venerdì 7 marzo 2014

La nuova guerra di Tauride,  
pardon Crimea…
di Teodoro  Klitsche de la Grange



A leggere gran parte della stampa italiana, si ha l’impressione che il conflitto russo-ucraino sia l’ennesima ripetizione di quello tra buoni e cattivi, cui la reiterazione di tanti stereotipi ci ha abituato: tra cowboys ed indiani, tra Superman e Lex Luthor, fino a Cappuccetto Rosso e il lupo cattivo. Con l’Ucraina nei panni della bimba innocente e la Russia in quelli del Lupo – questa volta orso – cattivo.
Che la situazione sia assai diversa da come ce la presentano è evidente a chi abbia in mente quello che i media vogliono pervicacemente far dimenticare: la storia e la (geo-)politica, sostituite con la morale (??) e il diritto(??). Solo pochi non si uniformano all’andazzo.
A valutare la questione facendo ricorso a quei due elementi che cercano di conculcare, è bene ricordare che la divisione dell’Ucraina in più zone “di civiltà” non si deve a Putin o Janukovic, ma al defunto Huntington, per il quale la divisione non era tanto tra russi e ucraini ma tra ucraini “occidentalizzati” per l’influenza cattolica (e polacca e asburgica) e non (per la fede ortodossa); che la Crimea è “ucraina” tanto poco quanto è “russa” non foss’altro perché conquistata a fine 700 dopo ripetute guerre da parte degli Zar, che dovettero battersi con la popolazione – tartara – la quale aveva preferito divenire suddita degli ottomani che arrendersi agli Zar.
Quanto ai sentimenti democratici delle due parti è lecito dubitarne per motivi storici. Ucraini, russi (e tartari) sono popoli i cui governi, da secoli, non hanno mai offerto esempi né di “democrazia” né di “liberalismo”. Né l’orda d’oro né gli Zar, né il PCUS avevano …. pretesa di essere democratici  e liberali. Onde sostenere la maggior democraticità di Putin rispetto alla Timosenko  o di questa riguardo Janukovic è impresa tutt’altro che facile.
Meglio dare a tutti la patente di democratici in rodaggio, giacché né i capi né le popolazioni hanno dimestichezza con valori, procedure e convenzioni delle liberaldemocrazie occidentali.
Piuttosto una valutazione concreta deve tener conto delle “costanti” sia politiche che storiche. Ed è una costante che la Russia negli ultimi tre secoli si è espansa prevalentemente a sud, tendendo, nella parte europea, al Bosforo. Per la Crimea, e le regioni vicine, gli Zar fecero dieci guerre con i Turchi. Che siano disposti a rinunciare a qualsiasi influenza e alle basi militari (in Crimea) è un’illusione pericolosa. Che diventa una favola se condita di democrazia, diritti umani, ecc. ecc.  Così del pari l’Ucraina che si lasci tranquillamente dominare dalla Russia, quando dall’atamano Mazeppa ai partigiani nazionalisti dell’UPA, i quali assassinarono (con tutta la scorta) il maresciallo sovietico Vatutin che li aveva appena “liberati” (espressione sulla quale non erano evidentemente d’accordo), ha sempre opposto resistenza, spesso armata, a tali tentativi, è l’altro capitolo della favola.
Il problema di come possa evitarsi un conflitto (armato) significa praticare l’inverso di quanto si legge sui giornali ossia ridurre le occasioni di contrasto. Se c’è contrapposizione d’interessi, non aggiungerci quella di valori (o di diritti); se c’è un contrasto etnico, evitare d’amplificarlo con quello religioso. E tener conto che non si può chiedere ad una grande potenza come la Russia di percorrere a ritroso la marcia verso sud degli ultimi secoli, peraltro proprio nel “cortile di casa”.
Questo a meno di non fare una guerra come a suo tempo Napoleone III e Cavour. Ma concordo con  l’amico Carlo Gambescia che battersi per la Crimea è peggio che un errore; è inutile.

Teodoro Klitsche de la Grange




Teodoro Klitsche de la Grange è avvocato, giurista, direttore del trimestrale di cultura politica“Behemoth" (http://www.behemoth.it/  ). Tra i suoi libri: Lo specchio infranto (1998), Il salto di Rodi (1999), Il Doppio Stato (2001), L'apologia della cattiveria (2003), L'inferno dell'intellettuale (2007), Dove va lo Stato? (2009), Funzionarismo (2014).

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