La “guerra lampo” di Obama
La politica estera
è cosa molto seria, perché contempla la possibilità del
conflitto bellico. Ciò significa che deve principalmente basarsi
sugli interessi geopolitici, economici, militari e, quando
il caso ( e se sussistono), sui valori comuni.
Ora, a Stati Uniti e
alleati conviene più sostenere o far cadere Assad? I giornali di
oggi, parlano della “guerra lampo” di Obama. Tuttavia, per il
momento, il non intervento Usa, saggiamente, ha favorito il
presidente siriano. Infatti, sostenere Assad - magari metterlo
nelle condizione di vincere, senza per questo rafforzarsi troppo -
significa mantenere in quell’ area già abbastanza turbolenta una
situazione di status quo in versione, tutto sommato, politicamente
laica. Per contro, le forze che si oppongono sul piano
interno al leader siriano sembrano divise e rivolte
(non tutte) verso la deriva islamista. Ferma restando, tra i
due campi, la divisione religiosa in Sciiti e Sunniti:
frattura che implica ulteriori divisioni geopolitiche all’interno
di un quadro strategico già composito.
Precisazione:
quando, a proposito della Siria, parliamo di laicità, non c’è da
parte nostra alcuna attribuzione di valore, ma più semplicemente indichiamo con
il termine una posizione politica più sensibile al ruolo degli interessi,
quindi pragmatica e tutto sommato più gestibile da parte di Stati Uniti e
alleati.
Perciò il problema
fondamentale non è quello di punire l'uso (ancora da
provare) delle armi chimiche, ma rinvia alla necessità di
tenere a galla un leader non nemico in modo aprioristico, per
farla breve, dell’Occidente. Le grandi battaglie morali, poco
attente alle conseguenze - o se si preferisce l'etica dei valori, così
gradita a Obama - possono portare alla catastrofe, prima sul piano
regionale, poi su quello mondiale, soprattutto quando non si hanno
leader di ricambio e idee chiare sul dopo Assad. Come nelle partite a scacchi, dietro una guerra (ammesso che possa essere “lampo”) devono esserci giocatori capaci di andare, strategicamente, oltre la prima mossa. Insomma, occorre puntare sull'etica della responsabilità. Detto altrimenti: un buon politico, soprattutto in circostanze difficili, deve sempre privilegiare, valutando risorse e conseguenze dei suoi atti, non il "bene assoluto", che non esiste (almeno nell' al di qua), ma il male minore rispetto al male maggiore.
Carlo Gambescia
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