giovedì 6 marzo 2014

Il libro della settimana: Gianfranco Morra, Il cane di Zarathustra. Tutto Nietzsche per tutti, Ares, Milano 2013, pp. 525, € 22,00 ( recensione a  cura di Teodoro Klitsche de la Grange) .


http://www.ares.mi.it/index.php?pagina=libro&id=570&q=Il-cane-di-Zarathustra


Gianfranco Morra fedele al sottotitolo: espone in modo piano e chiaro (per tutti) anni di riflessioni su Nietzsche la cui opera, data l'ampiezza delle problematiche e i “tipi” letterari impiegati - praticamente tutti tranne il classico trattato o (peggio) monografia filosofica - è di una vastità (e ricchezza) che rende difficile la sintetizzazione di quanto affrontato in  una recensione. Scrive Morra: «Siamo tutti tuoi figli. Siamo nati e cresciuti nel secolo, breve e crudele, che nessuno come te aveva profetizzato. Friedrich, fratello mio: nella nausea per una civiltà decadente, nella tensione verso una guarigione e un'eternizzazione dell'uomo, nel desiderio di superare quel nichilismo, che tu più d'ogni altro hai saputo descrivere» perché nel filosofo di Röcken c’è «antinomica sensibilità (che) alterna la condanna senza appello del mondo moderno, europeo e cristiano, umano troppo umano, e la tensione verso un “oltre” che offra una salvezza, che rimane terrena troppo terrena»; ma Nietzsche «quanto è acuto nel descrivere l'uomo decadente della modernità, tanto e ancor più si rivela incapace di un progetto positivo di recupero. Condanna la decadenza, ma poi la accentua con le sue proposte; rifiuta la filantropia cristiano-laica solo per avanzare un disegno politico crudele e disumano; distrugge ogni fondamento della civiltà europea e cristiana, seppellisce la religione e la filosofia, di modo che si trova poi del tutto privo di ogni criterio di ricostruzione». Perciò «leggere Nietzsche significa non solo rendersi conto appieno della drammatica situazione in cui vive oggi l'Occidente, che per non pochi aspetti ne fa il “Paese del tramonto” (Aben-land); significa, anche, essere messi in guardia da un progetto fallimentare, il suo stesso, che quella situazione denuncia e deplora, ma insieme esaspera e non risolve». E a questo punto Morra fa la sua proposta, che ricorda il “ritornar al principio” di Machiavelli, che questi proponeva quale rimedio nelle fasi di decadenza politica: «Dobbiamo andare “oltre” Nietzsche, nel senso che dobbiamo riflettere a fondo sulla perentorietà della sua critica, ma in nessun modo “con” Nietzsche, nel senso che nulla del suo progetto di recupero appare sensato o realizzabile».
Di particolare (e attuale) interesse  la trattazione che Morra fa delle pagine di Nietzsche sulla decadenza (e quelle - meno frequenti - sul progresso).
Scrive l'autore che la riflessione del filosofo lo porta «alla consapevolezza del vuoto e alla nostalgia del pieno. Questo vuoto, ossia questa distruzione di tutti i valori sinora ammessi,  il preliminare della ricostruzione proposta dal Superuomo. Nietzsche lo chiama decadenza, morte di Dio e nichilismo. Solo una trasmutazione di tutti i valori (Umwertung aller Wert) potrà consentire, in primo luogo all'individuo che abbia riconquistato sè stesso, ma anche alla società nel suo complesso, di pervenire alla guarigione. Una trasmutazione completa e radicale, dato che nessuno dei presunti e finti valori dell'Occidente merita di essere conservato».
Tuttavia la decadenza non significa solo “fine”, ma anche principio: «Ecco la grande speranza di Zarathustra: proprio perché tutti gli dei sono morti, ora può nascere il Superuomo, che trova proprio nel totale nichilismo il trampolino per il salto creativo di nuovi valori. La morte di Dio, cioè del sistema di valori della civiltà occidentale,  dunque il preliminare tragico e gioioso per il grande parto del Superuomo, che trova un mondo vuoto di valori e, pertanto, può crearne di nuovi da se stesso».
Lo stesso ateismo di Nietzsche non è un ateismo della contestazione o della sofferenza: «È invece, come mostrò Max Scheler, un ateismo “postulatorio”, che esprime una suprema esigenza di libertà e responsabilità (Uomo e  storia, 1926): ossia una teoria “alta, fiera e vertiginosa”, che induce a  togliere di mezzo l'invadente Burattinaio del mondo e a cantargli il De profundis. Più che un ragionamento è un'opzione necessaria: l'uomo può essere libero solo impadronendosi della libertà sottratta al dio finalmente fatto fuori. Come dir, nel solco di Nietzsche, Sartre: “Se ho soppresso Dio padre, bisognerà che vi sia qualcuno per inventare i valori”».
Morra, notando che il “progetto” di Nietzsche  è improponibile ricorda da vicino le considerazioni che un grande giurista cattolico come  Hauriou faceva su decadenza e rinascita ne La Science sociale traditionnelle.
Questi non credeva che l'umanità andasse in una sola direzione (del progresso) ma che periodi di progresso e di decadenza si alternassero e indicava come fattori di crisi il denaro e lo spirito critico; come fattori di trasformazione (cioè di crisi, ma anche di rifondazione comunitaria e istituzionale) la migrazione dei popoli e il rinnovamento religioso. Nelle notazioni sul carattere fondante (le istituzioni) tipico della religione, Hauriou anticipava le considerazioni che avrebbe fatto (anche) Arnold Gehlen. Ma soprattutto demistificava anticipatamente, e a ben vedere, in una linea di pensiero che procede da Vico, l'idea che con il relativismo si possano legittimare autorità e istituzioni. Non foss'altro perchè, come scriveva Vico, queste esistono per dare certezze e non verità. Resta il fatto che il giurista francese attribuiva alla religione - e alla teologia- di essere il nocciolo (fond) delle istituzioni umane, di cui il diritto è il rivestimento (couche). Nei momenti di crisi  col rinnovamento dello spirito religioso - con il “plus-valore” di fede, identità e solidarietà che comporta - le comunità umane si rinnovano, escono dalla decadenza ed iniziano un altro ciclo. E, per questo, Nietzche non è affatto “utilizzabile” come giustamente pensa l’autore.
C’è molto altro, parimenti o ancor più interessante, nel libro di Morra, ma la varietà delle considerazioni non permette di valutarle in una recensione: al lettore il piacere di scoprirlo.

Teodoro Klitsche de la Grange


Teodoro Klitsche de la Grange è avvocato, giurista, direttore del trimestrale di cultura politica“Behemoth" (http://www.behemoth.it/  ). Tra i suoi libri: Lo specchio infranto (1998), Il salto di Rodi (1999), Il Doppio Stato (2001), L'apologia della cattiveria (2003), L'inferno dell'intellettuale (2007), Dove va lo Stato? (2009), Funzionarismo (2014).

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