L’illuminismo
intermittente
della dottoressa
Boccassini
Non entriamo nel
merito del cosiddetto processo Ruby. Come si dice, c’è sempre un giudice
(finale) a Berlino. Al quale ci rimetteremo.
Ciò che invece
colpisce e preoccupa è l’illuminismo a sprazzi se non a senso unico (anche
questo caro Marco…) della dottoressa Ilda Boccassini. E principalmente nei
riguardi di Ruby, al secolo Karima El Mahroug.
Un iIluminismo
intermittente e più che mai venato di
perbenismo. Tipico di chi sia, sotto sotto, prigioniero di
pregiudizi sociali. E quindi soggetto, quasi per riflesso
pavloviano, a ergersi non tanto a illuminato giudice penale
bensì a censore morale degli altrui usi e costumi etici.
Ma lasciamo la
parola al Pubblico Ministero milanese:
« Ruby è stata
“vittima del sogno italiano” in negativo, quello che hanno “le ragazze delle
ultime generazioni in Italia”, i cui unici obiettivi sono “entrare nel mondo
dello spettacolo e fare soldi”. Così Ilda Boccassini ha descritto la giovane
marocchina al centro del processo. Il pm ha sottolineato come la ragazza
vivesse in Sicilia in “un contesto umile ma di grande decoro”, dal quale però
aveva deciso di sfuggire “sfruttando la sua avvenenza e il fatto di essere
musulmana” e quindi di potere accreditare, inventandola, la versione di un
padre violento e padre-padrone. Ruby era “furba di quella furbizia orientale
propria della sua origine”. “I genitori sono persone umili che non riescono a
tenerla a freno. Lei ha in mente un solo e unico percorso”, ha sostenuto
Boccassini. “Riesce a sfruttare - aggiunge - l'avvenenza fisica da un lato e il
fatto di essere musulmana dall'altro, lasciando credere di subire il padre
padrone e di essere scappata “ ».
Di grazia, se Karima
è vittima del sogno italiano "in negativo", qual è il sogno
"in" positivo? La domanda presuppone un interrogativo
orwelliano: perché deve esserci un sogno “collettivo”, positivo o negativo che
sia? Quesito che ne presuppone consequenzialmente un altro: chi decide cosa
“sognare” collettivamente nel bene e nel male? La dottoressa Boccassini e
il suo milieu borghese parzialmente illuminato, come pare di capire…
Perché l'
aspirazione a diventare modella, velina, attrice, deve
essere promossa a peccato capitale? Ognuno è libero di fare le sue
scelte, salvo poi pagarne di persona le conseguenze, anche penali. La
grande eredità dell’Illuminismo (con la maiuscola), oltre
quella dell’eguaglianza davanti alla legge, cara anche chi scrive, è
l'idea di libertà individuale, ben rappresentata
dal principio che ogni singola persona è libera
di decidere il proprio destino.
Perché allora
attribuire a una giovane il titolo per nulla onorifico, se ci si
perdona il termine, di mignotta predestinata? Solo perché sogna una vita
migliore? E, come se non bastasse perché inchiodarla al peggiore
cliché razzista? Quello della “furbizia orientale propria delle sue
origini”?
L’avvenenza è una
colpa? No. Nel mondo dello spettacolo può essere una risorsa. E oggi,
vivaddio, attori e musici (o aspiranti tali), non
sono più sepolti in terra sconsacrata. E anche
questa, come lo stato diritto, è una vittoria dei Lumi. O no?
Inoltre, quando si
proviene come Karima da una famiglia intrisa di cultura tradizionale,
la via della fuga non è la soluzione più
facile. Anzi… Il rischio, più che certo, è quello
dell’espulsione dalla comunità. Che si paga con l’isolamento, e per giunta in
terra straniera. Del resto, l’idea islamica di contegno
è assai lontana da quella di certa borghesia italiana, più o meno
illuminata. L’ “umile decoro” islamico implica la ferrea subordinazione di
moglie e figlie al padre e ai maschi della famiglia. E spesso anche attraverso
l’uso della forza. Fino all’omicidio, come provano le cronache.
Perché, quel
che vale, in termini di comprensione, aiuti e solidarietà, per tante
giovani musulmane che hanno scelto l’Occidente, moderno e illuminato, non
deve valere per Karima?
Una risposta ce
l’avremmo…
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