Divagazioni sociologiche sul concetto di ordine
Che cos’è l’ordine?
Dal punto di vista sociologico è il buon funzionamento - buononel
senso della regolarità - di un sistema sociale.
Esistono, ovviamente, le sfere più varie di funzionamento,
quelle dell' ordine politico, economico, religioso, culturale, eccetera.
Come esistono idee molto differenti su come un certo ordine
dovrebbe funzionare o essere. Tuttavia,
dal momento che la regolarità implica la
prevedibilità, ed essendo quest'ultima legata al bisogno di
sicurezza, la maggioranza degli uomini dà la società per scontata:
cosi com'è.
Entro certi limiti come vedremo.
L’ ordine
implica due fattori fondamentali: l’idea di disposizione, ossia di come certe funzioni debbano
essere svolte; una volontà esecutiva diffusa, nel
senso del regolare svolgimento delle funzioni individuali demandate,
scelte, ordinate, ereditate, eccetera . Finché una società si
autoriproduce perché tutto funziona con regolarità, si
può definirla ordinata. Niente di trascendentale, parliamo, se ci si
passa l'espressione, del minimo sindacale: gli esercizi commerciali
aprono, le industrie e uffici lavorano, poliziotti e soldati obbediscono agli
ordini dei superiori proteggono i cittadini e difendono la patria.
Ad esempio, nella
Russia del 1917 nelle carceri guardie e detenuti solidarizzavano, i soldati non
obbedivano, fabbriche e uffici, pubblici e privati scioperavano, i negozi,
impoveriti, non aprivano. In quella società non “funzionava” più
nulla. Vi regnava il disordine. Nella Russia
pre-rivoluzionaria l'assenza di regolarità rinviava alla
mancanza di una volontà diffusa, capace di consentire il
funzionamento della società. Perciò nei processi di composizione e
ricomposizione dell’ ordine sociale, l' individuo, come soggetto in
grado di dire sì o no a un certo ordine, ha un preciso e importante
ruolo sociale. La società, anche se entità funzionante e spesso
inglobante, non va perciò mai intesa alla stregua di una
macchina.
E come individuare
il momento di passaggio dal singolo episodio di protesta alla crisi finale?
Quando i cittadini, in misura crescente, rifiutano di obbedire e lavorare
perché nella società, così com'è hanno
tutto da perdere. In quel momento la società smette di funzionare.
E l’ordine a poco a poco svanisce.
Ma non per sempre,
come provano le “ricostruzioni” post-rivoluzionarie. Anch’esse edificate,
nonostante il fumo retorico, sul concetto di ordine. Si pensi solo al
cosiddetto ordine socialista nella Russia Sovietica. E alle conseguenti
operazioni di polizia per ripristinarlo... O al “Nuovo
Ordine” predicato, e fortunatamente mai realizzato, dal
totalitarismo nazionalsocialista.
Il problema è che le
società, in quanto tali, non possono non funzionare: senza ordine nessuna
società, senza società nessun ordine.
Carlo
Gambescia -
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