La nuova guerra di Tauride,
pardon Crimea…
di Teodoro Klitsche de la Grange
A leggere
gran parte della stampa italiana, si ha l’impressione che il conflitto
russo-ucraino sia l’ennesima ripetizione di quello tra buoni e cattivi, cui la reiterazione
di tanti stereotipi ci ha abituato: tra cowboys ed indiani, tra Superman e Lex
Luthor, fino a Cappuccetto Rosso e il lupo cattivo. Con l’Ucraina nei panni
della bimba innocente e la Russia
in quelli del Lupo – questa volta orso – cattivo.
Che la
situazione sia assai diversa da come ce la presentano è evidente a chi abbia in
mente quello che i media vogliono
pervicacemente far dimenticare: la storia e la (geo-)politica, sostituite con
la morale (??) e il diritto(??). Solo pochi non si uniformano all’andazzo.
A valutare la
questione facendo ricorso a quei due elementi che cercano di conculcare, è bene
ricordare che la divisione dell’Ucraina in più zone “di civiltà” non si deve a
Putin o Janukovic, ma al defunto Huntington, per il quale la divisione non era
tanto tra russi e ucraini ma tra ucraini “occidentalizzati” per l’influenza
cattolica (e polacca e asburgica) e non (per la fede ortodossa); che la Crimea
è “ucraina” tanto poco quanto è “russa” non foss’altro perché conquistata a
fine 700 dopo ripetute guerre da parte degli Zar, che dovettero battersi con la
popolazione – tartara – la quale aveva preferito divenire suddita degli
ottomani che arrendersi agli Zar.
Quanto ai
sentimenti democratici delle due parti è lecito dubitarne per motivi storici.
Ucraini, russi (e tartari) sono popoli i cui governi, da secoli, non hanno mai
offerto esempi né di “democrazia” né di “liberalismo”. Né l’orda d’oro né gli
Zar, né il PCUS avevano …. pretesa di essere democratici e liberali. Onde sostenere la maggior
democraticità di Putin rispetto alla Timosenko o di questa riguardo Janukovic è impresa
tutt’altro che facile.
Meglio dare a
tutti la patente di democratici in rodaggio,
giacché né i capi né le popolazioni hanno dimestichezza con valori, procedure e
convenzioni delle liberaldemocrazie occidentali.
Piuttosto una
valutazione concreta deve tener conto delle “costanti” sia politiche che
storiche. Ed è una costante che la Russia negli ultimi tre secoli si è espansa
prevalentemente a sud, tendendo, nella parte europea, al Bosforo. Per la
Crimea, e le regioni vicine, gli Zar fecero dieci guerre con i Turchi. Che
siano disposti a rinunciare a qualsiasi influenza e alle basi militari (in
Crimea) è un’illusione pericolosa. Che diventa una favola se condita di
democrazia, diritti umani, ecc. ecc.
Così del pari l’Ucraina che si lasci tranquillamente dominare dalla Russia,
quando dall’atamano Mazeppa ai partigiani nazionalisti dell’UPA, i quali
assassinarono (con tutta la scorta) il maresciallo sovietico Vatutin che li aveva
appena “liberati” (espressione sulla quale non erano evidentemente d’accordo),
ha sempre opposto resistenza, spesso armata, a tali tentativi, è l’altro
capitolo della favola.
Il problema
di come possa evitarsi un conflitto (armato) significa praticare l’inverso di
quanto si legge sui giornali ossia ridurre
le occasioni di contrasto. Se c’è contrapposizione d’interessi, non aggiungerci
quella di valori (o di diritti); se c’è un contrasto etnico, evitare
d’amplificarlo con quello religioso. E tener conto che non si può chiedere ad
una grande potenza come la Russia di percorrere a ritroso la marcia verso sud
degli ultimi secoli, peraltro proprio nel “cortile di casa”.
Questo a meno
di non fare una guerra come a suo tempo Napoleone III e Cavour. Ma concordo con
l’amico Carlo Gambescia che battersi per
la Crimea è
peggio che un errore; è inutile.
Teodoro Klitsche de la Grange
Teodoro Klitsche de la Grange è avvocato, giurista, direttore del
trimestrale di cultura politica“Behemoth" (http://www.behemoth.it/ ). Tra i suoi libri: Lo specchio infranto (1998), Il salto di Rodi (1999), Il Doppio Stato (2001), L'apologia della cattiveria (2003), L'inferno dell'intellettuale (2007), Dove va lo Stato? (2009), Funzionarismo (2014).
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