Il libro della settimana: Gianfranco Morra,
Il cane di Zarathustra. Tutto Nietzsche
per tutti, Ares, Milano 2013, pp. 525, € 22,00 ( recensione a cura di Teodoro Klitsche de la Grange ) .
http://www.ares.mi.it/index.php?pagina=libro&id=570&q=Il-cane-di-Zarathustra |
Gianfranco Morra fedele al sottotitolo: espone in modo
piano e chiaro (per tutti) anni di riflessioni su Nietzsche la cui opera, data
l'ampiezza delle problematiche e i “tipi” letterari impiegati - praticamente
tutti tranne il classico trattato o (peggio) monografia filosofica - è di una
vastità (e ricchezza) che rende difficile la sintetizzazione di quanto
affrontato in una recensione. Scrive Morra: «Siamo tutti tuoi figli.
Siamo nati e cresciuti nel secolo, breve e crudele, che nessuno come te aveva
profetizzato. Friedrich, fratello mio: nella nausea per una civiltà decadente,
nella tensione verso una guarigione e un'eternizzazione dell'uomo, nel
desiderio di superare quel nichilismo, che tu più d'ogni altro hai saputo
descrivere» perché nel filosofo di Röcken c’è «antinomica sensibilità (che)
alterna la condanna senza appello del mondo moderno, europeo e cristiano, umano
troppo umano, e la tensione verso un “oltre” che offra una salvezza, che rimane
terrena troppo terrena»; ma Nietzsche «quanto è acuto nel descrivere l'uomo
decadente della modernità, tanto e ancor più si rivela incapace di un progetto
positivo di recupero. Condanna la decadenza, ma poi la accentua con le sue
proposte; rifiuta la filantropia cristiano-laica solo per avanzare un disegno
politico crudele e disumano; distrugge ogni fondamento della civiltà europea e
cristiana, seppellisce la religione e la filosofia, di modo che si trova poi
del tutto privo di ogni criterio di ricostruzione». Perciò «leggere Nietzsche
significa non solo rendersi conto appieno della drammatica situazione in cui
vive oggi l'Occidente, che per non pochi aspetti ne fa il “Paese del tramonto”
(Aben-land); significa, anche, essere messi in guardia da un progetto
fallimentare, il suo stesso, che quella situazione denuncia e deplora, ma
insieme esaspera e non risolve». E a questo punto Morra fa la sua proposta, che
ricorda il “ritornar al principio” di Machiavelli, che questi proponeva quale
rimedio nelle fasi di decadenza politica: «Dobbiamo andare “oltre” Nietzsche, nel
senso che dobbiamo riflettere a fondo sulla perentorietà della sua critica, ma
in nessun modo “con” Nietzsche, nel senso che nulla del suo progetto di
recupero appare sensato o realizzabile».
Di particolare (e attuale) interesse la trattazione
che Morra fa delle pagine di Nietzsche sulla decadenza (e quelle - meno
frequenti - sul progresso).
Scrive l'autore che la riflessione del filosofo lo porta
«alla consapevolezza del vuoto e alla nostalgia del pieno. Questo vuoto, ossia
questa distruzione di tutti i valori sinora ammessi, il preliminare della
ricostruzione proposta dal Superuomo. Nietzsche lo chiama decadenza, morte di
Dio e nichilismo. Solo una trasmutazione di tutti i valori (Umwertung aller Wert) potrà consentire,
in primo luogo all'individuo che abbia riconquistato sè stesso, ma anche alla
società nel suo complesso, di pervenire alla guarigione. Una trasmutazione
completa e radicale, dato che nessuno dei presunti e finti valori
dell'Occidente merita di essere conservato».
Tuttavia la decadenza non significa solo “fine”, ma anche
principio: «Ecco la grande speranza di Zarathustra:
proprio perché tutti gli dei sono morti, ora può nascere il Superuomo, che
trova proprio nel totale nichilismo il trampolino per il salto creativo di
nuovi valori. La morte di Dio, cioè del sistema di valori della civiltà
occidentale, dunque il preliminare tragico e gioioso per il grande parto
del Superuomo, che trova un mondo vuoto di valori e, pertanto, può crearne di
nuovi da se stesso».
Lo stesso ateismo di Nietzsche non è un ateismo della
contestazione o della sofferenza: «È invece, come mostrò Max Scheler, un
ateismo “postulatorio”, che esprime una suprema esigenza di libertà e
responsabilità (Uomo e storia, 1926): ossia una teoria “alta,
fiera e vertiginosa”, che induce a togliere
di mezzo l'invadente Burattinaio del mondo e a cantargli il De profundis. Più che un
ragionamento è un'opzione necessaria: l'uomo può essere libero solo
impadronendosi della libertà sottratta al dio finalmente fatto fuori. Come dir, nel solco
di Nietzsche, Sartre: “Se ho soppresso Dio padre,
bisognerà che vi sia qualcuno per inventare i valori”».
Morra, notando che il “progetto” di Nietzsche è
improponibile ricorda da vicino le considerazioni che un grande giurista
cattolico come Hauriou faceva su decadenza e rinascita ne La Science sociale
traditionnelle.
Questi non credeva che l'umanità andasse in una sola
direzione (del progresso) ma che periodi di progresso e di decadenza si
alternassero e indicava come fattori di crisi il denaro e lo spirito critico;
come fattori di trasformazione (cioè di crisi, ma anche di rifondazione
comunitaria e istituzionale) la migrazione dei popoli e il rinnovamento
religioso. Nelle notazioni sul carattere fondante (le istituzioni) tipico della
religione, Hauriou anticipava le considerazioni che avrebbe fatto (anche)
Arnold Gehlen. Ma soprattutto demistificava anticipatamente, e a ben vedere, in
una linea di pensiero che procede da Vico, l'idea che con il relativismo si
possano legittimare autorità e istituzioni. Non foss'altro perchè, come
scriveva Vico, queste esistono per dare certezze e non verità. Resta il fatto
che il giurista francese attribuiva alla religione - e alla teologia- di essere
il nocciolo (fond) delle istituzioni umane, di cui il diritto è il
rivestimento (couche). Nei momenti di crisi col rinnovamento dello
spirito religioso - con il “plus-valore” di fede, identità e solidarietà che
comporta - le comunità umane si rinnovano, escono dalla decadenza ed iniziano
un altro ciclo. E, per questo, Nietzche non è affatto “utilizzabile” come
giustamente pensa l’autore.
C’è molto altro, parimenti o ancor più interessante, nel
libro di Morra, ma la varietà delle considerazioni non permette di valutarle in
una recensione: al lettore il piacere di scoprirlo.
Teodoro Klitsche de la Grange
Teodoro
Klitsche de la Grange è avvocato, giurista, direttore del
trimestrale di cultura politica“Behemoth" (http://www.behemoth.it/ ). Tra i suoi libri: Lo specchio infranto (1998), Il salto di Rodi (1999), Il Doppio Stato (2001), L'apologia della cattiveria (2003), L'inferno dell'intellettuale (2007), Dove va lo Stato? (2009), Funzionarismo (2014).
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