lunedì 24 marzo 2014

I poveri sono democratici?





Sul piano politico non c’è nulla di  più  inattendibile della  mansuetudine  attribuita ai  poveri  o comunque della bontà innata che animerebbe i ceti più bassi.  Qui, il  buonismo di stampo progressista, che celebra la naturale propensione alla democrazia e alla tolleranza   di poveri, operai e disoccupati  è  totalmente  fuori strada.
Una buona guida alla questione è  rappresentata dalla classica opera di Seymour Martin Lipset,  eccellente politologo americano scomparso nel 2006,  L’uomo e la politica (1960), dove si mostra in modo paradigmatico  come «isolamento sociale  e culturale», «mancanza di sicurezza economica e psicologica» predispongano i «ceti più bassi all’autoritarismo».  Lasciamo la parola Lipset:

«È chiaro che tale insicurezza sociale  incide sulla politica e gli atteggiamenti di ciascun individuo. Un forte stato di tensione esige uno sfogo immediato, e ciò si riscontra spesso nella ostilità che  si crea contro un capro espiatorio e nelle ricerca di soluzioni a breve scadenza con l’appoggio di gruppi estremisti. Gli studi infatti rivelano che i disoccupati sono meno tolleranti verso le minoranze di chi ha  un lavoro, e più facilmente tendono ad essere comunisti se appartengono al mondo operaio e fascisti se fanno parte della classe media». (S.E. Lipset, L’uomo e la politica, Edizioni di Comunità, Milano 1963, pp. 116-117, in particolare  pp. 99-137 (“L’autoritarismo della classe operaia”).


Si potrebbe pensare che l’analisi di Lipset  sia  in qualche  misura datata,  perché  troppo condizionata dal “complesso di Weimar” e dal  clima della  “guerra fredda”.   In realtà, il politologo americano,  oltre a spiegare il nesso tra deprivazione economico-culturale e  antidemocrazia,  individua alcuni tratti sociologici,  molto  utili  per analizzare e comprendere un fenomeno in crescita  come quello del  populismo  anti-europeo.

Osserva Lipset:

«L’accettazione delle regole  della democrazia presuppone un certo livello di cultura e un senso di sicurezza  personale. Meno uno è disinvolto e sicuro, più tende ad accogliere una visione semplificata della politica e meno riesce a capire perché debba tollerare coloro con i quali non va d’accordo; del resto gli riesce anche più difficile  comprendere o tollerare una visione gradualistica dei mutamenti politici» (Ibidem, p. 118).


Insomma, si vogliono risultati,  subito e a qualunque costo.

«Questo risalto dato a ciò che è immediatamente percepibile, e questo interesse per ciò che è personale e concreto, si spiega con la mancanza di  prospettive di  ad ampio respiro e con incapacità di percepire le complesse possibilità e conseguenze della azioni umane: il che spesso si traduce  in una generale predisposizione a sostenere movimenti politici e religiosi di carattere estremista, e in un grado generalmente più basso di liberalismo sulle questioni di natura non economica» (Ibidem, p. 122)

Riassumendo,

«Tutto ciò favorisce la tendenza a vedere la politica e i rapporti personali in termini di bianco o nero, crea un  desiderio di azione immediata, un’impazienza di parlare e di discutere, una mancanza  di interesse verso organizzazioni che hanno prospettive di ampio respiro, mentre determina nell’individuo la predisposizione a seguire capi che descrivono con sfumature demagogiche le forze cattive (si apolitiche che religiose) che stanno cospirando contro di noi » (Ibidem. p. 125).


Ora, se per un verso,  Lipset  “smonta” il mito del povero, dell’operaio, del  disoccupato, mansueti  e quasi istintivamente  democratici,  per l’altro mette in  primo piano la necessità della crescita economica e culturale, crescita che però,  inevitabilmente, declina  nei periodi di crisi. Di qui,  l’emergere, ieri   dei  movimenti fascisti e comunisti, oggi,  di quei populismi, nei quali  è possibile rivenire i  tratti sociologici,  così ben individuati dallo studioso americano.  Ovviamente, per l’Italia,  qualsiasi riferimento al  MoVimento Cinque Stelle  non è assolutamente casuale…  


Carlo Gambescia

Nessun commento:

Posta un commento