venerdì 5 aprile 2024

Sanità pubblica, mitologie e potere

 


Pensavamo all’appello dei quattordici scienziati, quasi tutti medici e ricercatori, in difesa della sanità pubblica (*). Pura mitologia. E per giunta con effetti di ricaduta molto pericolosi sull’ esercizio della libertà individuale.

La sanità pubblica è contraddistinta da tre M. Emme come iniziale della parola mito. Nel significato, come qui lo intendiamo, di desideri e speranze irrealizzabili: sogni e utopie insomma.

I miti sono tre: 1) Mito della vita eterna, o comunque più lunga possibile; 2) Mito dell’abolizione delle disuguaglianze sociale; 3) Mito dell’infallibilità cognitiva dello stato.

1) Si dà per scontato che l’allungamento medio della vita, non comporti altre patologie. E invece non è così. Perché il fisico umano, come ogni scienziato serio sa bene,  ha dei limiti insuperabili.  Di qui il valore relativo del concetto di allungamento medio della vita. Dal momento che possono sempre insorgere malattie legate all’invecchiamento del corpo. Si vive di più ci si ammala di più.  

Patologie che inevitabilmente vanno ad appesantire i costi della sanità pubblica. Insomma, il serpente sanitario si morde la coda: l’asticella tende ad alzarsi e di conseguenza non potrà mai essere raggiunta la stazionarietà.  

Pensiamo allo stato stazionario come indice di una irraggiungibile perfezione.  Parliamo - per capirsi -  di una  situazione ipotetica  che rinvia  a un  sistema economico in cui restino costanti nel tempo il numero, la composizione della popolazione, le risorse, le conoscenze tecniche e la loro effettiva applicazione, e non cambino quindi neppure le quantità totali domandate e offerte di beni e servizi, i prezzi e il reddito. Pura utopia.

2) Si dà per scontato che la disuguaglianza sia qualcosa di cattivo.  In realtà – qui siamo all’ABC della scienza politica, anzi metapolitica – è un puro e  semplice fatto:  un dato che impone un approccio affettivamente neutrale (la disuguglianza  non è né buona né cattiva: è).  

Si rifletta: una società di esseri umani uguali sarebbe priva di quelle molle o spinte individuali, differenti in ogni essere umano, apportatrici di progresso, perché legate alla voglia di fare, all’intelligenza, alla volontà di applicarsi: doti  non comuni, perché non sono distribuite nella stessa misura in tutti gli individui. 

La lotta alla disuguaglianza, soprattutto se concepita, come uguaglianza sostanziale del punto di arrivo (uguale per tutti: tutti professori, tutti ingegneri, eccetera), è contro il progresso, perché preconizza, di nuovo, lo stato stazionario, in cui il progresso non è necessario, per le ragioni ricordate sopra. Pura utopia.

3) Si dà per scontato che lo stato, come dio, sia onnisciente. Ne segue così l’idea di infallibilità. In realtà lo stato in quanto tale non esiste, esistono invece gli uomini con i loro pregi e difetti, quindi dalle cognizioni imperfette. L’ignoranza di un individuo (moltiplicando) moltiplicata per dieci individui, altrettanto ignoranti (moltiplicatore), non si trasforma in sapere, ma nell’ignoranza (prodotto) di dieci individui.
 

È vero che l’unione accresce la forza, ma dell’unione stessa, e in questo caso della burocrazia, che come ogni altra istituzione, necessita di risorse, cioè di tributi, che deve procurarsi in ogni modo, anche depredando “legalmente”: tasse, ticket e via discorrendo.
 

Sicché, una volta formatesi, le potenti burocrazie, esercitano un potere, persino di vita e di morte, sugli individui, in nome delle burocrazie stesse. Ovviamente ci si nasconde dietro i nobili nomi di stato, bene comune, eccetera. Si razionalizza moralmente un furto ai danni dell’individuo. Alla pura utopia si unisce il ladrocinio.

A queste tre M si aggiungono poi le tre P: il Potere dell’ antiamericanismo; il Potere della casta medica; il Potere dello stato.

1) Quando si parla di sanità pubblica, si cita polemicamente l’America, come esempio negativo di sanità privata. Vogliamo finire come gli Stati Uniti? Ecco il mantra. L’antiamericanismo sanitario, come ogni altro fenomeno regolato dal prefisso anti, non aiuta il ragionamento e neppure la causa della libertà. Ci spieghiamo.

Negli Stati Uniti, la libertà di cura, rinvia alla libertà individuale, che a sua volta, rimanda al senso di responsabilità individuale. Del proprio corpo si fa ciò che si crede e vuole. Di conseguenza, la salute è responsabilità del singolo non dello stato. Il che spiega l’assenza negli Stati Uniti di un sistema sanitario nazionale. Quando gli antiamericani d’Italia, ad esempio, criticano la gestione della salute negli Stati Uniti, omettono di riferire che il primato di Nobel per la medicina appartiene agli Usa. Centotredici contro i sette dell’Italia. Il privato funziona.

2) Quanto al potere della casta medica, siamo davanti a  un duplice fenomeno : il potere in sé dei medici e il potere dei medici pubblici. Due posizioni di potere che si rafforzano a vicenda: da un lato il potere conferito dalla natura sacrale di ogni professione che ha a che fare con il potere di vita e di morte di natura salvifica; dall’altro il potere del medico-burocrate, in cui si mescolano le due figure del sacro ( il potere salvifico) e profano (il potere burocratico). Risultato finale: l’individuo si ritrova schiacciato sotto il peso di un Leviatano salvifico-burocratico.

3) Infine sul potere dello stato, forte della sua mitica infallibilità cognitiva, c’è poco altro da dire. Si chiude intorno alla libertà individuale il cerchio di uno stato che si sente in diritto di determinare il peso giusto dell’individuo, ciò che deve mangiare, quali farmaci assumere e persino quando morire.

Terribile. E su queste basi, intellettuali, sociologiche e politiche pericolosissime per le nostre libertà, nell’ “Appello” dei quattordici scienziati, si implorano altri finanziamenti per la sanità pubblica.

Altra corda per impiccare chi del resto vuole farsi impiccare. Perché i primi colpevoli di questa situazione, ed è triste ammetterlo, sono gli italiani stessi, incapaci di pensare la libertà. Anche di cura.

Carlo Gambescia

(*) Si legga qui: https://www.scienzainrete.it/articolo/non-possiamo-fare-meno-del-servizio-sanitario-pubblico/ottavio-davini-enrico-alleva-luca-de .

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