Il libro della
settimana: Pier Luigi Guiducci, Senza aggredire, senza indietreggiare.
Don Bosco e il mondo del lavoro. La difesa dei giovani, pref. di Don Valerio
Bocci, Elledici 2012, pp. 272, Euro 19, 00.
Spesso, quando
si discute di dottrina sociale della Chiesa, si tende a
privilegiare un solo aspetto, pur importante: quello teorico. In realtà, il
cattolicesimo si è sforzato di conciliare fin dalle origini, teoria e pratica,
valori di giustizia e protezione dei più deboli. E, a maggior ragione, ciò si è
potuto manifestare, grazie all’ opera di grandi personalità religiose, durante
la gigantesca trasformazione socio-economica degli ultimi secoli.
Questa riflessione
nasce dalla lettura del notevole libro di Pier Luigi Guiducci,
docente di storia della Chiesa presso le università Lateranense e Salesiana: Senza
aggredire, senza indietreggiare. Don Bosco e il mondo del lavoro. La difesa dei
giovani (Elledici).
Guiducci è storico
serio e concreto, non insegue mode. È un professore che fa storia sui
documenti, mai perseguendo tesi fantasiose, astratte o ideologiche. A riprova
si veda l’ eccellente studio dedicato a Pio XII e il nazismo ( recensito qui:http://carlogambesciametapolitics.blogspot.it/2013/02/il-libro-della-settimana-pier-luigi.html ) .
Pertanto, il
ritratto di don Bosco, nonostante Guiducci “maneggi” un santo (e che
santo!), non è mai agiografico. Nella ricostruzione si tratteggia un uomo in
carne e ossa, concretamente rivolto nell’Italia dell’Ottocento al recupero di
giovani di strada o finiti in carcere. Don Bosco si proponeva di
spezzare, per dirla in sociologhese, il circolo (vizioso) della
devianza giovanile. E con un solo scopo: rimettere indietro le lancette di un
orologio sociale, finalmente capace di scandire i tempi del rispetto verso i
meno favoriti e talvolta per colpe e negligenze altrui. Di qui il suo
interesse, altrettanto grande, per i lavoratori, all’epoca
trascurati o maltrattati.
Quel che colpisce
della figura di don Bosco, in un libro documentatissimo anche sotto il profilo
iconografico, è il suo straripante impegno quotidiano. Siamo davanti a
una autentica lezione di sociologia applicata della protezione
sociale. Ad opera non di stipendiate e indolenti burocrazie ma
del gratuito e instancabile sacrificio personale. Di
un prete che ovviamente confida in Dio, senza però mai sedersi e attendere... Due
capitoli in particolare (su quindici, comunque preziosi),
valgono da soli l’intero volume: l’ Undicesimo (“I contratti di
apprendistato firmati anche da don Bosco”) e il Quattordicesimo ( “Le lettere scritte
da don Bosco a sostegno dei giovani lavoratori”). Dove si scopre un don Bosco
reale e fattivo che va personalmente a “contrattare” le
assunzioni dei suoi giovani e che non si stanca mai di ripetere negli
scambi epistolari, anche con le autorità, il valore della mano tesa. O se si vuole,
come recita il suggestivo titolo, l’importanza del “senza
aggredire, senza indietreggiare”, soprattutto quando l’avversario da battere è
il male sociale.
Il libro va letto
anche per un’altra ragione. Perché chiarisce, una volta per sempre, come dal
“contromovimento” ottocentesco di autodifesa giuridica e sociale dagli eccessi
della rivoluzione industriale non possano essere
più escluse, in sede di ricostruzione storica, la Chiesa e le organizzazioni
religiose.
Sotto questo profilo
l’esperienza di don Bosco rispecchia la grande importanza dei
processi spontanei di ricostruzione del tessuto civile,
oggi sociologicamente ricondotti nell'alveo delle
attività di “terzo settore”. Parliamo
di una sfera sociale che, come molti sostengono, può essere
affiancata in chiave sussidiaria e creativa a stato e mercato.
In conclusione, se
il Cancelliere Bismarck è alle origini di un welfare burocratico, imposto dal
vertice, il nostro don Bosco non sfigura come padre, e non solo spirituale, di
un welfare societario sviluppatosi liberamente dal basso verso
l'alto. Lezione, di questi tempi, da meditare.
Carlo Gambescia
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