lunedì 15 aprile 2024

Israele, “Si vis pacem, para bellum”

 


L’immagine di copertina, dei missili-cetrioli, quindi innocui, è ripresa dalla pagina Fb di Roberto Della Rocca, un medico che vive in Israele, membro del Meretz, partito di ispirazione socialdemocratica e dalle idealità laiche (*).

I mass media arabi di ispirazione sunnita ironizzano sulle capacità militari dell’Iran. Sempre Roberto Della Rocca, in un’ intervista all’agenzia Adnkronos, racconta, per il dopo droni e missili, di balli in spiaggia e di un clima rilassato (**).

Chiunque conosca la storia dello stato d’Israele, dalla sua rifondazione, conosce benissimo le capacità morali di resistenza di questo popolo. Per non parlare di quel meraviglioso istinto di conservazione che ha favorito la resistenza del sostrato ebraico nella diaspora perfino dinanzi a una prova inenarrabile come la Shoah.

Per un laico e per chiunque rifiuti spiegazioni di tipo esclusivamente religioso, esiste veramente qualcosa di inspiegabile alla radice di una psicologia resistenziale che, a nostro modestissimo avviso, non ha eguali sociologici nella storia umana, per qualità e quantità, o vitalità se si preferisce.

Però – consiglio non richiesto – non abbasseremmo la guardia. Che i Sunniti ironizzino sugli Sciiti significa solo una cosa: che si ironizza sui mezzi, scarsi, usati dagli Sciiti per annientare Israele, non sui fini: l’annientamento.

La recente vicenda terroristica dello “Stato Islamico” di ispirazione sunnita prova che per gli uni e per gli altri, almeno sul piano delle potenziali derive terroristiche, il nemico principale resta Israele. Almeno fino a prova contraria.

Non abbassare la guardia non significa però rinunciare alla possibilità di ragionare sulla pace con chiunque mostri moderazione all’interno del composito mondo politico musulmano.
 

Non siamo specialisti di politica medio-orientale e neppure crediamo nella ricomposizione pacifica in tempi brevi della questione. La strada della pacificazione è lunghissima. Però mai rinunciarvi.

Un punto però vorremmo evidenziare. A nostro avviso fondamentale, pregiudiziale a qualsiasi processo di pace.

Facciamo un passo indietro. Nell’Ottocento lo zar Nicola II definì felicemente l’Impero ottomano, allora in netta decomposizione politica, il “grande malato d’Europa” (detto per inciso: “Signora mia, anche gli ‘zar’ di oggi non sono più gli zar di una volta”…).

L’Impero ottomano era giustamente dipinto come specie di grande vecchio decrepito, dai maestosi lombi debordanti lo scricchiolante trono che li sorreggeva. Alleatosi con gli Imperi centrali nella Grande Guerra, ne pagò le conseguenze: i trattati di pace sottoposero l’Impero ottomano a una drastica cura dimagrante. Fu ridotto più o meno alle dimensioni della Turchia attuale.

Oggi, alla luce della crisi medio-orientale, esiste un grande malato? Se esiste non è di sicuro Israele come vogliono far credere i suoi nemici, dalle varie scuole politiche rosso-bruniste agli stati come l’Iran.

Chi è allora il grande malato? L’islam politico. Diviso in modo talvolta pulviscolare per frammenti, fedi e confessioni, incapace di andare oltre la minaccia e spesso la realizzazione terroristica. Detto altrimenti: talvolta piovono “cetrioli”, talaltra no.

La malattia si chiama rifiuto della modernizzazione culturale, ancora prima che tecnologica.
In pratica si tratta dello stesso problema vissuto a suo tempo dal decadente Impero ottomano. Si compravano dall’Europa i cannoni, senza capire l’importanza del burro culturale. E soprattutto della democrazia liberale.

Lo stesso Mustafa Kemal Atatürk, l’intelligente padre della modernizzazione turca, grande militare e politico europeizzante, non capì fino in fondo l’importanza della modernizzazione politico-culturale. In particolare delle istituzioni politiche. E la Turchia, nonostante tutto, ancora ne paga le conseguenze.

Però non si deve essere pessimisti. Per il grande malato medio-orientale del XXI secolo, l’Islam, non sarà facile modernizzarsi, semplificando: puntare su cannoni e burro al tempo stesso. Anzi, sul più burro, meno cannoni. Però bisogna piangere con un occhio solo. Nulla va escluso. La modernità ha un fascino al quale, alla lunga, non è facile sottrarsi. La banale metafora del bicchiere, come per lancette di un barometro, deve volgere verso il mezzo pieno.

Con giudizio però. Perché, nello stato di incertezza, comunque prevalente, Israele, deve tutelarsi.

In parole povere, difendersi con tutte le sue forze.

Pensarla come quei Romani, al cui assedio, Masada, durante la Prima guerra giudaica, si oppose eroicamente, pur soccombendo: “Si vis pacem, para bellum”.

Carlo Gambescia

(*) Qui: https://www.facebook.com/photo/? fbid=955020529956561&set=a.377230277735592&locale=it_IT .

(**) Qui: https://www.adnkronos.com/internazionale/esteri/israele-iran-medico-italiano-a-tel-aviv-balli-in-spiaggia-dopo-notte-di-tensione-video_5VjZ717H01id5nIYZzKRZU .

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