pp. 32-35, Pierre Bérard);
l’efficace profilo di Ernst Friedrich Schumacher (“Small is beatiful”, pp. 42-43, François Bousquet); la densa pagina dedicata
all’ultimo libro di Alain de Benoist, Les
démoins du Bien, una critica al nuovo ordine sessuale postmoderno, testo che, a naso, ci ricorda
Il mito virtuista paretiano
(“Libertins un pas en avant!”, p. 44, Mathilde Gibelin). Insomma, passano agli anni, e Alain de Benoist
oltre che a Sorel può essere avvicinato
anche al Pareto caustico critico dei
costumi del suo tempo. All’epoca la
miscela Sorel-Pareto fu esplosiva,
soprattutto sul piano politico. E causò
non pochi danni… Quella Sorel-Pareto-de
Benoist, sembra addirittura ancora più potente. Potrebbe essere paragonata, se esplodesse, all’atomica su Hiroshima e Nagasaki… Si salvi chi può!
Carlo Gambescia
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