lunedì 3 marzo 2014

Chi è  disposto a morire 
per l’Ucraina e la Crimea?




Francamente,   non scorgiamo nulla  nuovo sul piano del processo  politico  -  dei mezzi usati e delle finalità perseguite -  nella contesa in corso  tra Stati Uniti, Ue e Russia  sulla sorte dell’Ucraina ( e della Crimea). 
Dando per scontata la debolezza politica dell’Ucraina,  pura e semplice comparsa in uno scontro per il controllo del territorio, Putin sembra aver puntato sull’opzione militare, basata sulla regola - semplificando -  che l’occupazione determina la proprietà.  Principio, per fare un esempio recente,  che per  Saddam  non funzionò: l’occupazione del Kuwait, accelerò la sua fine. Ovviamente, la Russia non è l’Iraq… Il che spiega la cautela di Stati Uniti  e Unione Europea.  Infatti, al di là della debolezza della leadership di Obama e dei notevoli interessi tedeschi  in Russia e Ucraina,  l’Occidente sembra puntare, per ora,  sul mix trattative-sanzioni.
Del resto, le crisi internazionali, sono vere e proprie partite a scacchi, dove, a differenza del gioco più antico del mondo (forse), va messa in conto la distruzione della scacchiera stessa. Fuor di metafora,  va considerata l’opzione bellica, come sempre possibile.
Naturalmente, alle misure concrete (occupazione militare  e sanzioni economiche), anche in questa contesa  non manca il ricorso  alla retorica politica come strumento di delegittimazione dell’avversario.  Putin ha parlato di interessi nazionali (categoria quanto mai vaga), estendendoli alle minoranze  russe in  Crimea e Ucraina.  Obama  ha   accusato Putin di essere fuori della storia ( utilizzando una categoria ancora più vaga: quella del senso della storia). La Merkel,  a sua volta,  ha invocato il  senso della realtà (altra “coperta” concettuale  molto elastica), di cui Putin  sarebbe privo.
Crediamo invece che Putin, dal punto di vista del processo politico - certo,  assumendosi  tutti i rischi del caso come un vero giocatore -  sia un realista  da manuale. E che quindi conosca benissimo l’importanza della posta in gioco: la retrocessione della Russia a potenza di secondo ordine.
Di qui, la necessità  per  Stati Uniti e Unione Europea di tenere i nervi ben saldi e di  non forzare troppo la situazione, anche se per il momento può sembrare il contrario, cioè che sia Putin a condurre il gioco. Il che in parte è vero.
In fondo, la domanda è sempre la stessa.  E purtroppo, per ora,  non c’è risposta: chi degli attori in gioco (Stati Uniti, Unione Europea, Russia) è realmente disposto a morire per l’Ucraina e la Crimea?  

Carlo Gambescia



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